Le verità nascoste di Enrico Emanuelli

Le verità nascoste DIALOGHI ITALIANI Le verità nascoste SELINUNTE, luglio. Venuto sin qua per visitare i templi e la loro rovina. Un amico mi aveva detto : « Troverai rovine cosi magnanime e di:ammatiche che nemmeno un regista di Hollywood saprebbe prepararle » Sono le cinque del pomeriggio e l'impazienza di vedere quel che rimane di Selinunte trova un ostacolo nel sole ancora alto. La giornata è afosa. All'ingresso dell'enorme campo archeologico una guida con premura suggerisce che conviene attendere una ora prima di iniziare l'inconsueta passeggiata. E appena si accorge che mi rassegno a simile rinvio, pur avendo oramai le desiderate rovine sottomano, interroga : « Da dove venite? ». « Da Agrigento ». « y. dove farete tappa dopo? ». « A Castclvetrano ». Questo nome, lì per lì, anche se sono con l'animo volto ai piaceri archeologici, non mi ricorda la meravigliosa statua conosciuta come l'Efebo di Selinunte, che il municipio di Castclvetrano custodisce; ma trivialmente e subito mi riporta la memoria alla uccisione di Giuliano. Quasi senza volerlo mi esce di bocca la domanda: «Ditemi: le storie, le imprese dei banditi sono finite?». Per qualche attimo il guardiano-guida mi osserva come se non avesse compreso le mie parole. E' un bell'uomo trentenne, dai tratti insieme gentili e forti, dallo sguardo intenso, dai modi dignitosi. Da dove può venire un tipo simile? Da una famiglia di pescatori o di contadini o di pastori? E' difficile giudicare. La sua antica civiltà si mostra con grazia istintiva così come certe rovine riaffiorano spontaneamente dalla sterpaglia; e me ne accorgo meglio quando si decide a rispondere: «Miseria e ingiustizia — dice — fanno quel che fanno ». Sul momento non capisco se siano parole sue o d'un proverbio ripetuto per consuetudine; ma da quel che segue non ho più dubbi: il sentenziare è suo. Perchè quel che segue (un discorso rotolante come un torrente), vuole essere l'illustrazione di ciò che in breve ha enunciato all'inizio. Come miseria svelto racconta quel che è avvenuto a Selinunte non molto tempo fa: un conte milanese aveva piantato k''tenda non lontana: dal mare per un solitario campeggio. Una notte due persone, con lerivoltelle in pugno, si presentarono e lo rapinarono. Come ingiustizia racconta che per simile fatto furono arrestati otto uomini, tutti in vario grado parenti tra di loro, e sette vennero trattenuti sotto « processura » per quattordici- mesi, con inevitabile disastro familiare. E qui rivelò un aspetto del suo animo. La miseria lo lasciava quasi indifferente, come fosse flagello più divirib che umano. E che i due rapinatori, dopo il gesto criminale, fossero stati ripagati con un bottino di poche migliaia di lire, gli faceva dire che da tale sfortuna poteva nascere il ravvedimento. Ma i sette innocenti, tenuti sotto « processura » per più di un anno prima d'essere rimandati liberi a casa, gli facevano dire che avrebbero per sempre covato nell'animo il desiderio d'una rappresaglia contro la giustizia ingiusta. Costoro non si sarebbero mai ravveduti del cattivo disegno covato nel segreto del cuore e concluse: « Voi lo sapete: rappresaglie del genere sono all'origine della nascita d'un bandito ». Le lunghe esemplificazioni dovevano servire a giustificare (co. me compresi dopo) una sentenziosa risposta alla mia domanda. Per cui, desiderando sapere « se le storie, le imprese dei banditi sono finite », il guardiano-guida concluse: «Se non ce ne sono, state certo che ce ne saranno ». CASTELVETRANO, luglio. Dopo d'aver visitato le rovine di Selinunte, mentre percorrevo i pochi chilometri per raggiungere Castelvetrano, due carabinieri mi hanno fatto segno"di fermare. Entrambi erano giovani, con una bella divisa di campagna e avevano modi tanto cauti, che veniva voglia di dire: «Fate quel che dovete senza nessuna preoccupazione ». Uno dei due aveva in mano carta e penna; l'altro gli dettava quel che vedeva scritto nei miei documenti: nome, cognome, paternità, maternità, data e luogo di nascita, residenza, numero della patente, numero di targa della automobile. Dettare e scrivere, in quell'ora di crepuscolo, lungo uno stradale, era faccenda che prendeva tempo; e col tempo dovuto si giunse al momento delle domande, che furono: « Da dove venite? E dove andate? ». Risposi e scrisse, non so con quanta utilità, due nomi; e proprio questo dubbio mi fece chiedere: «Ma perchè mi sottoponete a simile controllo minuzioso? ». I due carabinieri si passarono l'uri l'altro un'occhiata di soddisfazione. Quello che aveva scritto, e che sembrava più sveglio del suo compagno, rispose: « Si fa così per la repressione del banditismo ». vi Ah, bene — ribattei quasi orgoglioso di poter essere scambiato per un fuori legge —, ma i banditi siciliani non sono come i gangsters americani. I banditi stanno sulle montagne, si nascondono nei boschi e non corrono di giorno le strade statali in automobile ». « Lo sappiamo anche noi » fu la risposta e devo confessare che mi risultò tanto inattesa, quanto divertente. La conversazione prendeva tono amichevole. Così dissi: «Ma se ci fossero, e non si fermassero al vostro segnale, come potreste raggiungerli? ». « Guardi lì » rispose uno dei due; e, voltatomi, vidi due biciclette appoggiate con cura ad un paracarro. Sorrisi per far loro piacere e per consolarli proposi: «Ci vorrebbero almeno le motociclette ». Ancora si scambiarono l'un l'altro un'occhiata di soddisfazione: l'idea della motocicletta doveva accendere entusiasmi oltre che di buon servizio, anche sportivi. «Per fortuna — disse quello che pareva meno sveglio, alludendo alla necessità di possedere la motocicletta — i banditi adesso non ci sono più ». «E allora perchè questo vostro servizio? Perchè un simile controllo, minuzioso e con tanto di carta scritta? », domandai. « Eh, noi facciamo parte della squadra repressione banditismo tornò a spiegarmi il più sveglio dei dL; —, e così continuano a farci fare questo servizio. Ma,-come diceva il mio collega, di banditi non c'è nemmeno l'ombra ». « Sicuri di quel che dite? ». Mi risposero di sì con un gesto del capo. PALERMO, luglio. Incontro lo scrittore Romualdo Romano, che ha vinto qualche anno fa un premio Hemingway col romanzo intitolato Scirocco. E' siciliano e così penso d'avere di fronte persona adatta per sciogliermi molti enigmi: naturalmenre, tra questi, metto anche il parere pessimista del guardiano-guida di Selinunte sulla fine del banditismo e quello ottimista dei carabinieri di Castelvetrano. Ma, ancor prima che rivolgessi questa e altre domande, quando ancora si era ad un discorso generico, Romano trova mòdo di spiegarmi: «Certe volte, le riesce difficile- capire e interpretare quel che sente? Non mi meraviglia. Ecco, non mi meraviglia perchè risulta quasi impossibile! □irisiMiiriiiii:i!Miiiiiiiiiii!iMiiiiiiiiiiiiii!tii[ii avere da noi parole sincere. Lo so, ci rimproverano : « Voi nascondete quasi sempre la verità e posso dire che il rimprovero e giusto. Ma non la nascondiamo per motivi di vigliaccheria o di servilismo o di rapprespglia, come si può credere. La nascondiamo, invece, per ragioni di pudore, di generosità, di ribellione o di altruismo. Per capire i siciliani bisogna innanzi tutto conoscere il perchè delle loro bugie ». Adesso, se nella realtà le cose stanno così, capovolgendo quel che mi hanno detto, dovrei mettermi a studiare per quali motivi il guardiano-guida di Selinunte giudica finito il banditismo ■e per quali ragioni i carabinieri di Castelvetrano giudicano il contrario. Enrico Emanuelli iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiii

Persone citate: Hemingway, Scirocco

Luoghi citati: Agrigento, Castelvetrano, Hollywood, Palermo