La generazione bruciata

La generazione bruciata La generazione bruciata Quella che, forse con una pun ta di compiacimento, ama autodefinirsi «la generazione brucia ta », comincia a metter in carta le proprie memorie, e a romanzare le sue esperienze. E' un po' presto per le prime, se si considera che noi, fra i cinquanta e i sessanta, neppur ci pensiamo; e un certo fastidio ci dà l'insistenza di una letteratura narrativa la cui ricetta, nella' maggior parte dei casi, finisce per essere: cinquanta per cento ideologie, cinquanta per cento sudicerie. Ma che volete farci? Saremmo ingenui o deliberatamente distratti, se tralasciassimo di occuparcene. Se ci sorprende il singoiar successo ' della versione italiana de / mandarini di Simone de Beauvoir fra un pubblico che credevamo più scaltrito; ma che evidentemente trova di suo gusto il c'ocktail sessuoideologico, addirittura ci sbalordisce La deriva di Raffaele Brignetti (Ed. Einaudi) dove lo scrittore è sostituito da un dittafono e da un microfilm i quali registrano voci, suoni, atteggiamenti,-con goffa, meccanica, implacabile monotonia, sino al suicidio di una delle protagoniste della festa da ballo la cui cronaca è tutto il libro. Forse La deriva è il punto finale del racconto alla moda dell'oltre oceano, i cui protagonisti parlano come gazze, bevono come spugne, si confessano a perdifiato con la loquacità e l'incoerenza degli ubriachi. Però, Io stanco lettore si augura, anziché la morte di una delle ragazze, il suicidio collettivo di tutti i personaggi; sperando di non doverli incontrare più. Abbandoniamo dunque romanzi siffatti (ne troveremmo, ahimè, a profusione! ) per volgerci ai ricordi personali. Presentata da un'entusiastica lettera di Gaetano Salvemini, un'attrice di cui rammentiamo la grazia e l'awenenza piuttosto che l'arte, Elsa De' Giorgi, si mette in gara con I coetanei (Ed. Einaudi). E il suo è un libro davvero interessante, più che per l'aneddotica fascista e antifascista, per lo spirito che lo anima. Autobiografia di una donna circondata da un gruppo di amici giunti alle soglie, della notorietà allo scoppio della guerra del 1940, mostra una generazione educata nel clima del ventennio e ad esso partecipe, la quale comincia a ribellarsi e prova a pensar con la prooria testa, mentre crolla la baracca. / coetanei vedranno, nella rosseggiante aurora del '45-46, i loro sogni cozzare con la dura realtà; ignorantissimi della storia, non si accorgeranno che il dopoguerra valido per la comparazione era il francese del '70-71 e non quello che essi avevano fabbricato sulla carta; onde il suicidio di Cesare Pavese apparirà loro — a torto — come il simbolo degli ideali infranti. E come questi fossero fuori dai tempi e dagli uomini, Elsa De' Giorgi s'incarica di rivelare nel cap. XV della seconda parte, dove narra lo sgomento che di lei s'impadronì ascoltando .Benedetto Croce dissertare in Senato a favore della monarchia, lei che del filosofo napoletano aveva fatto « il ^uo Seneca » in base a saltuarie e non digerite letture, trascurando di cercar di conoscere l'uomo, le 6ue origini, i suoi non equivoci e annosi pensieri di conservatore. Fra Togliatti e Croce fbuca poi, come da una scatola a sorpresa, « l'angelico, guitto e sublime » on. La Pira. Molte altre figurine allietano / coetanei: anzitutto Nannarella, Anna Magnani, al tempo delle sue migliori e più originali interpretazioni;^ poi Osvaldo Valenti, che partendo da, un Cesare Borgia da cinematografo tentò di emulare quello vero, e la sua amica Luisa Fenda. E ritornano descrizioni di cerimonie ridicole, ridicolaggini di omuncoli tracotanti e presuntuosi, umiliazioni di attori ridotti a imbuti per le chiacchiere di propaganda, trascinati negli ospedali ad uso cinematografico o messi allo sbaraglio per portare la < civiltà fascista » in paesi che non ne volevano sapere. Difesa dalla sua bellezza 1 e scaltrezza. Elsa De' Giorgi narra di essersela sempre, cavata, in un ambiente tentatore, che le ripugnava ma nel quale doveva vivere pel suo mestiere: parecchi dei suoi compagni, la pensavano come lei, e anche qualche gerarca sazio e sfiduciato si barcamenava. Era un antifascismo mondano fatto da residui di buona educazione, da gusti e antipatie istintive (mi si permetterà di saltare a pie pari il paradosso efebico del cap. XIII, che materiale del genere non mancava sull'altra riva) tinto d'intellettualismo, e che della seria politica neppur sospettava le tradizioni, le basi economiche, le costanti forze in azione. Gertte che metteva tutto a posto sulla carta, e passava vicino alla realtà senza accorgersene. Buona per l'opposizione, che condusse con coraggio e sacrifici: inetta a governare, ad amministrare. Del resto, queste manchevolezze derivavano in linea retta dalla situazione politica e culturale nella quale / coetanei avevano dovuto crescere e formarsi. Il 9 giugno del 1940, Elsa De' Giorgi e Anna Magnani erano ai bugni di mare: accanto a loro, placidi, ottusi, rimpinzati, galleggiavano dei gerarchi ignari del colpo di testa mussoliniano del mattino dopo. Perchè mai le due attrici avrebbero dovuto ripercorrere col pensiero le tappe fatali: Etiopia, Spagna, Cecoslovacchia, Polonia, .Austria, ricordare la primavera del '39, conoscere le risorse inglesi, i pensieri di Roosevelt e di Stalin? Per loro, il 1940 era il punto di partenza — e fu invece d'arrivo —; il salto nel buio. Sotto i loro occhi, cominciava lo sfacelo fascista, e n'erano sbalordite : come lo furono i romani, nell'estaTe 1943, alle prime bombe sulla città. / coetanei riprendono qui parecchi temi della Rmna 1943 di Paolo Monelli, con minore efficacia e maturazione, e con femminile vivacità. Moglie di un partigiano fiorentino, Elsa De' Giorgi operò clandestinamente, affrontò rischi, e alla fine si chiese, come Carlo Levi a cui il libro è dedicato: — E ora, che facciamo? — Per non aver trovato una risposta soddisfacente, òggi crede tutto perduto, e inutili le sue fatiche. Giuseppe Berto aveva ne // cielo è rosso, raffigurato con spietata energia i tristi fenomeni del dopoguerra, il disordine, la prostituzione, l'adolescenza precocemente avvizzita. Poi, si era perduto in raccónti e novelle di maniera. Torna, con Guerra in camicia nera (Garzanti ed.) alla realtà vissuta, e nel suo diario ritroviamo la generazione della De' Giorgi, alle prese con un mondo che si svela, e si sgretola. In buona fede, avevano1 creduto, e si accorgono adesso che la facciata era di cartone. Il grande equivoco di « coloro che servirono il fascismo conia convinzione dj servire l'Italia » presupponeva una sordità morale, un'ignoranza assoluta, l'accettazione di una disciplina a occhi chiusi. Eppure, bastava aprirli solo un momento per giudicare un regime che faceva iscrivere i disoccupati nella milizia, promettendo di dar loro lavoro, e invece li ■registrava come «volontari » e li mandava in guerra (pag. 16). Ma il Berto, volontario autentico, si preoccupava di « fare una nuova rivoluzione » col « buon diritto » dei combattenti; senza ricordarsi che proprio lo sfruttamento del « com¬ 11(1! I [ I [ 1111 11 SII II lllllMIll I It 11.111111111111111111 i II111 battentismo » era stato alla base della marcia su Roma! Con bella sincerità, egli dipinge, in Guerra in camicia nera, i rari valorosi, i molti e astuti imboscati, le risorse dei procaccianti militari e politici, la squallida odissea libica durata dal settembre 1942 al maggio 1943, i postribolari incontri, un povero idillio tunisino. Aderente ai fatti, insensibile alle cause, bisogna che arrivi la cattura perchè egli si domandi: « Intorno a noi ci sono altri e altri recinti. Un mare di soldati italiani e tedeschi. Non avrei mai immaginato che fossimo cosi tanti. Certamente, c'è qualcosa di sbagliato » (pag. 211). Il che non gl'impedisce di chiudere il libro con l'immagine di una ragazza che, assistendo alla sfilata degli autocarri dei prigionieri, fa il saluto romano. Davanti a questa scarna e schietta, ma poco perspicace, testimonianza, / coetanei appaiono pieni di fermenti di vita, di altruistica bontà: la «generazione bruciata» ebbe pur le sue faville. Basta leggere, nel libro della De' Giorgi, la commovente scena sicula in cui la madre del partigiano ucciso affronta la folla ignara, ed avversa, per capire quanto una guerra perduta e una rivoluzione mancata, abbiano prodotto di confusione nei sentimenti e di torbido nelle passioni. Arrigo Cajumi nilllllllllllllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Luoghi citati: Austria, Cecoslovacchia, Etiopia, Italia, Polonia, Roma, Spagna