Un congresso a Venezia di settecento studiosi d'arte di Lionello Venturi

Un congresso a Venezia di settecento studiosi d'arte Un congresso a Venezia di settecento studiosi d'arte Vicino alla monumentale esposizione di Giorgione se ne stanno aprendo molte altre - Antichi disegni, rilegature veneziane del 1450-1550 e una Mostra della Polonia con opere del Canaletto 1 ■ 1111 ■ 1111111 ! 11 ; m ; i r 11 m i m ! 111111 : i f 11 a 11 : e : 1111111111 Venezia, 8 settembre. Dopo Roma nel lontano 1912 nessuna città italiana aveva più ospitato un Congresso Internazionale di Storia dell'Arte. Questa volta Venezia è stata scelta per accogliere tra il 12 e il 18 settembre settecento studiosi di storia dell'arte provenienti da tutti i paesi, Giappone compreso. Il tema delle discussioni sarà Venezia, le origini, lo sviluppo, l'espansione dell'arte veneziana. Tutti gli studiosi hanno gradito di concentrare l'attenzione sui rapporti fra la città della laguna e ogni paese d'Europa. Se Ravenna e Bisanzio nel Medioevo e Firenze e Bruges nel Rinascimento hanno offerto a Venezia più di quello che le abbiano chiesto, dal Cinquecento in poi Francia e Spagna, Fiandre e Olanda. Germania e Inghilterra, hanno guardato all'arte veneziana come a fonte di inesauribile ispirazione. Una sezione particolare tratterà dell'espansione europea dell'architettura di Palladio che è durata per più di due secoli. L'omogeneità dei temi, delle relazioni e delle comunicazioni darà una unità ai lavori raramente raggiunta dai precedenti congressi. Già si annunciano scoperte che metteranno a rumore il campo degli studisi. Ma solo a congresso Anito si potrà tirarne le conclusioni. Gara di omaggi Quel che per ora vorrei sottolineare è il contributo offerto da veneziani e da stranieri ner mezzo dell'allestimento di mostre d'arte. Della mostra di Giorgione è stato parlato ripetutamente su queste colonne. Mi limiterò quindi a rilevare l'enorme successo pubblico: già ventun milioni sono stati incassati per soli biglietti d'ingresso. E si capisce che sia così perchè una simile mostra non si rip°*'"ià nello spazio di una o più generazioni, e non si avrà più l'occasione di vedere affrontate le opere autentiche del Maestro e quelle che direttamente o indirettamente ne hanno risentito l'influsso. Ma vicino all'esposizione monumentale di Giorgione, se ne stanno aprendo a Venezia parecchie che. anche se minori, sono assai attraenti. La Fondazione Giorgio Cini, che ospita il Congresso nella propria magnifica sede, gli offre due mostre. L'una è costituita da cento antichi disegni veneziani, quasi tutti inediti che Giuseppe Fiocco ha raccolto e donato all'Istituto di Storia dell'Arte della Fondazione stessa. Questo Istituto, oltre una biblioteca, ha iniziato una Fototeca in cui saranno raccolte le riproduzioni di tutte le opere di arte veneta, ovunque si. trovino. Sarà, quando completata, una fonte preziosa per gli studi. La mostra dei disegni illustra soprattutto maestri del Settecento come Piazzetta, Pietro Longhl, Canaletto, Guardi, 1 due Tiepolo, e comprende una parte del «Libro degli studi > di Giambattista Pittoni. ' L'altra mostra della Fondazione Cini è organizzata da T. De Marinis e raccoglie le rilegature veneziane nel periodo del loro massimo fiorire dal 1450 al 1550 circa.' Non" solò le biblioteche veneziane, ma anche la Bibliothèque Nationale di Parigi, queile di Besangon e di Vienna, hanno mandato le opere di cui sono fiere. Dal 1922 non si faceva in Italia una cosi importante mostra di rilegature. Anche in quest'arte Venezia ha adempiuto alla sua missione di tramite verso Occidente del gusto orientale (in questo caso persiano) e verso Oriente del gusto occidentale. Le sue rilegature nel Rinascimento rivelano infatti il sogno fantasioso dell'Oriente e un riserbo di gusto ch'è europeo. Vari paesi d'Europa hanno fatto a gara di omaggi a Venezia e al suo Congresso. L'Olanda ha presentato 11 libro dei « Paesi Bassi > dal secolo XV ai giorni nostri. « Tutti conoscono la pittura olandese, molti conoscono la incisione olandese, ma chi conosce il libro illustrato? >. Così s'inizia la prefazione al catalogo. I visitatori di questa mostra troveranno il libro xilografico, cioè iassdqpbsPèRsd il libro d'incisioni in legno, anteriore all'invenzione della stampa tipografica, all'inizio del secolo XV. Per contro 11 periodo degli incunaboli continua quando in Italia è finito da un pezzo. Luca di Leida illustra libri su legno, anche se deve la sua fama d'incisore al bulino. Per l'Olanda 11 « secolo d'oro > è 11 Seicento, e allora persino Rembrandt, sia pure di rado, si dedicò a illustrare. D'altronde anche in questo campo del libro illustrato è possibile di seguire l'appassionante storia d'Olanda, della sua gloria, delle sue sventure (come l'invasione tedesca), delle sue sempre vitali riprese. La Jugoslavia e la Polonia si distinguono sia per i loro Interventi al Congresso, numerosi e assai notevoli, sia per le mostre che accompagnano la loro presenta a Venezia, ciò che illumina la loro attualità culturale di una gradita luce politica. Solo gli studiosi conoscono quanto importanti sieno gli affreschi della Serbia e della Macedonia per la storia dell'arte in genere e bizantina in ispecie. Ma non è agevole raggiungere gli originali, e però il Governo jugoslavo ha fatto eseguire delle copie diligenti che ora espone a Venezia. Sono 83 pitture che rappresentano affreschi databili tra l'XI e il XVI secolo, e hanno lo scopo di invogliare a recarsi sul posto per vedere gli originali, come dice nella prefazione Milan Kasanin. Ma la mostra più importante, tra le minori, è senza dubbio quella della Polonia che ha mandato una serie numerosa di opere di Bernardo Bellotto detto il Canaletto (1720-1780), nipote di Antonio Canale. Sono' 27 vedute di Varsavia e dintorni, 8 quadri storici o di genere, 15 vedute di Roma o di altre città o fantasie architettoniche, oltre 61 disegni. Le veiate di Varsavia Al Bellotto è aggiunto un pittore polacco Alessandro Gierymskl (1850-1901) che ha dipinto quadri di soggetto italiano. Le relazioni culturali tra Polonia e Italia sono così documentate. La vita del Bellotto è tipica di quei pittori italiani che viaggiarono attraverso l'Europa nel Settecento, diffondendo il nostro ' gusto, ovunque e, a traverso avventure e rovesci, finirono per avere grandi successi. Un anno dopo che lo zio Antonio Canale si era trasferito in Inghilterra, Bernardo Bellotto nel 1747 se ne andò a Dresda, dove il principe elettore non che re di' Polonia, Augusto III, lo colmò di doni e lo nominò pittore di corte. Il successo era dovuto alle vedute di Dresda fatte in tre dimensioni: le maggiori per il re, le medie per il primo ministro, le piccole per i privati. Ma nel' 1756 la guerra dei sette anni mise un termine alla vita brillante di Dresda, 11 re riparò a Varsavia, e dopo qualche tempo Bellotto se ne andò da Maria Teresa, per dipingere vedute di Vienna. Poi tornò a Dresda dove la sua casa era stata distrutta; si trovava male, e si avviò verso Pietroburgo. Ma si fermò a Varsavia dove fu bene accolto dal nuovo re Stanislao Augusto, e vi rimase sino alla morte. Per noi le vedute di Varsavia del Bellotto sono belle pitture, molto solide, facili eppure sempre di alto livello, opere di un uomo sicuro del fatto suo, che si compiace di ritrattarsi mentre dipinge; e intanto le carrozze del re si avvicinano. Pitture che non hanno la purezza di Antonio Canale, ma hanno un senso pittorico sempre vitale. Nelle figure in genere e nei quadri storici in ispecie non manca que 11'umorismo, che è tipico dei veneziani, e che si ritrova alquanto simile in Pietro Longhi. Per i Polacchi i quadri di Bellotto rappresentano molto di più che per noi. Essi sono stati nascosti e salvati dalla distruzione, sono stati ripetutamente rubati dagli invasori e riportati al loro posto dopo molte pene ed ansie. Essi rappresentano la capitale della Polonia al tempo del suo massimo splendore: nelle attuali difficoltà essi guardano a quello specchio vivente dei loro tempi felici con disperata speranza. Ancor più: i Polacchi stanno ricostruendo la loro Varsavia, non come era al principio del nostro secolo, ma come Bellotto l'ha veduta. Essi debbono a Bellotto . se un giorno Varsavia sarà più bella di prima. Non fa meraviglia ch'essi amino Bellotto, come un italiano dei loro, come il modello delle loro speranze. Questo hanno significato quando hanno deciso di portare a Venezia le loro pitture: è un omaggio di gratitudine. Anche noi siamo grati al Polacchi, e particolarmente ai professori Lorentz, Starzynski e Kozakiewicz che hanno preparato la mostra. Lionello Venturi