Cani perduti senza collare

Cani perduti senza collare Cani perduti senza collare (Dal nostro inviato speciale) Venezia Lido, 8 settembre. E' proprio vero che lo spettatore è cattivo, e che generalmente piglia molto più gusto alle disgrazie che non alle fortune dei personaggi. Per una buona metà, Interrupted Melody, 11 « cinemascope > presentato ieri sera dagli Stati Uniti in luogo del ritirato Blacliboard jungle, è passato molto freddamente, sembrando esso medesimo domandare: «Come venni io qui (in una mostra di arte cinematografica), e quando? >: certo per un errore di recapito, mostrando d'essere un saggio d'ordinarissima amministrazione hollywoodiana nel genere delle biografie musicali care ai pubblici della domenica nei centri teatralmente sprovveduti. Così, il modo con cui Marjorie Lawrence, una ragazza australiana appassionata del canto, vinta una borsa di studio, lascia il villaggio natio per recarsi a Parigi, alla scuola di una grande cantante, e di qui spicca un gran volo, diventando uno dei più grandi mezzosoprani del mondo; è troppo consuetudinario perché ci commuova; e anche il suo amore e matrimonio col giovane medico Thomas King e i piccoli attriti che vi si verificano (lasciare il teatro per il marito? lasciare il marito per il teatro?), sono stereotipi e scontati. Ma un giorno, nel colmo della gloria, durante la prova di Tristano e Isotta, la tragedia. Marjorie è colta da un attacco di poliomielite, e sarà costretta per sempre alla sedia a rotelle. Di qui purtroppo, come abbiamo detto, l'interesse si solleva; e anche il gran mestiere del regista Curtls Bernhardt rende qualche genuina vibrazione nel dipingerci lo strazio della povera paralitica ,e quello anche più toccante, perche dovuto dissimulare, del buon marito che disperatamente la cura e per farlo deve talvolta essere crudele. Fortuna ch'egli è là il giorno che Marjorie, conosciuto di aver rovinato la carriera dì lui. si chiude nel gabinetto da bagno e armeggia per avvelenarsi. Eppure la salvezza non le verrà dal marito medico; ma dal canto, che per tutto quel doloroso tempo le è per così dire giaciuto in gola, aspettandola. Marjorie metterà la sua arte a profitto di altri infelici come lei, canterà per i soldati feriti. Quindi la prodigherà a tutto l'esercito, sottoponendosi, così in carrozzella, ad acrobatiche tournées. Non le manca che il trovare il coraggio per riaffrontare il pubblico dei grandi teatri. Lo trova, e con l'aiuto dì Tom e di qualche attrezzo, fornisce al « Metropolitan > una Isotta trionfale Per la bella Eleanor Parker (ma come strapazzata dal Technicolor), deve essere stata una faticata memorabile; e se non si è slogata questa volta le mascelle (il film è carico di inserti vocali e operistici), la cosa non le capita più. Ad ogni modo una partona, da lei sostenuta con gagliarda bravura. Tenerissimo Glènn Ford nella parte del marito, e a posto tutti gli altri. Interrupted Mclody, che pare adombri una storia vera, una vera Marjorie Lawrence, se è stato accolto a muso duro da una gran parte del pubblico, ha pur richiesto a molte signore l'uso del fazzoletto e della restauratrice matita per gli occhi. * * Intanto il Festival incomincia a veder porto, si conclude rà dopodomani sera; e se non spara adesso le grosse bordate, quando lo farà? Perché non ha risonato troppo nemmeno il film presentato nel pomeriggio di oggi dalla Francia, Chiens perdus sans collier, dell'illustre Jean Delannoy; che realizzato in coproduzione franco-italiana, tre valenti sceneggiatori e dialoghisti, J. Aurenche, F. Boyer e P. Bost, hanno adattato allo schermo da un romanzo di Gilbert Cesbron. Il film tratta il doloroso tema dell'infanzia abbandonata; 1 Cani pmstaqa i perduti senza collare sono per metafora 1 ragazzi cresciuti senza affetti, senza casa; molti del quali vanno fatalmente a finire davanti ai giudici e quindi negli istituti correzionali. Come giudicarli? E prima ancora: sono essi punibili? Tali domande pone a se stesso il giudice Lamy, del tribunale dei minorenni, buon uomo e uomo buono, che capisce i ragazzi coi quali, falsamente burbero, tratta volentieri; che non ripone nessuna fiducia nel metodi cosidetti drastici di rieducazione; che è dell'intrepido parere non esserci soggetto tanto cattivo, da non poterne cavare qualcosa di buono. Questa perla di giudice, lasciatela alle mani di Jean Gabin, e ne uscirà un personaggio d'irresistibile simpatia, di pastosa evidenza; il maggior punto di forza del film. Tre casi fra i tanti esercitano, fino all'ultima fibra, il cuore di Lamy: Francesco, un < duro >, orfano dei genitori e cresciuto da due camorri di nonni; il quale ha rubato nello spogliatoio d'uno Stadio e ha una relazione con una ragazza da cui aspetta un figlio; il più giovane, Roberto, un trovatello che s'illude di essere cercato dai genitori, e durante un suo esaltato giuoco di bambino infelice, ha appiccato fuoco a una fattoria; e il meno toccato dal regista ma forse meglio riuscito di tutti, Gerardo, che non ha altra colpa che di voler rimanere appicciato alla madre, una materassaia dirottamente facile con gli uomini e per il rimanente buona diavolaccia. I primi due, legati d'amicìzia, confluiscono in uno stesso episodio dove si racconta la loro fuga dal centro di osservazione dove furono mandati dal giudice, la sciagurata fine di Francesco e della sua amante, e lo sconsolato ritorno di Roberto, spogliato ormai d'ogni illusione circa 1 genitori. Il terzo sta a sé, e la sua storia hanumc a ha buon fine: Lamy rinuncerà a internarlo, essendosi il piccino sistemato come < aiuto > di un funambolo di piazza; un mestiere pericoloso ma dove si respira aria pura, lontano dai materassi materni. Lo stesso Delannoy in una conferenza-stampa tenuta stamani, ci avvertiva di non voler cercare nel suo film la pretesa di un « problema > dell'infanzia abbandonata e molto meno la pretesa d'una sua soluzione, precisando che s'era mosso col semplice intento di accertare una delle tante miserie umane, e piangerla con noi. Ma proprio il pianto è di quelle cose che il film non dà; mentre abbonda di cose tenere, graziose e sorridenti. Rinunciando alla polemica (di che gli siamo grati), Delannoy non ha saputo sostituirla con la poesia. Rammentiamoci che è un regista disuguale; che ci ha dato Simphonie pastorale e Dìiu a besoin des hoìnmcs, ma anche che ha smerciato L'ora della verità. Questo nuovo film, che Un foltissimo pubblico ha cordialmente applaudito, sta fra i due estremi; rientra in una routine d'ordine superiore, precisamente la sua. Intenzionalmente impostato sui ragazzi infelici, proprio qui il film è man cato, cadendo nel rigido, nel generico e anche nel falso (quel Francesco, babbo principiante!), mal distinguendosi dalle infinite pellicole che si fanno sulle comunità forzate; dove si è invece benissimo concretato nel « ritratto », del resto non peregrino, del giudice pietoso Lamy-Gabin. Del concorso e delle accoglienze si è detto. Bravi, col soverchiante protagonista, i giovanissimi interpreti, fra 1 quali ricorderemo Anne Doat. Stasera il russo Boris; mentre anche il cielo si è messo al tragico e rovescia acqua, fulmini e saette su questo sconcertante scorcio di Mostra. Leo Pestelli

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