Una semplice vita nel culto della libertà di Paolo Serini
Una semplice vita nel culto della libertà ft«leri commemorato oggi » Cmc» Una semplice vita nel culto della libertà Le celebrazioni alla presenza del Presidente della Repubblica - Giovane sindaco della città con ira ardito piano di lavori - Fu uno dei più nobili rappresentanti della vecchia classe. politica subalpina Cuneo, 3 settembre. Se, nella vita politica nazionale, Marcello Soleri legò essenzialmente 11 proprio nome all'abolizione del prezzo politico del pane (primo e decisivo passo verso il risanamento del bilancio) nel 1921; alle ultime, disperate battaglie parlamentari contro il fascismo, nel 1925-29, e alla strenua difesa delle pubbliche finanze, sino al consapevole sacrificio di sè, nei tredici mesi (giugno 1944 - luglio'45) in cui egli tenne il dicastero del Tesoro nei Gabinetti Bonomi e-Farri; qui, nella sua città nativa, esso resta durevolmente, congiunto a quel processo di trasformazione e rinnovazione urbanistica che egli promosse nel. 1912-13, nel breve periodo In cui fu a capo dell'Amministrazione comunale. Grazie a esso, com'egli ricorda nelle sue Memorie, « alla vecchia Cuneo, dai bassi portici e dalle vie anguste, serrata per tanti secoli sullo sperone lanciato fra il Gesso e la Stura, nella cerchia delle. sue mura eroicamente difese in tanti assedi », fu finalmente consentito « di potersi ampliare e distendere con lungo respiro di liberazione nei terreni circostanti, fra ville,'giardini e amplissimi corsi e viali»; e, pur -senza rinunziare alle sue antiche virtù e tradizioni, di impegnarsi con animo nuovo nelle vie dell'avvenire. • Ma se la città nuova può dire di essersi sviluppata per sua inlziati^rc", in certo modo, sotto- il suo ideal patrocinio, la città vecchia sa di aver contribuito ad alimentare nel suo spirito quelle doti di devozione alla cosa pubblica, di intatta dirittura, di operoso amore della libertà e quel fiero, e quasi puntiglioso, animus di combattente che valsero a fare di lui uno degli ultimi, e più nobili, rappresentanti della vecchia classe politica subalpina. Soleri aveva appena trentanni quando diventò sindaco di Cuneo. Aveva lasciato la sua città nel 1898, dopo la morte del padre, ingegnere capo della Provincia — del cui valore recano ancora oggi testimonianza strade e ponti e ospedali —, per recarsi con la famiglia a Torino, a compiervi gli studi universitari. Ma vi aveva fatto ritorno nel 1904. E, nel giro di pochi anni, ■ vi aveva conquistato, oltre che una solida reputazione di capacità e d'integrità professionale (prima come collaboratore, poi come successore dell'avvocato Dalmassi), una popolarità e un'autorità che gli permisero di assumere la direzione politica delle nuove forze democratiche, che sentivano la stanchezza e il peso del blocco, clerico-moderato, 11 quale da anni amministra/a il Comune e che aspiravano 'a dare alla viia cittadina un più alacre e moderno respiro; e, infuso in esse nuovo vigore, di guidarle, nel luglio 1912, alla conquista del Comune. A capo dell'Amministrazione di Cuneo Soleri non rimase che una decina di mesi, che, nella primavera del 1913, venne officiato dagli altri sindaci democratici del collegio a presentare la propria candidatura alle prossime elezioni politiche. Tuttavia, in quei dieci mesi seppe condurre in porto quella convenzione col Ministero dei Lavori Pubblici per la costruzione della nuova stazione ferroviaria sull'altipiano e del grande viadotto a due piani sulla Stura e quel nuovo piano regolatore, destinati a segnare una svolta nella vita della città. Me. nella memoria degli amici e dei coetanei di ogni ceto rivivono oggi — nell'imminenza della celebrazione che della persona e dell'opera di Soleri farà I'on. Villabruna, alla presenza del Presidente della Repubblica —, altri, e non meno essenziali, momenti della sua vita e tratti della sua figura: la sua umana, espansiva cordialità e il suo attivo interesse per i problemi e le sofferenze delle classi più umili; il generoso impegno con cui, durante la lotta prò o contro l'intervento, egli, < giolittiano > e « neutralista », assicurò, al Teatro Toselli, libertà di parola e rispetto a Cesare Battisti, che vi teneva un contrastato comizio; il suo arruolamento come volontario dopo la decisione dell'intervento e i lunghi mesi trascorsi, soldato fra i soldati, al fronte; la schietta cordialità che continuò a serbare con tutti quando, negli anni successivi, fu assunto agli onori del governo e lo scrupolo col quale, appena divenuto ministro, si affrettò a chiudere il suo fiorente studio legale e, uscito dal governo e ripresa l'attività professionale, si rifiutò di assistere vecchi o nuovi clienti in ricorsi fiscali o di entrare in Consigli di amministrazione di società e di banche; e la dignitosa fermezza che, nonostante minacce o allettamenti, serbò nel «tempo squallido e vuoto » della dittatura fascista. Non gli mancarono allora, da parte di grandi o piccoli gerarchli « sfregi e villanie », nè < l'amarezza di sorprendere qualche volta negli occhi dei concittadini il rimprovero di avere, col suo atteggiamento, creato imbarazzi a molti ». Ma non gli mancò neppure il conforto di sortire che l'animo della gran¬ de maggioranza della popolazione era con lui. Costretto dopo l'8 settembre a riparare a Roma, non potè far ritorno a Cuneo se non dopo la Liberazione: il 19 maggio 1945. Era ministro del Tesoro, ma rifiutò feste od onori. Tenne nella vecchia sede del partito liberale, la stessa da cui aveva condotto nel 1913 la sua prima campagna elettorale, una riunione semi-privata, nella quale espose la situazione politica del Paese. E ripartì sùbito dopo, per riprendere a Roma la sua lotta quotidiana, da un lato, contro i progressi implacabili del male di cui soffriva; dall'altro,' contro le spese formidabili e incalzar) il, le imposte non pagate o non esigibili, la fiumana crescente della carta-moneta, Il generale caos amministrativo. Sarebbe dovuto tornare nella sua città nella seconda metà di luglio o, al più tardi (sperava), per Ferragosto. (Nelle sue giornate romane, non cessava di pensare < con nostalgia » alla sua casa di campagna di San Rocco, ai suoi libri, alle sue piante). Ma non tornò. Bruciò le sue ultime energie in quel pubblico discorso del 15 luglio, a Milano, nel quale, « bianco in volto, e quasi morente, ma con la sua calda, appassionata voce di sempre », invocò « il concorso di tutti per la salvez-, za del Paese ». E morì una settimana dopo, la mattina del 23 luglio, a Torino. Paolo Serini
Persone citate: Bonomi, Cesare Battisti, Marcello Soleri, Soleri, Villabruna
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