Un libero mercato per la nostra lira di Ferdinando Di Fenizio

Un libero mercato per la nostra lira Un libero mercato per la nostra lira Lo 3èopo del nuovo sistema monetario europeo (per intenderci, quello che sorgerà dopo lo scioglimento dell'Unione Pagamenti Europei, avendo la maggior parte dei Paesi ad essa aderenti, dichiarato di voler tornare alla convertibilità) è, ovviamente, quello di facilitare agli Stati associati il mantenimento della convertibilità stessa, attraverso una triplice garanzia. La prima, costituita dalla possibilità di adottare rapporti di cambio relativamente oscillanti: ciò che facilita gli arbitraggi. La seconda, offerta dalla possibilità, che possiede ciascuna banca centrale, d'ottenere dalle altre consorelle i prestiti mensili provvisori, di cui si è già discorso. La terza ed ultima, iriflne, che deriva dalla eventualità di prestiti a breve termine (un paio d'anni) elargiti, a ragion veduta, dal Fondo monetario europeo. Questo s'apprende da un esame attento dei documenti approvati a Parigi il 29 luglio scorso; e già commentati su queste colonne. Oggi però vogliamo aggiungere che tutte codeste facilitazioni giovano bensì al ritorno ed al mantenersi della convertibilità monetaria. .Ma non possono renderla sicura, per ogni Paese dell'O.E.C.E. Dovendosi esaminare, a volta a volta, le disponibilità in valuta forte dello Stato di cui si tratta; le prospettive di equilibrio, a breve e lungo tratto, della sua bilancia globale dei pagamenti; infine l'esistenza, sempre nel Paese esaminato, di un libero mercato delle valute, dal quale l'autorità monetaria centrale possa trarre i necessari elementi empirici, alla sua stessa politica, facilitata del resto da arbitraggi internazionali. Ora, discutiamo sotto quest'ultimo punto di vista il caso dell'Italia, Potrà essa ritornare alla convertibilità monetaria, se altri Paesi europei (segnatamente Germania e Gran Bretagna) compiranno questo passo ? La consistenza delle nostre riserve auree è modesta, ma potrà accrescersi nei prossimi mesi per i prestiti esteri che ci sono elargiti. La nostra bilancia dei pagamenti è strutturalmente delicata; ma l'incrementato gettito della bilancia noli, del turismo e delle rimesse degli emigrati (oltre che l'afflusso dei prestiti esteri) ne assicurano -— per un certo tempo almeno — l'equilibrio, persino nel caso di un modesto incremento nello sbilancio commerciale. (Ragione, dunque, per rifuggire dal neo-protezionismo dilagante!). Quanto alle necessarie modificazioni strutturali e funzionali, concernenti il nostro mercato delle valute, esse costituiscono l'obiettivo dei recenti provvedimenti Segni. In particolar modo, del decre to, subito convertito in legge, del 28 luglio '55 e che entrerà in vigore il 18 ago sto prossimo. E' opportuno esaminare da vicino questo decreto (e norme dipendenti) poiché esso costituisce la prova mi gliore che il nostro Paese non intende rimanere indietro, nella riforma monetaria europea. Dal '31 in Italia si ha controllo dei cambi; e dal '34 monopolio di acquisto e vendita per le valute estere, affidato all'Ufficio Italiano dei Cambi (U.I.C.). Il decreto 26 marzo '46 intendeva concedere la possibilità d'un certo commercio libero delle valute estere, permettendo che gli esportatori trattenessero il 50% delle loro disponibilità in divise, in un conto acceso a loro nome presso enti autorizzati; valute da negoziarsi entro sessanta giorni dall'accreditamento, osservate parecchie clausole restrittive. Ma sopravvenne il decreto legge del 28 novembre '47. La valuta non utilizzata o ceduta, secondo le leggi, entro il termine prefissato doveva essere ceduta all'Ufficio Italiano dei Cambi: che l'avrebbe pagata al cambio medio, diminuito del 20%. Un bel rischio per l'operatore sfortunato, non c'è che dire. Un rischio così minaccioso, anzi, che fu sufficiente a restringere al minimo le libere contrattazioni in valuta estera in Italia; affrettandosi, ogni esportatore, a ceder subito tutta la divisa, disponibile all'Ufficio dei Cambi. H monopolio impera. Questo risultato però contrasta contro uno dei principali requisiti, per facilita¬ retodrisd1dhdsrccdmssssctmscmmtninprrtplaszcdoacndpplltppdmlvcppnfSpPecgA re ad un Paese europeo il ritorno ed il mantenimento della convertibilità monetaria, come già fu detto più sopra. S'approvò, dunque, il decreto legge del 28 luglio 1955. L'esportatore contro dollari, marchi, sterline, ecc. ha completa disponibilità dei suoi capitali per brevissimo tempo. Può anzi cedere quelle divise alle banche, che a lor volta potranno commerciarle. E se la vendita non avviene entro i termini fissati, ru.I.C. acquisterà le valute, ma senza sconti; bensì «al minor corso . ufficiale di cambio registrato durante il periodo in cui il conto è rimasto aperto » ; cioè, la divisa fu legalmente disponibile per l'esportatore. Quali sono i vantaggi di codeste innovazioni ? II. permettere innanzi tutto un mercato, ancor strettamente sorvegliato (ma assai più nutrito), delle valute estere in Italia: con la possibilità per il nostro paese di inserirsi nel sistema multilaterale intereuropeo di arbitraggi, che già esiste. Il persuadere, di conseguenza, l'apparato bancario nostro ad una certa riforma di struttura. Con la ricostituzione cioè di' quegli uffici cambi ohe, fioriti nel terzo decennio di questo secolo, oggi son ridotti, purtroppo, ad embrione. In ultimo, il concedere alle autorità monetarie centrali, come sopra dicevamo, quella continua possibilità di rilevazioni empiriche, sulle quali soltanto la loro politica può modellarsi. La legge del 28 luglio determina dunque la più importante svolta nella nostra politica valutaria, che sia dato d'osservare negli ultimi nove anni. Essa prepara la convertibilità; la quale verrà forse insinuata così cautamente, nel nostro apparato istituzionale, che i più non se ne accorgeranno neppure. Ferdinando di Fenizio dnsmqsdubfpsnsiubcftlttfiiiiiitiriHiiiiiiiiniiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiii iiiiii

Luoghi citati: Germania, Gran Bretagna, Italia, Parigi