Le scuole statali e quelle private di Paolo Serini

Le scuole statali e quelle private Le scuole statali e quelle private H compito che attende il nuovo ministro della Pubblica Istruzione, on. Paolo Rossi, non è certo semplice nè agevole. Nell'ultimo decennio, pochi problemi sono atati dibattuti con tanta larghezza e intensità come quelli della scuola; ma pochissimi hanno trovato, di fatto, organica soluzione. Basti pensare alla sorte della cosidetta riforma Gonella. Si sono create speciali commissioni e sottocommissioni; si è effettuata un'inchiesta nazionale di non comune ampiezza; si è elaborato, infine, un ambizioso progetto legislativo che investiva l'intero ordinamento scolastico. Pure, tutto questo ingente lavoro non ha approdato che a modesti risultati. Nella pratica, si è continuato a tirare avanti alla giornata, senza un piano preciso ed una linea di condotta organica, e senza affrontare e risolvere i problemi più gravi ed urgenti. Di qui, nella scuola (e soprattutto, in quella secondaria) uno stato di crescente disagio e malcontento — aggravato dall'impressione che si tendesse a favorire la scuola privata a scapito di quella pubblica — di cui la condizione degl'insegnanti (e il loro stato d'animo di «umiliati e offesi») si può considerare come il sintomo e, insieme, come il simbolo più evidente. Ora qualunque giudizio si dia sugli scioperi della primavera scorsa, è certo che essi sono serviti ad imporre all'attenzione della classe politica e all'interesse dell'opinione la gravità del problema. E bisogna dar atto al nuovo governo di essersene reso conto. . H fatto che, nel programma ministeriale, il problema della scuola sia stato posto in primo piano; che, nelle sue dichiarazioni al Parlamento, il nuovo presidente del Consiglio ne abbia sottolineato l'importanza; che, per venir incontro allorichieste degl'insegnanti, sìa stata destinata una somma tripla di quella stabilita dal precedente ministero (venticinque miliardi invece di otto) ; e che l'on. Rossi non abbia aspettato il voto di fiducia delle Camere per prendere i primi contatti con i dirigenti sindacali degl'insegnanti, dà a sperare che il problema del miglioramento dello status giuridico ed economico di questi ultimi venga affrontato senza indugio e con volonteroso impegno. E che, nel prossimo autunno, maestri e profesàori possano riprendere serenamente il loro lavoro, senza che la scuola sia turbata da nuove agitazioni. Parimenti, il fatto che il dicastero della Pubblica Istruzione sia stato nuovamente affidato a un rappresentante di un partito di democrazia laica rappresenta già per se una conferma della volontà del nuovo governo di avvalorare la scuola pubblica: che — frequentata com'è dall'ottanta per cento della nostra popolazione scolastica e non vincolata a, principi o a fini particolari, ma aperta a tutte le correnti d'idee e a tutti i ceti — appare pur sem-r pre la meglio idonea a ga? rantire, insieme con gli interessi della collettività, la libera formazione del singolo e ad adempiere, nel campo educativo, una funzione preminente ed esemplare, una funzione-guida. E il messaggio inviato dal nuovo ministro ai Provveditori agli studi e ai dirigenti delle scuole d'ogni ordine e grado rappresenta un ulteriore, significativo affidamento in tal senso. E' chiaro, infatti,- che, parlando di « impegno totale dello Stato nell'adempimento dei suoi obblighi di educazione e d'istruzione, dettati non solo dalla Costituzione, ma da esigenze etiche intrinseche all'idea stessa dello Stato », il ministro ha inteso riaffermare il principio che lo Stato, pur non avendo un proprio credo filosofico o culturale da im porre, non può però disinteressarsi della educazione non solo formale, ma sostanziale dei cittadini e del la sua rispondenza ai prin cipì e ai fini sanciti dalla Costituzione (principio ri badito in un altro passo, nel quale si parla dell'« indirizzo generale della scuola a fini non solo informativi, ma formativi »). Analogamente, quando, nello stesso messaggio, il ministro parla di « attuazione della libertà d'insegna mento nel suo esatto significato e con la garanzia dell'effettiva parità di livello culturale tra la scuola privata e quella di Stato », è evidente che esso ha voluto rctncagrpntabtSdtdlrriddlnlieprsttfddcsdgrdselmsltmrmtcfbulfinlfidbtenmcfiv ribadire due punti. Primo: che la libertà d'insegnamento va intesa nella sua pienezza, ossia, oltre e più che come diritto dei privati di aprire scuole (e delle famiglie di scegliere per i loro ragazzi il tipo di scuola che preferiscono), come libertà neZZ'insegnamento, come autonomia della cultura da autorità estranee al suo libero e razionale svolgimento. Secondo: il diritto dello Stato di giudicare del rendimento delle scuole private, ai fini della garanzia della serietà degli studi e del libero progresso della cultura. Che la Costituzione ha riconosciuto bensì (art. 33) il diritto di « enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione », e affermato la « parità » delle scuole non statali con quelle statali. Ma tale parità giuridica esige, come logica contropartita, quell'« effettiva parità di livello culturale » senza di cui le scuole private rischierebbero di diventare, almeno in parte, il rifugio degli elementi più scadenti di quelle pubbliche e di fare a queste "una concorrenza fondata non già sull'emulazione culturale e didattica, ma su una maggior indulgenza nel concedere promozioni e titoli di studio. Pericolo, come ognun sa, tùtt'altro che ipotetico; e che il forte aumento delle scuole private « legalmente riconosciute » avutosi negli ultimi anni (nel solo periodo 1946-52 sono stati concessi 2255 riconoscimenti legali e 3021 « autorizzazioni») ha indubbiamente reso più acuto. L'enunciazione di tali criteri generali fa presumere che l'on. Rossi intenda affrontare al più presto il problema. E che, riprendendo un progetto legislativo dell'on. Martino, voglia dare finalmente attuazione organica ai principi sanciti nell!art. 33 della Costituzione: fissando in un preciso testo di legge « i diritti e gli obblighi delle scuole noxr-statali che chiedono la parità » e; in pari tempo, disciplinando gli esami di Stato di maturità e di abilitazione con una legge che metta fine all'attuale regime provvisorio e che li renda meglio idonei ad adempiere la loro funzione. Paolo Serini

Persone citate: Paolo Rossi