Scontri selvaggi e sanguinose dimostrazioni in Marocco ed in Algeria: più di 300 morti di Francesco Rosso

Scontri selvaggi e sanguinose dimostrazioni in Marocco ed in Algeria: più di 300 morti Una tragica giornata dall'Atlantica al cantine della Tunisia Scontri selvaggi e sanguinose dimostrazioni in Marocco ed in Algeria: più di 300 morti Folle di marocchini sono scese in piazza per protestare contro la deposizione del Sultano e si sono battute contro la polizia Senso di terrore e pauroso silenzio dopo la strage nei quartieri indigeni di Casablanca - I cavalieri berberi scesi dai monti hanno occupato una città dell'interno; i francesi li hanno respinti con i carri armati - Trenta europei massacrati a Ued Zeni? (Dal nostro inviato speciale) Casablanca, 20 agosto. Il Nordafrica francese ha vissuto oggi, come si temeva, la sua più tremenda giornata di sangue: stasera le fonti ufficiali non contano meno di trecento morti — qualche fonte dice 430 — dalla spiaggia atlantica del Marocco alla frontiera tunisina. La sola sorpresa è stata data dalle zone in cui sono avvenuti gli incidenti più gravi. Poiché ricorreva oggi il secondo anniversario della deposizione di Mohammed Ben Yussef, il sultano caro ai nazionalisti e giudicato tuttora unico sovrano legittimo dalla maggioranza degli indigeni, si pensava che glt incidenti più sanguinosi sarebbero accaduti in Marocco: invece le vittime del terrorismo in Algeria sonò state assai più numerose, Poiché Casablanca é la città i limimi limili i il più « calda » del Marocco (con il suo proletariato miserabile e « moderno », l'organizzazione evoluta dei partiti nazionalisti, il numero stesso degli abitan¬ fti), le massime precauzioni era iimiMiiimimiiiimiiiiiimii immillili ti "°n.° avuti %n altre ZOne del\i a , e e n e e i , no state prese nella metropoli, e qui si temeva il peggio: invece gli episodi più sanguinosi \ Protettorato. Il governo francese, dal canto suo, aveva fatto tutto il possibile per prevenire i disordini; e particolarmente aveva varato in tempo, attraverso la collaborazione della Residenza, un vasto piano di riforme. Dopo un colloquio dei capi del partito indipendentista con il Residente generale Gilbert Grandval, ritornato frettolosamente in volo a Rabat dopo l'incontro parigino con i Cinque ministri, si poteva sperare in un miglioramento della situazione: la prova di buona volontà offerta da Parigi con le ultime proposte, e le imponenti misure di sicurezza disposte dalla Residenza, avrebbero dovuto scongiurare un disastro. I capi del movimento indipendentista, invero, sembravano persuasi iella buona volontà del governo francese di giungere 'finalmente ad un accordo sulla questione marocchina entro il 12 settembre. Essi avevano pgrctà.: orinato, ai loro segnaci' di onièfvóte una giornata di sciopero in segno di lotta per la deposizione del loro sultano, ma di rimanere chinai nelle case per evitare qualsiasi incidente. Lo sciopero ha paralizzato la vita di C -sablanca. Tranne i pochi ci ffé aperti nel centro abitato dagli europei, tutti i negozi sono chiusi, deserti molti uffici, deserte anche le strade dove il traffico è poco intenso. L'atmosfera di apprensione è esplosa poco dopo le 11 nel più desolato e tragico quartiere arabo, quello conosciuto con il nome di Bidonville, un agglomerato di baracche costruito con lamiera .ondulata in cui vi \vono ammassate come coniglipiù di 50 mila persone. Da porte e finestre fu iniziata una fitta sassaiola contro gli agenti che montavano la guardia scortati da carri armati. Dalla sassaiola agli spari, il passo fu breve. Colpi di fucile echeggiarono improvvisamente, e dopo pochi minuti quattro arabi giacevano morti in mezzo alla strada. Nessuno osò toccarli. Nel tardo pomeriggio i cadaveri erano ancora esposti al sole ed alle mosche, nel silenzio attonito che dominava il quartiere. Dalle loro baracche di latta, gli arabi spiavano dalle finestre e dalle fessure. Non un 1 11 ) I f 1111111111111111 II 11111111 b 1111111 ! 1111311111119 \sono ritirati sulle montagne da \ rumore, non un grido, non un pianto filtrava da quelle miserabili abitazioni in cui uomini, donne, bambini e animali si nascondevano dal sole implacabile che arroventava le lamiere. Le azioni più violente però si sono svolte nell'interno del Marocco, soprattutto a Kenifra, nella catena media dell'Atlante, abitata da cavalieri berberi considerati sempre fedeli al Sultano Ben Arafa ed al pascià di Marrakesc. Ieri notte dai monti che circondano Kenifra sono scese pattuglie di cavalieri armati di fucili, che hanno assalito la piccola guarnigione riuscendo ad impadronirsi di due mitragliatrici. Sono giunti rinforzi di truppe paracadutiste e si é accesa una battaglia. I berberi si dstrflifedsalodhccpi l e è ù e l o cui dominano la città quasi loro prigioniera. Tutte le comunicazioni sono state tagliate, per cui le notizie arrivano incerte e poco controllate. Il bilancio della giornata a Kenifra è di 13 morti, di cui due sono paracadutisti francesi, e nove feriti, di cui due ispettori di polizia. Ufficiali dei paracadutisti, rientrati stasera a Casablanca, hanno raccontato le dremmatiche vicende della battaglia d\ Kenifra. I cavalieri berberi vi erano piombati come falchi ieri sera, l'avevano isolata tagliando dai monti tutte le ine di comunicazione, e l'avevano occupata con azione di sorpresa; erano più di un migliaio, ed avevano sopraffatto la resistenza della guarnigione, costringendola a ritirarsi. La battaglia ebbe inizio stamane alle 6, quando un tenni e dei < para » si lanciava coraggiosamente, alla testa dei suoi uomini, contro una barricata-di berberi. Una precisa fucilata lo \tibVattetó:'fàllti:*suxf corsa, ma sùbito' dopo altri francesi ii lanciavano dietro di lui. Alle 7 la battaglia entrava nella fase decisiva: erano giunti sul posto rinforzi di « spahis » appoggiati da autoblindo e carri armati. I pesanti mezzi meccanici stritolavano gli ostacoli posti sul loro cammino, e al loro riparo la fanteria poteva avanzare; tuttavia i marocchini resistevano coraggiosamente, lanciando bombe a mano * coclctails Molotov »; riuscirono anzi a fermare ed incendiare un mezzo blindato. L'avia zione francese da caccia seguiva dall'alto la battaglia a scopo intimidatorio, pur senza in- i, tervenire, ciò che sarebbe stato a | impossibile; e forse la sua.pre¬ a a a u e o l i d n 9 - o o a e o i i o 1 eti i. o a eù o — e ni an ia è sa e oer nsenza servi a far cedere i berberi. Questi alfine si ritiravano sulle montagne, portando con sé morti e feriti. Ritorneranno stanotte, con il favore delle tenebre e della loro estrema mobilitar A Oued Zen, poco distante da Kenifra, gli insorti sono riusciti a tagliare le comunicazioni con Rabat e Casablanca dopo ave re ucciso il controllore civile della città e due cittadini fran cesi ed avere ferito gravemente il primario dell'osped\ile E' difficile dire quello che è accaduto a Oued Zem. Secondo informazioni non ufficiali, la città è stata teatro dei peggiori avvenimenti di oggi in tutto il Marocco: si parla di trenta europei uccisi e di sessanta indigeni morti negli scontri. E' certo che nelle prime ore del mattino un'orda di marocchini, con coltellacci, fucili, fiaccole incendiarie fece irruzione nel quartiere europeo e si abbandonò ad una serie di violenze; ma quanto sono state gravit Gli incendi hanno divampato numerosissimi fino a quando la città è stata < riconquistata » dalla Legione Straniera, appoggiata da mezzi blindati; dubbio d ancora il numero delle vittime, Un fuggiasco afferma di aver visto nella strada i cadaveri di un'intera famiglia bianca di cinque persone, accanto ai quali piangeva un bambino di due o tre anni; una donna sarebbe stata uccisa con il suo bimbo di pochi giorni; parecchi cadaveri di europei sarebbero stati cosparsi di benzina e bruciati. Soltanto domani potremo cono scere tutta la tragica verità. La situazione nell' interno è considerata estremamente grave, perchè se nei grandi centri urbani i capi dei partiti pos sono sempre intervenire per indurre i loro seguaci a cessare il fuoco ed a cercare un accomodamento con le autorità francesi, nelle zone di montagna le tribù berbere veramente indipendenti accettano soltanto l'ordine dei loro capi, i quali fino a ieri sembravano fedeli al Pascià di Marrakesc ed c Ben Arafa, ma che oggi già \sono divise: molti capitribù s«|sono « ribellati > ai potente .pascià. Se tutta la catena dell'Atlante subisse r«n/tuen«» delle tribù berbere ribelli, si ripeterebbe in Marocco il fenomeno dell'Indocina; si accenderebbe cioè una guerriglia, che richiederebbe un impiego enorme di forze per essere atroncata. Ma anche negli altri centri del Marocco la giornata è trascorsa contrassegnata da scontri tra dimostranti che hanno fatto uso delle armi e la polizia. Il bilancio dei morti e dei feriti riiulta grave. A Bqujade due arabi sono morti negli scontri con la polizia che ha aperto il fuoco contro una colonna di dimostranti. A Mogador ed a Magassan gli arabi hanno abbattuto linee telegrafiche e telefoniche, saccheggiato case e negozi di europei che poi hanno incendiato. A Safi, la situazione si è improvvisamente aggravata nel pomeriggio. In uno scontro tra polizia e dimostranti sono rimasti uccist otto arabi. Altri tre arabi sono rimasti uccisi a Rabat durante una dimostrazione di indipendentisti che sfilavano per le vie della città recando ritratti di Ben Yussef ed invocandone il ritorno; fra i feriti europei, c'è anche un corrispondente della televisione americana. Francesco Rosso Le truppe paracadutiste (in alto) con le armi alla mano nelle strade del quartieri arabi. Sotto: l'aspetto d'una via di Casablanca dopo 1 sanguinosi scontri (Telefoto)

Persone citate: Ben Yussef, Gilbert Grandval, Mohammed Ben Yussef, Molotov, Zeni