Ebrezza della fuga

Ebrezza della fuga Ebrezza della fuga Velocità, sintesi superficiali: caratteristiche evidenti dell'epoca nostra. Sembra davvero che noi siamo dominati dalla fuga, come ha acutamente osservato io scrittore tedesco Max Picard in quel suo libro « La fuga davanti Dio », che è uno dei più impressionanti e stringenti processi morali che siano stati fatti dei nostri tempi. Noi fuggiamo per paura di fermarci, fuggiamo perchè siamo travolti dalla fuga degli altri, fuggiamo dovunque siamo, fuori e dentro di noi, fuggiamo al pensiero, alle cose, a noi stessi. E veramente dobbiamo convenire che, se in altre epoche nota dominante fu la contemplazione, l'equilibrio, la ragione, nella nostra epoca quella che domina tutto è la velocità. Velocità, ebrezza e ossessione dei tempi nostri. Ora nessuno potrebbe oggettivamente negare i vantaggi della velocità. Il mondo ci è aperto davanti e, grazie alla velocità, ai nostri mezzi di comunicazione, non' ci sono più barriere nè difficoltà insormontabili al nostro desiderio di conoscere. Ma, se rileviamo i vantaggi della velocità, non dobbiamo nasconderci però i pericoli che la accompagnano. Il primo e più minaccioso: quello di considerarla e desiderarla non come mezzo, ma come fine a se stessa. Oggi i micromotori sono, si può dire, alla portata di tutti. L'impiegato, l'operaio possono servirsene per i loro giusti svaghi. Ci si domanda: quanti sono coloro che si valgono di questi mezzi per ampliare la propria cultura? La conoscenza di un paesaggio, di una nuova città, d'una regione contribuiscono indubbiamente ad allargare i nostri orizzonti spirituali. Io penso a certi tempi, non molto lontani per vero, in cui dovevamo -' accontentarci delle nostre gambe e della preziosa e mai abbastanza lodata bicicletta. Attendevamo i giorni di vacanza ed eravamo felici di metterci un sacco sulle spalle o di legarcelo dietro il sellino e d'andare... I nostri occhi erano curiosi di tutto, i nostri animi si riempivano di visioni. Chi di noi non ricorda Alfredo Panzini, il professore Alfredo Panzini e la sua bicicletta? La sua Lanterna di Diogene e il Viaggio d'un povero letterato"} Dubito che questi libri tranquilli e tranquillanti siano oggi ancora letti da molti; ed è un peccato! Quanta ricchezza d'osservazioni, quante cose nuove e fresche e commoventi, annotate in quei viaggi! Ritornavamo dai nostri brevi giri, stanchi, stanchissimi; ma ogni fatica ci era compensata dall'arricchimento del nostro spirito. Oggi col motoscooter ci si risparmia molta fatica, si possono raggiungere '. "ti molto più lontani, in mino,, tempo si percorrono paesi, si spazia su panorami: tutti sogni irrealizzabili all'epoca della* Lanterna di Diogene. Ebbene, possiamo dire che l'arricchimento spirituale è in proporzione del tempo impiegato e dello spazio percorso? — Dove sei stato? — domando a un mio giovane conoscente che incontro al ritorno dalle sue vacanze, e che so quanto sia appassionato di motori. — Oh! Ho fatto un giro bellissimo! — mi risponde e i suoi occhi brillano d'orgoglio soddisfatto — fra altro, un giro per tutta la Toscana. — Bravo. Non potevi scegliere meglio. La. Toscana... — Ho fatto — m'interrompe — ho fatto, si figuri, duemila chilometri in cinque giorni! — A Firenze, immagino, ri sarai fermato qualche giorno. La conoscevi? , — Oh, di passaggio. No, non mi ci son fermato che poche ore. Ma che bella strada quella da Firenze ' a Siena! Le curve, il fondo, i dislivelli: un piacere corrervi! — Avrai fatto una puntata a San Gemignano? — San Gemignano? No... — E Siena, t'è piaciuta? — Le poche ore di Siena le ho dovute passare in officina per un guasto al motore. Oh, una cosa da nulla; ma si perde comunque del tempo. — E Lucca? Se» otato a Lucca? — Ci son passato di sotto... Ma Viareggio che bellezza! Che alberghi, che vita di spiaggia! Ho fatto un bagno meraviglioso! Per fortuna, non tutti i giovani che girano coi facili morori, sono di questo stampo. Ma la velocità è un pericolo anche per chi si propone di aprire gli occhi sulle meraviglie di questo nostro e degli altri paesi del mondo. Spostarsi presto è un vantag gio, ma guardar presto, sorvola' re sulle cose è un danno. Il non fermarsi mai o il meno possibile, l'inquietudine e l'ansia di riprender la corsa, il lasciarsi passare davanti gli occhi le immagini in fuga una dietro l'altra, senza soste, senza ritenerle, è forse l'aspetto più penoso che caratte rizza la nostra epoca. Tutto è cinematografo, tutta la vita rischia di diventare una corsa continua d'ombre. E, quando questa corsa, per la stessa natura umana, s'arresta un momento, si ferma per un qualsiasi motivo (inceppamento del meccanismo, mancanza d'energia, stanchezza) allora è il vuoto, è il pauroso e misero telone bianco, lo schermo dietro il quale non c'è nulla. Il nulla: il nulla degli esistenzialisti, dei disperati, di coloro che a forza di correre e di mutare, finiscono col sentir la nausea di tutto: della luce, delle immagini, del pensiero, in una parola della vita. Guai se la velocità finisse per dominare! Per fortuna la misura e l'equilibrio sono ancora nelle mani dell'uomo. Non abbiamo ancora raggiunto — e Dio ne salvi! — quell'uniformità, verso la quale alcuni teorici materialisti della società umana vorrebbero spingerci. Per fortuna, accanto ai maniaci della velocità ci sono ancora gli uomini che sanno godersi una passeggiata tranquilla; accanto ai divoratori dello spazio c'è ancora chi ama coltivare le aiole del suo giardino; accanto ai lettori furiosi di settimanali a rotocalco, ci sono ancora alcuni che si prendono un libro e vi si immergono con piacere, in una profonda e attenta lettura. C'è insomma chi, pur apprezzando, per i suoi relativi vantaggi, l'automobile, l'aereo, il cinema, la radio, in breve il progresso tecnico, tiene ancora fede a quell'altro progresso, spirituale e interiore, che può far a meno delle ruote, dei motori, delle onde atmosferiche, e che, da quando l'uomo è uomo, rappresenta l'aspirazione più nobile e veramente integrativa e elevatrice della sua propria natura. Eravamo, giorni or sono, con un mio caro vecchio amico a un piccolo caffè della riva. Si osservava l'ininterrotto passare delle macchine, la tensione dei guidatori che cercavano d'oltrepassarsi a vicenda, l'impossibilità per loro di volgere neppure per un momento gli occhi al mare .e allo splendido spettacolo di luci e ombre che noi godevamo. — Vorrei — disse scherzando quel mio amico, nei cui occhi chiari si riflette la calma delle sue visioni — vorrei avere il potere d'arrestare di colpo tutti codesti uomini invasati e impor loro: «Ecco, adesso che siete fermi, fate una bella corsa dentro di voi, guardatevi un pò dentro e poi guardatevi l'un l'altro e interrogatevi nel grande silenzio; infine date un'occhiata alle cose che avete intorno. Fatto questo, rimettete pure in moto le vostre macchine ». — E che otterresti? — gli chiesi. — Ben poco, ben poco, maqualche cosetta, pur sì, l'otterrei: d'aver fatto loro perder tempo. Giani Stuparich P□ìiiiiiiiiiiiiitiiniiiiiìEiiiiiiiiiiiniEMiiiiiiiiiiiiiii

Persone citate: Alfredo Panzini, Diogene, Giani Stuparich, Max Picard

Luoghi citati: Firenze, Lucca, Siena, Toscana, Viareggio