A tutto il popolo deve essere data comune e sufficiente educazione di Nicola Adelfi

A tutto il popolo deve essere data comune e sufficiente educazione RIVOLUZIONE NELLE SCUOLE ELEMENTARI A tutto il popolo deve essere data comune e sufficiente educazione Lfi elementari non debbono essere il primo gradino di chi si avvia all'università, ma l'istituto che forma nel ragazzo il futuro cittadino - Non più il fardello delle nozioni, ma l'incitamento a osservare, ragionare, comprendere - Si raccomanda di non bocciare - Bandito tutto ciò che è informativo e meccanico, si tende alla libera iniziativa nell'opprendere -1 libri perdono ogoi importanza - (Ma gli editori ne hanno giacenti nei loro magazzini pel valore di 5 miliardi) iiiiit iiiiiiiiiiiiiiiiiitiiitiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiitiii iiiiiii(Nostro servizio particolare) Roma, 16 luglio. In questi giorni, senza far molto rumore, un decreto uscito dal Quirinale ha deciso la morte di miriametri e miriagrammi, Tarqninio Prisco e Putifarre, Osiride e Cheope, palafitticoli e Iapigi, cotilcdoni, metacarpi... L'interminabile ecatombe, poco meno di una rivoluzione, riguarda la scuola elementare e quel che i nostri bambini devono impararvi. Il problema era iiiiiiitiiiitiiiiiiiiiiiitiiitiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiniiti dei più incancreniti. L'inglese Bolton King che visitò il nostro Paese al principio del secolo, lo circoscrisse in questi termini: in Italia la scuola è stata modellata dalla borghesia al solo scopo di provvedere ai bisogni dei suoi figli. Le stesse elementari non sono organizzate in modo da' dare un'istruzione di base, uniforme, a tutti i suoi cittadini, ma piuttosto in funzione delle scuole superiori, come un primo av¬ vlamento per i figli della borghesia nella loro carriera scolastica. Questo peccato d'origine spiega in parte come mai vi siano, ancora oggi, tre milioni di cittadini che sono analfabeti perchè non hanno frequentato le scuole e alcuni altri milioni che non sanno leggere perchè lo hanno dimenticato. In genere gli analfabeti originari sono persone di una certa età, perchè fra i bambini di oggi è molto pìccola la percentuale di quelli che non vanno a scuoia: se il problema fosse tutto qui, anche in Italia l'analfabetismo presto diverrebbe un ricordo del passato. Ritornano analfabeti Il guaio è invece che molti, specialmente nelle province meridionali, dopo aver appreso a leggere e scrivere nell'infanzia, poi non hanno più frequenti occasioni di farlo, dimenticano. Escono dalla scuola con la mente ingombra di un pesante bagaglio di nozioni, nomi inconsueti, definizioni astruse, di nessuna utilità nella vita quotidiana; non fanno altro che prendere quel fardello e buttarselo dietro le spalle. Ritornano nel giro di qualche anno analfabeti, persuasi che l'istruzione sia una faccenda da ricchi, del tutto superflua jier chi debba guadagnarsi il 'pane con le braccia. La rivoluzione avviata in questi giorni sta appunto in questo: le elementari non devono essere un primo gradino per chi debba salire fino all'università, ma conferiranno a tutto il popolo un'educazione comune, un'istruzione a se stante, sufficiente. 8i è cominciato col rivedere da cima a fondo i programmi, in modo che i ragazzi non siano più costretti a caricarsi di un gran cumulo di nozioni, ma imparino veramente a leggere, cioè a capire quel che c'è nei libri e sui giornali, a scrivere, ossia ad esprimere quel che hanno in mente, e a far di conto. E' senz'altro un piano ambizioso: tende a radicare il gusto del sapere, vuole indurre i ragazzi a ragionare da aè, intende aprirli verso la società. Se finora l'alunno è stato elemento passivo dell'insegnamento, una specie di vaso dove venivano versate alla rinfusa quante più. nozioni era possibile, ora si vuole che diventi elemento attivo, da dentro se stesso si volga alla conquista del mondo esteriore. Una novità importante della riforma è la divisione delle classi in tre cicli: il primo di due anni, il secondo di tre, il terzo anche di tre. Considerate quel che avviene normalmente quando uno di noi entra in un ambiente nuovo, mettiamo uno stadio: ha un primo colpo d'occhio, poi comincia a guardarsi intorno ed è colpito dagli aspetti più notevoli, via via osserva i minuti particolari, la conformazione degli atleti, la loro fisionomia, pregi e difetti del loro gioco. Alla fine della partita voi ne sapete certamente di più che se foste stati obbligati a imparare a memoria tutte le cose che ai'ete visto, notato ed osservato. Lo stesso si vuole che avvenga con ì ragazzi. Essi entrano nella prima classe elementare, ossia fanno il loro ingresso nel mondo dell'istruzione, senza sapere niente: sono solo intuizione, fantasia, sentimenti. Si guardano intorno in questo nuovo mondo, e a poco a poco, senza quasi che se ne accorgano, saranno guidati, sollecitati dall'insegnante a osservare, riflettere, esprimersi. Il disegno spontaneo Perciò, ;jer t primi due anni delle elementari, niente libri sussidiari, niente studio inteso come fatica, nessuna riparazione delle materie. Tutto quello- che lo scolaro imparerà, anche leggere e scrivere, deve essere una sua personale scoperta, sotto forma di gioco, mediante schede illustrate, cartelloni con disegni, alfabeti murali e mobili; in altre parole, sono bandite le aste, la « i » non sarà più la prima lettera che i ragazzi dovranno imparare. Molta importanza viene attribuita nei nuovi programmi al disegno spontaneo o ideogrammi, ch'è la maniera di esprimersi di tutti i primitivi, popoli e individui; l'insegnante condurrà il bambino a spiegare con parole e frasi che cosa ha voluto dire con un certo disegno. Quanto all'aritmetica nelle prime due classi, numeri e operazioni non dovranno scaturire meccanicamente dalla lavagna o dai quaderni, ma attraverso intuizioni, casi pratici, concreti, mediante giochi e colloqui. Nella prima elementare i bambini impareranno a sommare e a sottrarre fino a 10, nella seconda arriveranno a capire tutte e quattro le operazioni fino a 100; i calcoli saranno per lo più orali e non si pretende più che gli alunni sappiano a memoria la tavola pitagorica. Questo primo ciclo deve essere più che altro di esplorazione, di scoperta. Si raccomanda di non bocciare. Oggi su cinque milioni di bambini delle elementari ci sono ogni anno 600 mila ripetenti: Spesso accade che un bambino sia bocciato alla prima classe; «e il primo anno aveva scarso interesse per lo studio, figuratevi quanta diventa la sua noia a sentirsi ripetere per tutto un altro anno le stesse cose dell'anno precedente; il suo disinteresse diventa totale. Sarà bocciato di nuovo, e lo stesso avverrà negli anni successivi; sicché, specialmente nelle scuole di borgar ta o di campagna, voi trovate ragazzi che ripetono cinque e anche sei volte, fino al termine dell'obbligo scolastico, la stessa classe: stanno quei ragazzoni di tredici o quattordici anni tra bambinelli d> sei o sette con aria infastidita fino al disgusto. Probabilmente, se avessero continuato gli studi con i loro coetanei, qualche cosa avrebbero finito con l'imparare oppure può anche darsi che sarebbero diventati bravissimi: la svogliatezza di una stagione non significa che un ragazzo sia definitivamente inadatto aali studi. Alla terza elementare, quando comincia il secondo ciclo, i ragazzi arvivano con l'abitudine a osservare, col gusto della scoperta di nuove cose. Anche qui » libri sussidiari, \ lunghi compiti a casa, gli estenuanti sforzi della memoria per ritenere elenchi, nomi e definizioni, cioè cose morte, saranno tenuti lontani dagli alunni. A nove anni un ragazzo è già un piccolo ometto e spesso fino a ieri, nel fare i compiti, metteva a disagio i genitori con domande non utili e neppure facili: quanti miriametri ci sono da Roma a Ostia? quanti miriagrammi pesa una pecora? come fu che Abramo ebbe un figlio a cento annit dov'è la terra di Chanaan? dei nove pianeti che girano intorno al Sole è più grande Nettuno o Saturno? quali sono tutti gli affluenti di sinistra del Po e quelli dì destra? Non parliamo poi dei programmi di grammatica e di aritmetica, le cui domande metterebbero in imbarazzo più di un laureato Oggi, che si mira alla formazione del carattere e non all'ammasso delle nozioni, a imprimere durevolmente e failIIIIIIlIIIIIIIIIIIflItlIllllIIIIIIIIlllllIIIIIIIIIIIIH come conquista individuale quel che poi servirà effettivamente nella vita, le fronde superflue sono state recise. Al termine del secondo ciclo, cioè della quinta classe, si chiederà a vostro figlio di conoscere speditamente le quattro operazioni su numeri interi e decimali, che sappia riconoscere le principali figure piane e solide della geometria e sia in grado di calcolare il perimetro e l'area di poche figure. Questo è tutto per l'aritmetica. Per la storia, aboliti elenchi, nomi e date, si baderà che l'alunno sappia quale importanza abbiano avuto alcuni grandi personaggi e che cosa significano determinate epoche, specialmente il Risorgimento. Per la geografia basterà che abbia una conoscenza panoramica dell' Italia e della sua posizione nel* mondo. La lingua italiana Per la lingua italiana, senza più rimpinzire gli scolari di regole, si cercherà di coltivare buon senso e gusto: « l'insegnamento mirerà ad ottenere che le fonti di cultura degli anni di scuola non si riducano ai soli manuali scolastici e che nei fanciulli sorga uno schietto f* e durevole amore per la lettura*. Quanto alle composizioni scritte, si raccomanda di non assegnare un tema a tutta la scolaresca, ma di affidare a ciascun ragazzo la scelta 'dell'argomento che preferisce trattare. Il terzo ciclo è stato introdotto per eliminare una delle molte incongruità delle leggi italiane. L'obbligo scolastico termina a H anni, però in molti luoghi ci sono solo cinque classi elementari. Se il più vicino centro fornito di scuole professionali è lontano molti chilometri, un ragazzo che abbia terminato le elementari a undici anni, era poi costretto a frequentare ancora per altri HIIIIIIIIIIIItlllIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIItlllIIIIIIIIIII tre anni la stessa quinta classe. Secondo le intenzioni dei nuovi programmi, due sono i protagonisti veramente importanti dell'istruzione elementare: l'alunno e l'insegnante. Perciò i programmi raccomandano di approfondire giorno per giorno la conoscenza di ciascun allievo, di parlare e di farli parlo* re, di guidarli nell'acquisto delle idee senza mai forzarli: è un terreno da inafflare e coltivare assiduamente, non da inaridire. Perdono invece quasi ogni importanza 4, libri, cioè il mezzo meccanico per imparare. Se tutto deve svolgersi attraverso esperienze ed episodi della vita quotidiana, i sussidiari diventano appena un, complemento. Questo naturalmente ha determinato una sollevazione fra gli editori, che hanno nei loro magazzini libri per le elementari del valore di cinque miliardi, e poco tempo per venderli. Infatti l'ardita riforma comincerà ad essere applicata fin dal prossimo ottobre per la prima classe e dall'anno venturo per le altre classi. Anche la preparazione dei nuo-ui sussidiari si presenta difficile, dal momento che quasi tutto l'insegnamento deve risultare dal quotidiano scambio di idee, esperienze, sensazioni fra insegnante e alunno. E' solo apparentemente un paradosso dire che ogni giorno i 170 mila insegnanti dovranno inventare cinque milioni di programmi, uno per ciascun alunno. A quer sto punto sorgono molte perplessità. La più preoccupante è forse questa: sapranno gli insegnanti, con tutti i loro guai economici e con le cattive abitudini prese nel dopoguerra, essere all'altezza di un sì gravoso compito? Forse no, vi dicono negli uffici ministeriali. Però, anche qui, l'importante sta nel cominciare. Nicola Adelfi • IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIllllllllllItllllIlllllllllllllllA

Persone citate: Bolton King, Osiride

Luoghi citati: Italia, Ostia, Roma