Sceiba costretto a presentare le dimissioni di Vittorio Gorresio

Sceiba costretto a presentare le dimissioni Dopo una affannosa giornata di inutili tentativi per cercare un accordo Sceiba costretto a presentare le dimissioni Il rifiuto dei repubblicani ha intensificato l'opposizione della fronda d.c. - Un importante colloquio tra Sceiba e il Presidente della Repubblica - In serata la direzione democristiana comunica che "allo stato delle cose il rimpasto non può essere considerato sufficiente a ricostituire l'intesa nella coalizione,, Ofjff|i Vannuueia a Gronehi dopa un'ultima, seduta del Consiglia dei Ministri Roma, 21 giugno. L'on. Sceiba ha convocato per domattina alle 11 li Consiglio del Ministri, al quale darà comunicazione. ufficiale del suo proposito di presentare al Presidente della Repubblica le dimissioni del governo. Il Capo dello Stato riceverà In Quirinale, probabilmente a mezzogiorno, il Presidente del Consiglio e, secondo la prassi, lo inviterà a restare in carica per l'ordinarla amministrazione, riservandosi le proprie decisioni. Aprirà quindi le consultazioni di rito con gli esponenti dei gruppi parlamentari Ano al momento di conferire l'Incarico di costituire 11 governo a chi gli sarà stato designato dalla maggioranza, La notizia delle dimissioni è stata appresa stasera poco prima delle 10, quando il segretario della D.C. on. Fanfani, il presidente del Consiglio nazionale sen. Zoli ed i due capi dei gruppi parlamentari on. Moro e sen. Ceschi si sono presentati al Viminale recando al Presidente del Consiglio il testo di una risoluzione votata poco prima nella sede dell'istituto di studi politici c Alcide De GaBperi » dal componenti della direzione democristiana che colà avevano seduto in permanenza per tutta la giornata. ' Il documento dice: «La direzione centrale della D.C, esaminata la situazione politica dopo la decisione del Consiglio nazionale del P.R.I., pur dando atto al Presidente del Consiglio degli sforzi da lui compiuti con tanto impegno per realizzare l'intesa tra i partiti democratici, deve tuttavia constatare con rammarico che l'auspicata chiarificazione non è stata raggiunta per il mancato ritorno di tutti i partiti del centro democratico nell'ambito della coalizione di governo o della maggioranza parlamentare; e ritiene pertanto che il rimpasto non può essere considerato — allo stato delle cose — come mezzo sufficiente a ricostituire l'intesa fra i partiti della coalizione democratica ». Il testo del documento è stato subito inviato personalmente ai segretari degli altri tre partiti democratici, Matteotti, Malagodi e Reale, e si è cosi conclusa con una soluzione che ha colto molti di sorpresa, quella che è stata probabilmente la giornata più affannosa che l'on.le Sceiba abbia trascorso nei sedici mesi della sua azione di governo. Alle 10 e mezzo, tuttavia, uscendo dal suo studio, non aveva perduto la sua tradizionale calma Imperturbabile: e ai suoi collaboratori che lo salutavano auguralmente, si è limitato a dire che la sua preoccupazione è solo quella che si faccia, comunque, molto piesto perchè è vicina la scadenza del 30 giugno, data limite per la approvazione dell'esercizio provvisorio, in mancanza della quale la macchina dello Stato è destinata a fermarsi. Così improvvisamente, dalla fase di un rimpasto che si credeva ultimato, si entra nella fase di una crisi che si annuncia non facile. Per ora, in ogni modo, anziché fare previsioni, ci si può contentare di un semplice rilievo tratto dall'esperienza: non è difatti la prima volta che s'Inizia un rimpasto per poi finire inopinatamente in una crisi. Anche a De Gasperi è toccata più d'una volta la stessa sorte, còme tutti ricordano: si può dare adesso conto di come Sceiba abbia finito per rinnovare l'esperienza. La svolta nella situazione si era avuta la notte scorsa, quando i rappresentanti di « concentrazione » nel comitato direttivo del gruppo parlamentare democristiano avevano bruscamente abbandonato la riunione, dichiarandosi incompetenti a giudicare di una situazione politica nuova, quale era quella determinata dalla mancata partecipazione dei repubblicani al governo. Il piccolo colpo di scena notturno pareva, però, di quelli destinati a non produrre effetti determinanti e Irrevocabili: questa era, almeno, l'opinione di Sceiba, che continuava a considerare la decisione del repubblicani con molto maggiore ottimismo. Dai suoi portavoce aveva fatto dichiarare in mattinata, e poi ancora nel pomeriggio, che non aveva senso politico voler far passare la mancata partecipazione del P.R.I. al governo come « un fatto nuovo ». La direzione della D.C. aveva bensì invitato i repubblicani, ma non aveva fatto della loro accettazione una questione pregiudiziale. Impuntarsi eu questo punto significava cercare del pretesti. Sceiba pensava inoltre che una maggioranza In Parlamento si sarebbe sempre trovata: fatti e rifatti i conti dei voti disponibili gruppo per gruppo, i suol portavoce arrivavano alla conclusio¬ a ne che 11 governo sarebbe <passato», perchè la maggioranza si calcola in base ai deputati presenti e non già, in astratto, sul numero totale dei parlamentari. . Era poi proprio vero che I repubblicani avrebbero dato voto contrario? Sceiba persisteva nel suo ottimismo, poiché, mentre si spargeva la voce che Pacciardi aveva fatto sapere al presidente del gruppo democristiano, on. Moro, che il P.R.I. avrebbe negato la fiducia, il segretario del P.R.I., aw. Reale, aveva fatto al presidente del gruppo parlamentare socialdemocratico, on. Paolo Rossi, dichiarazioni più rassicuranti. Gli aveva detto: « Il senso del nostro ordine del giorno è chiaro: esso non significa opposizione precostituita al governo, in contrapposto al concetto della maggioranza precostltuita, ma significa che 11 P.R.I. si riserva l'autonomia dei suoi atteggiamenti, sia in relazione ai problemi legislativi sia in relazione agli atti di governo». Pare che a questo punto, con una certa- impazienza od almeno nell'onesto desiderio di capir bene le cose, l'on. Rossi abbia domandato all'aw. Reale se, in concreto, il P.R.I. avrebbe votato prò o contro il governo Sceiba rimpastato all'atto della sua presentazione. L'aw. Reale non sarebbe stato in grado di precisare nulla, limitandosi a parziali assicurazioni: ma sono state queste' che il Presidente del Consiglio, venutone a conoscenza, ha continuato a considerare sufficienti per buona parte .della giornata. Forse, anche soltanto .a scopo tattico, egli difatti ostentava ottimismo'e profittava di un lungo colloquio avuto col presidente, del Senato, Merzagora, per far sapere che aveva trattato del < plano dei lavori parlamentari », come, cioè, se tut-, to procedesse regolarmente séèohaò irptcvisto verso la'-flà^; pert'urà delle Camere nella giornata di dopodomani per la presentazione del secondo Gabinetto Sceiba. Nello stesso momento, per fornirgli un aiuto massiccio, il segretario della CISL, on. Pastore, faceva a Montecitorio dichiarazioni di carattere addirittura minaccioso contro 1 concenti-azionisti, accusandoli di lavorare a vantaggio di un- governo monocolore: « Se questo dovesse realizzarsi — ammoniva — non è detto che in quel momento non sorgano nella rappresentanza parlamentare della D. C. degni emuli dei manovrieri della concentrazione ». Era una chiara minaccia di scissione da parte di un altro settore della D. C, che Pastore giustificava continuando nelle sue dichiarazioni, con il pericolo di una involuzione verso destra. Gli ammonimenti e le minacce, tuttavia, cadevano nel vuoto. I concentrazionisti erano infatti ben decisi a non abbandonare il terreno di battaglia scelto ieri in nome della maggipranza precostltuita. Si riunivano, infatti, i loro esponenti negli uffici dell'on. Togni, presso la Confederazione dirigenti industriali, e confermavano l'impegno comune di non accettare alcuna eventuale offerta di partecipazione al governo. Gonella, Pella e Andreotti erano stati tutti officiati per assumere importanti dicasteri, e tutti avevano declinato le offerte. Pella, partito per Strasburgo, aveva fatto sapere che la sua rinuncia era^ irrevocabile; Gonella e Àndreótti non si lasciavano tentare, né l'uno né l'altro, dal pur allettante costituendo Ministero dello Sport, spettacolo e turismo; e, finalmente, anche i concentrazionisti minori si impegnavano a non cedere davanti alle lusinghe di qualsiasi Sottosegretariato. Era abbastanza chiaro 11 senso del loro atteggiamento. Che fosse o no un pretesto, fosse o no un fatto nuovo, la decisione dei repubblicani era venuta ad offrire ai concentrazionisti finalmente la buona occasione così a lungo attesa per dar battaglia contro il quadripartito. Sulla piattaforma fornita dal P.R.I., gli uomini di Concentrazione avevano perciò deciso di resistere perchè era quella la sola piattaforma che avrebbe potuto far cadere il governo senza obbligare nessun deputato democristiano a scoprirsi dando per. sonalmente un voto contrario. Bastava, per il momento, non aderire, non partecipare, Insomma limitarsi ad una forma di Aventino astensionistico. Questo sarebbe stato di breve durata, in ogni modo, perchè il tempo delle decisioni ormai stringeva. La direzione della D. C. si ritirava a Monte Mario, e nella sede dell'istituto di studi politici « Alcide De Gasperi », che sorge in via della Camilluccla, teneva riunione praticamente per tutta la giornata. I dirigenti del partito, assieme ai presidenti dei gruppi parlamentari, sono rimasti al la Camilluccia anche per l'ora dacpfnpsgq di colazione, sedendo attorno alle tavole dei giovani attivisti che si preparano all'azione di partito. Tenuti 1 giornalisti fuori dei cancelli della villa, naturalmente si è saputo ben poco dell'andamento della discussione, ma 11 suo significato generale è poi apparso chiaro, qualche ora più tardi, alla luce degli ultimi avvenimenti decisivi. Frattanto Sceiba, rimasto al plano, lavorava senza molto successo ad un ultimo tentativo di ricuperare i repubblicani. Pare che questi esigessero un prezzo troppo alto, o almeno in questi termini s'è espresso un portavoce del Viminale: avrebbero, infatti, preteso o il Ministero dell'Interno (che Sceiba intendeva conservare per sè) o il Ministero degli Esteri (che i liberali non erano disposti a cedere). Alla contestazione rivoltagli del prezzo troppo alto, Pacciardi ha risposto sdegnosamente: iti, repubblicani hanno domandato un solo Ministero. Naturalmen. te non potevano accettare un Ministero tecnico qualsiasi, né diventare ministri ad ogni costo, persino senza preoccupa¬ zioni di competenze specifiche. Né si poteva pretendere di tenerci al guinzaglio d'una maggioranza costituita senza o contro di noi ». A quésto punto l'on. Sceiba, dopo di essersi consultato per telefono con Fanfani, che stava alla < Camilluccia », si recava in udienza al Quirinale. Non si sa bene se sia stato invitato da Gronchi a conferire o se egli stesso abbia sollecitato l'incontro. Al Viminale si è detto che si trattava di una normale visita per fornire al Capo dello Stato i ragguagli opportuni sullo sviluppo della situazione; al Quirinale si sono opposti, a tutte le domande rivolte dai giornalisti, molto cortesi e sibillini: c No commerit ». Comunque il clima di quelle ore pomeridiane tra le sei e le sette sarà indicato a sufficienza quando si sarà detto che una prima voce di dimissioni era già corsa mentre ancora Sceiba si trovava al Quirinale, e che una agenzia di stampa straniera prontamente l'ha diffusa in un suo lancio flash per tutto il mondo. Sceiba è entrato da Gronchi verso le 6, rimanendo a colloquio per un'ora. Uscendo, è stato visto casualmente da un giornalista di opposizione, che ne ha definito l'aspetto come < molto nero ». Recatosi al Viminale, si è chiuso nello studio dopo aver chiamato presso di sè 4 tre sottosegretari alla Presidenza, Scalfaro, Russo e Manzini, che sono stati perciò i primi ad essere informati dell'andamento del colloquio. In sostanza, al presidente Gronchi si può attribuire un intervento determinante: di fronte all'atteggiamento dei repubblicani, di fronte all'ostinazione dei concentrazionisti, egli avrebbe fatto notare al Presidente del Consiglio che gli scopi per 1 quali si era tanto faticosamente intrapresa la chiarificazione non si potevano considerare raggiunti. Gronchi, al quale domani sarebbe toccato di Armare, in queste condizioni, 1 decreti di nomina dei nuovi ministri, probabilmente avrebbe preteso più sicure garanzie, quanto alla costituzione di una effettiva' maggioranza, prima di risolversi all'atto delle nomine. Certo è che Sceiba dal Viminale ha riferito per telefono a Fanfani, sempre alla < Camilluccia», l'esito dell'udienza. In aggiunta alle decisioni del P.R.I. e alla fronda di < Concentrazione », si era avuta dunque la manifestazione di un giudizio del Presidente della Repubblica, che è il naturale consigliere del governo: non rimaneva — 'così è sembrato a Fanfani e alla Direzione della D. C. — che prenderne atto e trarne le opportune conseguenze. Anche Sceiba, recedendo per la prima volta dal suo ottimismo semplificatore, non ha potuto che dichiararsi d'accordo. E' così cominciata l'ultima fase del lavoro. I dirigenti della D. C. ed 1 -presidenti dei due gruppi parlamentari hanno rettamente considerato che la più saggia mossa,'politica* agirebbe stata quella di rinunciare al tentativo del rimpasto, facendo comunque sapere al Paese che la responsabilità dell'apertura di una crisi formale non doveva ricadere sulla D.C., ma sul partito repubblicano. Se in queste ultime ore il Viminale aveva cercato di minimizzare il cosiddetto c fatto nuovo » repubblicano, definendolo un semplice pretesto, all'ultimo momento la direzione del partito lo ha, invece, denunciato come risolutivo. Nelle Intenzioni di Fanfan: tutte le colpe della crisi dovrebbero venire addossate al P.R.I. L'unità interna della D.C. non dovrebbe venir so¬ spettata, nè giudicate temerarie le manovre dei concentrazionisti. Trovati 1 responsabili nei cinque deputati repubblicani, le conclusioni sono abbastanza ovvie. L'obiettivo, secondo le precise dichiarazioni dei responsabili della D.C, rimane in ogni modo inalterato: si tende a fare un governo di concentrazione democratica, con la partecipazione di tutti e quattro i partiti di centro. Si tratta d) vedere chi lo potrà comporre, e. su quali basi si riuscirà ad ottenere l'adesione dei quattro: 11 problema non sembra, fin da ora, di programmi quanto piuttosto dì uomini e di ripartizione e dosaggio di incarichi. Domani, intanto, cominceranno ad avere corso le più svariate previsioni. Vittorio Gorresio Fanfani entra al Viminale dopo la riunione d.c. (Telefoto) L'on. Sceiba esce verso sera dal Viminale con 1 sottosegretari Manzini (a sin.) 0 Scalfaro. Con loro aveva esaminato la situazione dopo l'incontro con Gronchi. (Telefoto) tllllll llllllllllllIUllllllllIlllilllllllllMIIItlIllllllllllllllIIIIIIIIIIIIIIUIIIillllllllllMIIIIIIIIIMIIIIIIl inillilllllllllllllllllilllll

Luoghi citati: Roma, Strasburgo