Assassinato da un cliente sulla soglia del proprio ufficio

Assassinato da un cliente sulla soglia del proprio ufficio Un commercialista di Bvrea9 con rivoltellate alla schiena Assassinato da un cliente sulla soglia del proprio ufficio L'uccisore è un fabbricante di feretri, la cai azienda è in dissesto - Catturato da nn atletico vigile - Il delitto causato forse da follia L'invocazioni dell'agonizzante: "Non lasciatemi morire così,, - Assurde parole dell'omicida: "Volevo solo accelerare una pratica...,, (Dal nostro inviato speciale) Ivrea, 17 giugno. Giovanni Regis, notissimo commercialista di Ivrea, è stato ucciso da un artigiano della città: Pietro Cavanna, fabbricante di feretri. Dei due proiettili sparatigli alla schiena a brevissima distanza, sulla soglia del suo ufficio in via Cavour 9, uno è rimbalzato contro il portachiavi che il Regis teneva nella tasca posteriore dei pantaloni; l'altro gli ha trapassato il polmone sinistro e perforato l'intestino in più punti. Mentre la vittima spirava fra le braccia della sua segretaria, rantolando: < Non lasciatemi morire così... >, l'assassino si dava alla fuga, ma non riusciva ad andare lontano: dopo gualche decina, di metri un coraggioso vigile del fuoco l'ha raggiunto e disarmato; poi gli agenti di P, S. l'hanno portato in caserma. Per tutto l'interrogatorio, il Cavanna, come un ebete, ha continuato a ripetere: c E' impossibile che sia morto. UlIIIIIIllllIIIIlllllItlllllllllllllllllllllllIflIflIIIll Volevo soltanto ferirlo per fare uno scandalo, per sollecitare la pratica... >. Parole incredibili, assurde, come assurda è l'atmosfera in cui è maturato questo delitto. Invano si cerca un movente preciso per la follo azione del Cavanna: ogni spiegazione cade, non vi è supposizione che regga, si è indotti a pensare che l'omicida non sia altro che un povero demente. I rapporti fra i due si svolgevano soltanto su un limitato piano di affari; per il Regis, l'uomo che doveva ucciderlo era un cliente come i tanti che affollavano il suo ufficio. Il commercialista era un uomo che si era fatto da sè: nato cinquantadue anni fa a Banchette (due km. da Ivrea), dove viveva tuttora con la vecchia mamma e due fratelli, si era laureato in scienze commerciali a Torino nel '26 ed aveva aperto uno studio in via Cavour 0, al primo piano, affermandosi con la sua capacità, allargando la cerchia, della clientela a gran parte del Canavesc, alla Valle d'Aosta, anche a Torino. Ultimamente ave, va assunto due incarichi importatiti: commissario alle officine Zanzi e. curatore fallimentare del Lanificio Canavese di Castellamonte. Chi ha trattato coti lui, dice che non aveva che un difetto: quello di non decidersi mai ad inviare le parcelle dell'onorario, ed una sola passione: quella dei viaggi all'estero. Ancora ieri aveva consegnato il passaporto alla Questura per il rinnovo, Tutt'altro tipo d'uomo Pietro Cavanna, quarantasettenne, abitante anch'egli a Banchette e titolare della S.I.-L. C.A., in via Campo Sportivo n. S: una falegnameria con tre dipendenti, specializzata in feretri. Un carattere lunatico in cui si mescolavano l'avidità del denaro e l'incapacità negli affari. Viveva separato dalla moglie, fuggita quando egli la minacciò di monte, e la fabbrica andava a rotoli, tanto llllIlllllllllllllllllllllllllllllllllllIllllllllllllllllItl che i suoi operai da parecchio tempo non venivano più pagati. Il dissesto del laboratorio è appunto la molla che ha fatto scattare oggi il folle congegno del delitto. Un anno addietro la S. I. L. C. A, era stata posta in liquidazione e della sua sorte si era interessato, .oltre ad alcuni professionisti di Ivrea, anche il povero Regis. Poi era intervenuto un fatto nuovo: il giorno di Natale dello scorso 1954, H notaio Mario Barello — ora deceduto — ch'era proprietario a metà dell'azienda, aveva restituito le sue azioni al Cavanna. Il gesto aveva generato in questo un sordo rancore; ad alcuni aveva detto: < Vedete t Ora che. le cose vanno male, tutti mi abbandonano... >, poi aveva iniziato le pratiche per cercar di non pagare quanto doveva ai liquidatori. In tutta la complicata vicenda, come si vede, il Regis non aveva avuto . che una parte assai limitata: eppure la feroce ira del Cavatina si è scaricata proprio contro di lui. In questi mesi non l'aveva avvicinato che pochissime volte e sempre si era mostrato calmo, apparentemente remissivo: d'improvviso, con una svolta tipica di certe forme di follia si giunge al delitto. Ieri pomeriggio .— era una giornata afosa, opprimente, e forse questo ha contribuito a sconvolgerne le facoltà già annebbiate — il Cavanna partì in < motoscooter »: si recò ad Aosta; acquistò una pistola, calibro 6,35 e sei proiettili. Alle SI suonava alla porta dell'alloggio del Regis, d Banchetto. Questi non lo ricevette, ina gli fece dire dalla nipote Silvana che venisse il mattino dopo a trovarlo in ufficio. Il Cavanna attese una mezz'ora armeggiando attorno al suo scooter — chi lo osservava ebbe l'impressione che fingesse di riparare un guasto, ma forse attendeva che il commercialista uscisse — poi, vista inutile l'attesa, partì. Andò nei pressi di Pavone e scaricò in aria due colpi: ha detto, durante l'interrogatorio, che vo leva provare il funzionamento dell'arma. Siamone alle 8,30 salì all'ufficio di via Cavour 9. C'era solo la segretaria, Clelia Aimone, che gli disse di attendere. Il Cavanna tornò nell'androne; quando passò il rag, Diego Babaio, collaboratore del Regis, lo salutò cordialmente. Alle 9J.5, puntuale come tutte le mattine, giunse ti commercialista. Che cosa si siano detti i due, non si sa: nessuno ha visto nè inteso nulla. Sul pianerottolo dell'ufficio rintronarono due spari. La segretaria corse fuori: jj principale giaceva riverso, ma attorno non vi era sangue. Con il rag. Saboto fece in tempo a trascinarlo dentro ed a raccoglierne le ultime parole, pronunziate in dialetto: < Non lasciatemi morire così >. Un rantolo, poi piùnulla. Lo sparatore, frattanto, si era dato alla fuga per corso Cavour. Ma il vigile del fuoco Pietro Gambullo — un pezzo d'atleta, pieno di coraggio, già decorato per atti di valore compiuti jiel Polesine — aveva udito gli spari e piombò su di lui, lo disarmò, lo trascinò in un negozio vicino. L'assassino tremava di paura: « Non fatemi male! — supplicava — Vado in prigione da me... >. Due agenti lo portarono in caserma; qui lo interrogò il sostituto Procuratore della Repubblica Cordone. A lui l'assassino ha continuato a ripetere, in un'ossessionante litania: < Volevo soltanto ferirlo, per accelerare la pratica >. In giornata è stato portato alle carceri. Il dott. Griva, dell'Istituto di medicina legale di Torino, ha eseguito l'autopsia della salma del povero commercialista. Il colpo che l'ha ucciso è stato esploso dall'alto in basso, a non più di venti centimetri di distanza: ha attraversato un polmone e l'intestino, si è arrestato nell'interno, presso l'anca sinistra. Un colpo solo: e la.fatalità ha voluto che fosse mortale. c. m. Giovanni Kogis, l'ucciso Pietro Cavanna, l'omicida