Felix Austria

Felix Austria Felix Austria A Tarvisio salgono sul treno s1 controllori austriaci. Molto compito l'agente in borghese che ti chiede il passaporto, sbrigati- va la finanza. Il treno riparte e la bella Carinzia coi suoi freschi pascoli e le sue verdi montagne ci viene incontro. Sono in Austria. Vecchia conoscenza. L'avevo lasciata nel '22, non c'ero più tornato. Quando, nel '21, vi ero passato per andare in Boemia, l'Austria era ancor tutta affondata nel proprio disastroi II crollo dell'impero asburgico aveva fatto penosa impressione anche a me, ch'c o stato fra quelli che avevano combattuto volontariamente perchè avvenisse. Il grande impero secolare pesava con le sue rovine sul piccolo Stato repubblicano rimasto in vita, messo alla pari con Jugoslavia e Cecoslovacchia, staterelli sorti dal nuovo ordine. Solo che, mentre questi s'avviavano con giovanile baldanza verso il loro avvenire, quello stentava a riprender fiato. Dell'antica dignità e grandezza pareva non ci fosse rimasto più nulla, se non qualche vecchia uniforme. Avvilimento e ripicco erano nei tratti e nei modi dei suoi funzionari : la mentalità dei poliziotti e della dogana s'era fatta astiosa. Per andare da Trieste a Praga dovetti passare tre confini con le soste interminabili e le noie di tre controlli meticolosi, con timbri e ritimbri e visti sul passaporto. Mi fecero scendere due volte ai vari uffici di dogana per uno scialletto che portavo in regalo ad amici di Praga. Ebbi subito la sensazione di quanto la guerra ci avesse fatto retrocedere. Europa divisa, Europa ostacolata, i segni d'una involuzione e d'una situazione caotica, che doveva durate e complicarsi fino ai. nostri giorni. L'Austria di trent'anni dopo, l'Austria dei giorni nostri è sulla via di ritrovarsi. Non di ritrovare più la misura impossibile del grande impero dei popoli di una volta, non d'essere più una Potenza, ma di rifarsi nei limiti d'un piccolo Stato compattamente nazionale. E, prima di tutto, la popolazione sta riconquistando il suo buon umore, l'armonia psicologica col proprio paesaggio, ch'è prevalentemente idillico; sta riattaccandosi a quelle tradizioni di costume e di temperamento ch'erano i tratti caratteristici del mondo austriaco di ieri. Non che quel mondo, ormai sepolto dopo il suo splendore, ritomi in efficienza, ma ne ritornano gli echi e gli aspetti. Siamo lungamente fermi alla stazione di Villacco. C'è un'aria di quiete, come forse non si gode più in nessun'altra stazione di smistamento in Europa. I ferrovieri in giacca turchina si muovono pacifici, sostano in crocchi; ogni tanto passa una locomotiva minuscola, il segnalatore davanti sulla predellina, aggrappato alla ciminiera, con la bandierina sventolante, passa e ripassa nella manovra; ogni tanto arriva un treno da un'altra direzione, ma senza fretta; tutto resta immerso nella quiete della campagna verde, delle dolci verdi montagne all'orizzonte. Vicino al mio c'è uno scompartimento con una comitiva di tedeschi: un continuo cicalio con scoppi di risa si spande nell'aria pacifica della stazione. Scendono e tornano con panini, wurstel, bottiglie di birra, scherzano, ridiscendono, si fanno le fotografie. Queste giovani austriache, piene di salute, sanno ridere e sono piacevoli nei loro vestiti leggeri; le carinziané si distinguono per una certa robustezza di anche, mi ricordano tutte la « bella Lenzica » di Casanova. Finalmente il nostro treno* si mette in moto. Questa gente ha i nervi ' più calmi dei nostri: abbiamo un'abbondante ora di ritardo, ma nessuno protesta, nessuno brontola, tutti mantengono il buon umore. * * Scendo fra le montagne, in un posto famoso di bagni termali.' E' l'Austria alberghiera, dei grandi e piccoli alberghi, che riconosco e ritrovo da tempi lontani. Il proprietario d'albergo ha la dignità d'un industriale, d'un grosso commerciante, usa mettere il proprio nome sulla carta e le buste intestate e, se è Kommerzial Rat, ci tiene a farlo sapere; per i defunti lo sottolineano persino le lapidi nel cimitero : « proprietario d'albergo ». Stupisce il perdurare di tradizioni così private e personali in tempi di trust e di socializzazioni. Il progresso democratico è avvertibile anche qui, in Austria, anzi è più che altrove esteso e profondo: la società è mutata dalle fondamenta, c'è in atto una uguaglianza che al tempo di Francesco Giuseppe solo una coraggiosa punta del partito socialista poteva sognare e battersi per questo suo sogno; le relazioni tra padrone e dipendenti sono fondamentalmente diverse da quelle del passato. Eppure, di questo passato è rimasto qualche cosa nei modi, che sembra più resistente delie generazioni che mutano. Parrà strano, ma del « mondo di ieri » in Austria è rimasta almeno la veste, la forma. Da per tutto, in Europa, quel mondo è saltato anche nella facciata; ma qui è rimasto fin nel vestibolo. Dentro, è un'altra cola. Tanto, che nel saggiare quella compitezza, quella, corte- sgsApistrgtscvdndctrmsscdTilgs sia d'altri tempi, tutto quel tra punto di bitte schón, bitte sehr noi li troviamo d'una pasta un po' decrepita e sospettiamo che sotto la trama lisa d'una formale gentilezza ci sia, nei fondo, una sostanza di ben diversa natura. A un certo momento si ha l'impressione che, caduto il velario, il tempio sia solidamente costrutto di... scellini. Specialmente qui, dove circolano forestieri ricchi, facili all'ottimismo. Un esempio. Tutte le passeggiate, manco a dirlo, sono mantenute con la cura più meticolosa: piane, ombrose, seminate di comode panchine. Ma se uno volesse salire a un certo belvedere per il sentiero naturale e non con la seggiovia, a ciò predisposta e da per tutto reclaniicizzata, ci penserebbe due volte: buche, pietroni, pozzanghere, peggio che le più trascurate mulattiere di montagna. Viene il sospetto che quel sentiero sia lasciato apposta in tale stato, perchè non sia utilizzabile. « Quando c'è una comoda seggiovia! ». Te lo dice con un largo sorriso invitante, da un cartellone all'imbocco dell'impossibile sentiero, una leggiadra figura di donna in costumino da bagno, a un passo dalla .stazione della seggiovia. E' tutto un invito. T'invitano coi cartelli, con le scritte, con le frecce, con la gentilezza delle trovate. « Vieni a godere una serata di musica popolare con danze, al tal restaurant, non te ne pentirai! » « A dicci, a venti minuti di qui il tuo passo calmo ti porta al caffè tal dei tali, con vista indimenticabile sulla valle sui ghiacciai!» «Chi non è stato a X... è come se avesse fatto inutilmente il suo viaggio! ». « Questa la passeggiata preferita dall' imperatore Guglielmo I ! ». E' senz'altro una passeggiata deliziosa. Poche volte, o itoì, ho visto natura più addomesticata. Fra abeti centenari, sotto alberi maestosi di larga foglia occhieggiano le vetrine di negozi di lusso; i grandi alberghi, a cui si accede dalla strada di sotto, affacciano sulla passeggiata i loro atri elevati e le loro terrazze ornate di fiori sgargianti. Merli e fringuelli fanno continuo concerto tra le fronde, ma di tanto in tanto scendono fino ad altezza d'uomo, per esibirsi in a soli spettacolari, e come palcoscenico scoperto scelgono la balaustrata di qualche terrazzo d'albergo fra i vasi di fiori. Più G!lll!iilllllllllMIII1iIlElll1lillillll1lllIIIIIIlllllllll in là cardellini, fanelli, pettirossi ti vengono tra i piedi e alzano la testina come a chiedere: «che m'hai portato oggi? ». Più in là ancora, divertimento principale, c'è una troupe di scoiattoli, neri, bruni, rossicci, .che salgono e scendono dagli alberi sventagliando le loro code esuberanti, attraversano il sentiero, balzano sulle panchine. Vecchie, giovani, bambini, signóri distinti con dei cartoccetti misteriosi1 gareggiano nel farseli venire sulle spalle, sulle braccia, nelle mani. Aria d'Ottocento, di tempi sepolti, d'un mondo che qui rispunta come epilogo. Molte passeggiate mantengono l'aureola di Case Imperiali che non esistono più. Ce n'è una intitolata all'imperatrice Elisabetta; calma, lungo il fiume che scorre e canta tra i pioppi. Un monumentino molto discreto, in un'incassatura del pendìo, ricorda la sovrana : un medaglione di marmo con la piccola testa imperiale in basso rilievo e, sotto, incisi gli anni del suo soggiorno: 1886, '88, '89, '90, '91. Procedevo rievocando tra me e me lontani ricordi della mia infanzia: le lunghe trecce bionde dell'imperatrice, il pugnale di Luccheni. la tristezza chiusa di Francesco Giuseppe... A un certo punto vedo una strana costruzione: un largo e basso edificio, cadente nei muri e negli infissi, col tetto mosso a cuspidi e pagodine, con piccole fincstrine in cornici di legno verniciato. Ha qualche cosa d'un vecchio casino di caccia (verrò a sapere poi che l'cdifizio, costruito nel 1820, è un altes Sclriitzenhatis). Alzo gli occhi alle finestrelle del primo piano e sussulto. Francesco Giuseppe e l'imperatrice Elisabetta guardano d'oltre i vetri chiusi di due di quelle finestrelle vicine, rivolti uno verso l'altro; guardano sulla strada, passare la gente, scorrere il fiume. Due busti di gesso in grandezza naturale, impressionantemente veri, dall'aspetto consunto e un po' spettrali, come di persone vissute lungamente nel chiuso. Due mondi. Uno fermo là dietro quei vetri, l'altro che passa. Passano i soldar: del potente esercito imperiale disfatto a Vittorio Veneto, passano le bande naziste, passano le uniformi americane, inglesi, russe, francesi... ' In quei giorni l'Austria era imbandierata per festeggiare la sua liberazione. Giani Stuparich lllMlllllII1llll1lllll11IIIIIIIIIIIllllllllllllllII11l11l1

Persone citate: Casanova, Case Imperiali, Felix Austria, Francesco Giuseppe, Giani Stuparich, Parrà