Un popolo di affamati su una ricchissima terra

Un popolo di affamati su una ricchissima terra IL SILENZIOSO DRAMMA DEL PERÙ' — Un popolo di affamati su una ricchissima terra Analfabetismo e miseria rendono possibile una spietata dittatura - Il salario medio di un operaio è di 6000 lire mensili; un professore universitario arriva a 25-E la vita costà più che in Italia - Non vi sono strade, considerate spese inutili • I privilegi dei potenti e il lucroso commercio del denaro (Dal nostro inviato speciale!» Lima, settembre. Lima fu costruita con mattoni di fango e con tralicci di canna che imputridiscono in poco tempo: a queste costruzioni precarie si sono aggiunti da qualche anno imponenti edifici in cemento armato simili a quelli di Chicago, Los. Angeles e San Francisco. Fra gli abitanti, accanto a signori vestiti di scuro secondo la tradizione spagnola, si notano uomini con cravatte ornate da serpenti e girasoli e signore in pantaloni. Non crediamo sia facile trovare un Paese dove V influenza nord-americana sia nello stesso tempo tanto forte e tanto marginale. Varie istituzioni culturali 'statunitensi, religiose o laiche, si sono prese « .cuore queste Paese con diversi intenti fra cui anche certe volontà missionarie, taso, a diffondere quella che è chiamata cultura americana. Ve ne era larghissimo bisogno perchè l'analfabetismo domina in Perù, specie nell'interno, ma i nord-americani si sono preoccupati poco della prò-, ■vincia ed hanno concentrato ì loro maggiori sforzi nella capitale: la loro penetrazione non trovava alcun ostacolo a Lima e sembrava poter soppiantare in breve tempo i rudimenti della cultura spagnola malamente assorbita dai ceti dominanti. In breve la cultura statunitense ha soverchiato ogni altra, molti studenti peruviani si recano nelle Università statunitensi, nelle scuole entrano libri di testo nord-americani quasi sempre in lingua originale, professori americani insegnano in scuole peruviane, spesso sovvenzionate da loro capitali, missioni cattoliche nord-americane operano in ogni quartiere di Lima, infine tutti studiano l'inglese. Come risultato nessuno o quasi sa l'inglese, i libri ' rimangono intonsi, alle lezioni dei professori statunitensi gli studenti non capiscono una parola: mai tempo e denaro furono più sprecati. Questi miseri risultati di penetrazione culturale non riguardano solo gli americani; per quanto concerne gli italiani può bastare una frase tolta da un testo di geografia adottato nelle scuole del Perù: «Le Alpi fanno parte del sistema caucasico: fra di esse vi è il Passo del Brennero che divide l'Italia dall'Australia ». Naturalmente ogni aspetto della vita culturale è proporzionato agli altri; un professore universitario ricevo SS mila lire mensili se insegna all'Università di Stato e 10 mila se fa parte dell'Università Cattolica; un giornalista medio ne riscuote 40 mila, esclusi quelli che lavorano al giornale La Prensa, pacati meglio per un errore contabile del proprietario, il quale non ha per ora corretto lo sba¬ iiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii a a e e o i e n ¬ glio perchè aspira alla Presidenza della Repubblica e intende coltivarsi la fama di uomo generoso. Per gli uomini di cultura è difficile procurarsi un altro lavoro perchè qui della cultura nessuno sa cosa farsene; il costo della vita, più caro che in Italia, aggrava ancora la loro condizione. Quali siano le tendenze, le aspirazioni e i gusti della borghesia bianca peruviana è difficile dire; apparentemente sembra che nessuno di loro faccia, legga, studi o pensi a nulla; in una riunione mondana di questo Paese la conversazione che non riguardi il tempo e la salute è rigorosamente abolita e i matrimoni sono stipulati con rigidi criteri d'interesse. Nella città dove vivono a gomito a gomito peruviani di origine spagnola, indios, meticci, nordamericani, italiani, negri e óiilesi sembra che ogni comunità, quasi ogni gruppo, faccia razza per conto suo, indifferente a tutti gli altri come se si trovasse m un accampamento protiuisoMo e non nella più antica capitale del Sud America. II tetto è un lasso Nella provincia parlare di cultura è doloroso più che anacronistico: a qualsiasi libro un indio preferirà una pannocchia di granturco. Molti di essi non parlano neppure spagnolo e nessuno s'incarica d'insegnare loro l'idioma ufficiale del Paese perchè, per le classi dirigenti, è meglio che questi sciagurati vivano nella perfetta ignoranza. Vi è talvolta qualche peruviano influente che cerca di migliorare il livello della popolazione indigena, ad esempio si parla molto delle scuole rurali, metà tecniche é metà perfino umanistiche, ma il ministro della istruzione che tentò di crearne realmente qualcuna fu invitato con garbo a dimettersi subito. Un grosso ministero per il lavoro e per la risoluzione dei problemi indigeni è sorto da poco tempo nella capitale, è un edificio grandioso, perfettamente adatto allo scopo per cui fu costruito; quando il palazzo fu terminato il Governo pensò che in fondo il dicastero era superfluo e affittò piani ed appartamenti a ditte private, avvocati, medici e famiglie: c'è un tale che aspira ad installare nell'ultimo piano un grande ristorante con veduta panoramica sulla città. Del resto la creazione di scuole anche elementari dovrebbe essere sempre posposta a lavori qui indubbiamente più importanti. Il Perù ha una superficie grande quattro volte l'Italia e una popolazione pari a un quinto della nostra. Le risorse potenziali del Paese sono incalcolabili: questi monti ricolmi di minerali d'ogni genere e le varie colture acri- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiicole sviluppabili nei suoi diversi climi potrebbero consentire ai peruviani una ricchezza straordinaria e sicura perchè fondata su diversi elementi merceologici di cui ognuno sarebbe in grado di compensare eventuali crisi dell'altro. Questi tesori sono oggi appena sfiorati e quanto se ne può ricavare va solo a vantaggio di un'infima minoranza ricca, infingarda e opaca. Il salario medio per un operaio adulto è di seimila lire al mese; solo i minatori possono arrivare a raddoppiarlo ma possono lavorare al massimo per dieci anni, poi l'assenza di qualsiasi previdenza sanitaria e lo sfruttamento pesante renderanno tisici questi gracili lavoratori e ne faranno dei mendicanti a vita,' condizione disperata per chi vive in un Paese in cui la fame è di rigore. Ancora peggiore la condizione dei salariati agricoli i quali fruiscono di stipendi perfino inferiori, senza alcuna protezione, senza diritto alla casa, per cui vivono in capanne di fango, quasi sempre prive di tetto: dicono che quaggiù piove poco e che il tetto è un lusso. L'elemento base che potrebbe dare una prima soluzione alla vita dei peruviani, cioè una rete stradale anche modesta, è ancora da nascere. Il Paese * solcato da rare piste piene di buche e di sassi già strette in origine e ridotte ad unghie per mia continua sovrapposizione di sabbia che scende dai monti insieme ai massi, rendendo temerario ogni piccolo spostamento nell'interno. Naturalmente in questi sentieri non esiste .nessuna speranza di soccorso in caso di ndcsnvnoiz necessità e dei continui incidenti sono testimoni le carcasse di automobili che si scorgono in fondo ai burroni. Siccome i ceti dominanti viaggiano molto raramente nell'interno, non si reputa opportuno spendere denaro in opere « inutili »; fanno eccezione le vie che conducono al porto di Callao ed ai luoghi di villeggiatura, di bagni e di riposo vicino a Lima, tutte perfettamente asfaltate, lisce e ornate da fiori gentili. Domanda senza risposta La base di questa organizzazione sociale è una dittatura ferrea- e spietata, dove ogni libertà è non solo bandita ma incomprensibile. A tale dittatura fa da complemento un'economia statica dove l'unico slancio è rintracciabile nelle iniziative straniere, specie statunitensi. Il governo di Odrìa, o per meglio dire dei capitalisti bianchi che lo sostengono, cura solo che la valuta sia stabile e che non esistano impicci per i capitali che entrano ed escono dal Paese: sotto questo aspetto un regime più « liberale » di questo è difficile trovarlo. In Perù il capitale fa ciò che vuole, è protetto, riverito e rispettato, ha la garanzia di un'assoluta stabilità politica, esige ed ottiene una valuta forte. Malgrado tutto, le condizioni del Perù sono tali che qui il capitale delle grandi aziende nord-americane, impiegato come non sarebbe concepibile in alcun Paese europeo, risulta di ■qualche vantaggio per la nazione. Gli americani, come gli altri "tìirprenditori esteri, non hanno alcun obbligo di cu¬ rare gli interessi altrui, sono imprese private non governi che devono aver a cuore la esistenza dei propri amministrati. In più, malgrado i salari di fame, le condizioni di lavoro orrende, la soggezione servile cui sono sottoposti gli operai peruviani, generalmente essi godono di un trattamento meno disumano sotto gli statu?iitensi che non sotto i cosiddetti connazionali. Nè si dimentichino i benefici che può arrecare al Perù un continuo afflusso di capitali esteri, attratti da condizioni ormai superate da un secolo. Per disgrazia di questo Paese ^.vantaggio effettivo paragonato al reddito nazionale risulta minimo, perchè prima di arrivare alla massa diseredata, il denaro estero passa per le mani dei ceti dominanti, i quali rispediscono al Paese d'origine i capitali che gli stranieri investono all'interno; le ragioni di questo comportamento, assurdo più che odioso, sono incomprensibili ed economicamente errate, che nessun Paese può offrite ai riccfti peruviani le garanzie che essi possono trovare in casa. Gli operatori economici stranieri non cercano risposta a questa domanda e approfittano delle circostanze creando nuove banche in Perù che guadagnano forti cifre con il commercio del denaro; in questi ultimi cinque anni ne sono sorte quattro nuove. Neppure gli indios, i negri, i meticci poveri, le popolazioni asservite e miserabili dell'interno possono rispondere; tutto procede perciò nel più tranquillo dei modi. Paolo Pavolini

Persone citate: Paolo Pavolini