L'ultimo segnale del pilota francese

L'ultimo segnale del pilota francese L'ultimo segnale del pilota francese a Con il braccio alzato - ricorda il campione del mondo - Levegh, prima di uscire di strada, ka voluto indicarmi il pericolo» HAI. NOSTRO INVIATO i r i , e ò Le Mans, lunedì mattina. Quando Alfred Neubauer fermò le Mercedes ohe erano rimaste in gara sulla tragica pista di Le Mans, t cronometri del < boxes » segnavano le due. La notte, una notte spaventosa, veniva a sprazzi illuminata dalla luce dei fari dei bolidi ancora lanciati a pazza velocità, mentre le autoambulanze avevano compiuto l'ultimo dei loro viaggi pietosi verso gli ospedali della vicina città. La casa tedesca aveva orinai da parecchie ore deciso il ritiro dalla gara, ma i tecnici tedeschi.si erano arresi alle logiche preoccupazioni degli organizzatori ohe avevaiio pregato Neubauer di far continuare la corsa alle sue due vetture: nell'ansia del momento, l'abbandono della Mercedes avrebbe potuto gravare ancora la confusione, il panico, l'ansia degli spettatori, che, lasciando il circuito, si sarebbero spinti sulle strade, attraverso le quali ferveva spasmodica l'opera di soccorso. Alle due di notte, finalmente, una bandiera segnalò l'alt ai bolidi d'argento. Scese Fangio, si sfilò di testa il casco. La moglie del campione del mondo si avvicinò a Manuel, lo strinse In un abbraccio senza parole. L'asso del /Volante non sapeva, aveva intutto la tragedia, senza poterne però misurare con esattezza l'immane vastità. Si informò: «Quanti morti?». Gli risposero: « Tanti! ». E gli dissero di Levegh, delia sua .fine orrenda, della macchina che era scoppiata e che era volata a pezzi sulla folla terrorizzata. Fanglo febbe un gesto, il campione mormorò solo una frase: «Poveretto, mi ha salvato la vltaJ. » Il carosello continuava sulla pista le macchine correvano ancora, ai bordi il pubblico s'era fatto rado, 1 gendarmi piantonavano il largo tratto di tribuna teatro dell'incidente. Fangio raccontò: « Levegh, Kling ed io avevamo ancora qualche giro da compiere; poi ci saremmo fermati al nostro box, per riempire 1 serbatoi delle macchine e per dare 11 cambiojcon u nostro compagno di guida che ci attendeva. Filavo ad almeno 260 chilometri all'ora, quando, davanti a me ho visto che Levegh, da bordo della sua macchina, alzava un braccio agitandolo disperatamente. Poveretto, mi segnalava un pericolo che io non potevo vedere, mi diceva che qualcosa non andava per il verso giusto, che dovevo stare attento. Ho-toccato i freni, ma, a quel¬ lamtrinLètsptatsfltpltsdsmqvnlPemtvnlrp o , a i o i 1 o iri e o n a o o. ¬ la velocità, era iimpoesiibUe fermarsi nello spazio di pochi metri. Non so, del resto, ricostruire il dramma che ho vissuto in quegli attimi agghiaccianti: Levegh molto probabilmente al è trovato di fronte all'alternativa di ' sterzare in modo bruisco, buttandosi nella folla oppure di rischiare il tutto per tutto, « piegando » verso l'Aitatili di Macklin. Pierre ha scelto quest'ultima soluzione, ma la sorte ha voluto che il risultato fosse lo stesso catastrofico. Nell'istante che ha preceduto l'urto fatale, Levegh deve aver pensato d'evitare il peggio con la sua manovra. Io mi ricordo solo d'aver intravisto'Levegh- balzare sulla sinistra mentre l'Austin-Healey di Macklin yeniva proiettata sulla destra proprio davanti a , me. Io stesso non riesco a capire come sono riuscito ad -evitare la collisione. Ho girato intorno alla vettura di Macklin entrando in una nuvola di fumo proveniente dalla macchina di Levegh. Forse in quell'attimo, Levegh era già morto, qualche istante prima avevo visto il suo braccio alzato, il suo braccio che, con il suo cenno disperato, mi aveva salvato la vita!... Levegh, il cui vero nome era Pierre Bouillin, aveva 60 anni e dirigeva una grande autorimessa a Parigi. Nelle competizioni sportive aveva esordito venti anni fa, distinguendosi nel 1937 al volante di una Delahaye sul circuito di Monthléry. Un grave Incidente lo aveva tenuto lontano dalle ' gare per molti mesi nel 1046. Sul circuito di Lione (Gran Premio di Francia) la sua Maserati, sbandando era uscita di strada e si. era capovolta. Levegh aveva riportato gravissime fratture in tutto 11 corpo; ma l'anno seguente, guarito, era tornato allo sport. Sabato, soltanto dodici ore prima della spaventosa1 tragedia, sulla strada di Le Mans, era stato attardato da un incidente. « C'è mancato poco che andassi a sbattere in piena velocità contro una Gordint i— aveva narrato agli amici arrivando sul circuito —. Son riuscito a .sterzare in tempo, ina non so spiegarmi come l'auto rio.n sia volata fuori strada... »." Il destino aveva forse voluto rivolgere anche a lui un piccolo ammonimento, un cenno come quello che Levegh ha rivolto a Fangio una frazione di secondo prima di morire, ma l'anziano pilota francese non ha saputo comprenderlo. Mario Bordone

Luoghi citati: Francia, Parigi