Tre operai muoiono carbonizzati dalla corrente a trentamila volts

Tre operai muoiono carbonizzati dalla corrente a trentamila volts Tragico errore in una linea ad alta tensione presso SaTigliano Tre operai muoiono carbonizzati dalla corrente a trentamila volts La corrente non era stata interrotta mentre si sostituivano i vecchi pali di legno con pilastri di ferro Il racconto degli scampati : uno di questi ha lasciato la presa un istante prima del ^tragico contatto (Nostro servizio particolare) Savigliano, 10 agosto. La sciagura si è abbattuta improvvisa ed atroce: una fiammata accecante, il rumore d; un tuono, e tre operai sono rimasti sul suolo carbonizzati; gli altri, sgomenti e atterriti, sono corsi sul prato verso » vicini stabilimenti < Savi aliano* per invocare aiuto. In pochi istanti la notizia si è diffusa per la città: tre sventurati sono stati folgorati dalla corrente a SO mila volts. E subito è stato un accorrere di persone verso la tragica frazione Canavere dov'era accaduta la disgrazia. Tutti coloro che avevano parenti che lavoravano alla « Sa vi aliano » come elettricisti temevano che fra le vittime ci fosse a loro congiunto; e l'ansia sospingeva sempre nuova gente facendo accrescere la folla che si assiepava sul luogo. Sull'erba, uno vicino all'altro, giacevano i cadaveri di Giuseppe Mana, 49 anni, residente a Genola; di Giovanni CStldImz Cangione, Si anni, e di Pietro Sarvia, 46 anni, entrambi abitanti xt Savigliano. Fra - la folla singhiozzavano i familiari delle vittime; ciascuno di essi lascia moglie e figli. Il più piccolo degli orfani è un bimbo del Sarvia e non ha ancora cinque anni. I tre sventurati avevano cominciato il lavoro questa mattina alle 8, con i compagni Giovanni Ramello, di 51 anno; Giuseppe Aimar, di 47 anni, e Filippo Ferrerò, di 56 anni, tutti domiciliati a Savigliano Il loro compito era di sostituire con moderni piloni di ferro i vecchi pali di legno della linea elettrica che congiunge lo officine Savigliano alla centrale del torrente Melica. Il gruppo, comandato dal caposquadra Giuseppe Slana, agiva tranquillamente nella certezza che la corrente fosse stata interrotta, come tutte le altre mattine. Purtroppo non era cosi: appena il palo di ferro inalzato dagli operai toccò i fili della linea aerea si sprigionò la fiammata fatale e la -corrente a 30 mila wolts compì la strage. Ecco come i superstiti rico struiscono ■ lo. spaventoso momento. Brano forse le La squadra aveva quasi finito di drizzare uno dei piloni in ferro, alto una dozzina di metri, appoggiato ad una < capriata » formata di altri tre pali. Il Mana, oltre a dare gli ordini, aveva abbracciato il palo e lo stava dirigendo nella buca scavata nel terreno: VAimar stava tirando una fune di canapa, gli altri quattro delle grosse catene di ferro. Un attimo prima che la sommità del traliccio toccasse i fili, il Ferrerò, senza nessuna ragione, abbandonò la presa: < Non so perchè l'ho fatto, forse è stato un presentimento ha detto l'operaio — subito dopo ho visto il fuoco in alto, ho sentito il rumore. Ho fatto istintivamente un balzo indie-. tro e sono oaduto. Poi ricordo di aver veduto l'Aimar in piedi. Era lì che fissava come inebetito una scena spaventosa. Gli altri quattro giacevano al suolo, ad un paio di metri dai punti in cui la scarica li aveva colti ». € Il povero Mana, con le braccia ancora tése come a stringere il palo, aveva soltanto delle piccole ferite alle mani: il Cangione ed il Sarvia, invece, avevano il volto nero come il carbone, le mani strette convulsamente, come se ancora fossero avvinghiati alla catena. Per tutti e tre non vi era più nulla da fare: tentammo invano di scuoterli, di praticare la respirazione artificiale ». Il Ramello invece si era rialzato qua ni subito, intontito ma illeso. < Ho sentito la scarica in tutta la sua violenza — ha spiegato lo scampato — e sono stato gettato lontano. Ma gli stivaloni~di somma mi hanno isolata dai terreno e mi sono salvato. Quando ho visto i miei compagni morti non riuscivo a credere di essermela cavata senza neppure un'ustione superficiale ». Subito dopo l'Aimar seguito dagli altri corse a cercare aiuto. Arrivarono carabinieri e compagni di lavoro, guardie comunali è contadini: la centrale, avvertita, tolse la corrente. Il medico dottor Bidoli fu sul posto dopo pochi minuti, ma non gli restò che. stendere le constatazioni di morte, sopravvenuta istantaneamente per tutti, in seguito a folgorazione. Intanto la folla cominciava a riversarsi ansiosa sul prato, mentre il Pretore dottor Spaziani ed il maresciallo compivano i primi accertamenti Il silenzio era rotto soltanto dal pianto sommesso dei fami Uari delle vittime. Il magistrato ha subito dato il nulla-osta per la sepoltura. Le salme, che erano state coperte con foglie e teli, hanno raggiunto verso mezzogiorno il cimitero e stasera sono state portate alle rispettive case. I parenti hanno voluto averle per un'altra notte sotto il loro tetto. Domattina saranno ancora riunite nella camera ardente allestita presso le officine di Savigliano. I funerali del Cangione e del Sarvia avranno luogo domani pomeriggio, quelli del caposquadra venerdì alle 8,30 a Genola. Oggi pomeriggio sono cominciate le inchieste: una dell'autorità giudiziaria, una svolta dai dirigenti della SNOS. Le prime indagini non hanno ancora chiarito il perchè della tragedia. A quanto sembra la corrente avrebbe dovuto esse¬ re tolta dall'elettricista Giuseppe Giochino, addetto alla centrale sul Mellea. Ma il Giochino'ha dichiarato di non aver ricevuto l'ordine, che sarebbe dovuto giungergli dal Mana. Appare d'altronde impossibile che n caposquadra, esperto e ben conscio dei pericoli, abbia potuto omettere una simile indispensabile precauzione. ». r. La gente accorsa guarda muta 11 luogo della spaventosa tragedia. Coperti sul terreno, 1 corpi straziati delle vittime. Il disperato dolore deUa moglie e dei due figli di Pietro Sar via. La donna si copre il volto. Giuseppe Mana Pietro Sarvia Giovanni Cangione

Luoghi citati: Genola, Savigliano