Le drammatiche fasi della battaglia

Le drammatiche fasi della battaglia Le drammatiche fasi della battaglia {Nostro servigio particolare) Buenos Aires, 16 giugno. Reparti della Marina e dell'Aviazione sono insorti oggi, poco prima di mezzogiorno, contro Perón ed hanno attaccato la residenza del Presidente, gli uffici governativi e la stazione, radio della Capitale. L'Esercito, rimasto fedele al generale, ed I sindacati, obbedendo all'ordine di mobilitazione lanciato dalla C.G.T., hanno respinto 11 tentativo rivoluzionario dopo alcune ore di duri combattimenti. Alle ore 18 circa Perón stesso ha annunciato, in una allocuzione radiodiffusa, che la rivolta era domata, che il Comando rivoluzionario è stato fatto prigioniero, e che i « criminali » saranno duramente puniti. Immediatamente prima che il generale rivolgesse al paese il suo radio-discorso, un comunicato ufficiale del governo già aveva affermato che « la situazione era tornata normale » e che la rivolta era stata domata, pur confermando che rimarrà in vigore, in tutto il territorio della Repubblica, lo stato d'assedio proclamato nel pomeriggio, mentre erano in corso i combattimenti nel centro di Buenos Aires. Infatti, se la brevissima guerra civile è già terminata, il paese è tuttora in preda alla più grave crisi che abbia attraversato dal momento in cui Perón salì al potere. La rivolta è scoppiata esattamente alle ore 11,50 di que¬ sta mattina, poco dopo che la Congregazione Concistoriale del Vaticano aveva confermato la scomunica a Perón. E' stata la Marina, appoggiata dall'Aviazione e da una piccola parte dell'Esercito, ad aprire le operazioni con un attacco improvviso, che ha colto di sorpresa il governo e le forze fedeli ad esso. Il segnale della rivolta è stato dato da una rapida incursione, che dieci minuti prima di mezzogiorno una esigua formazione di reattori ha effettuato sulla Casa Rosada, sede del governo e residenza di 'erón. Due bombe sono cadute sull'edificio, le altre sulle strade vicine Pochi istanti dopo, la Casa Rosada era attaccata da un reggimento di fanteria, giunto dalle caserme del Campo de Vago, situato ad una quindicina di chilometri dalla città. Era partita da quelle stesse caserme la insurrezione armata dèi £8 set-, tembre 1951, di cui allora il regime peronista riusc ad aver ragione in brevissimo tempo, come questa volta. Quando gli aerei hanno effettuato l'incursione sulla Casa Rosada, il presidente, secondo attendibili informazioni, pare fosse già andato via-, Perón va solitamente in ufficio poco prima dell'alba e ne esce verso mezzogiorno. Precisazioni, comunque, è stato impossibile averne; e non si può sapere dove il generale abbia parlato stasera alla radio. Ma nel palazzo restava la guardia presidenziale, detta dei < granatieri di San Martino » che ha do- vuto fronteggiare l'azione improvvisa delle truppe attaccanti. I rivoltosi hanno effettuato l'assalto al palazzo del Governo servendosi di mortai, di mitragliatrici e di un crepitante e serratissimo fuoco di fucileria. I granatieri hanno resistito per una decina di minuti all'aperto, poi hanno dovuto ripiegare nell'edificio in attesa di rinforzi, che sono affluiti con tempestività, richiamati per radio. Dapprima un plotone di una cinquantina di uomini è riuscito a farsi strada fra gli insorti ed è entrato nella Casa Rosada attraverso una porta laterale; poi hanno cominciato ad arrivare rinforzi cospicui, fra cui sei carri armati ed autoblindo. La piazza del Congresso e la vicina Pinza de Mayo, dove sorgono la Cattedrale e la curia, ed era stata teatro di gravi incidenti nei giorni scorsi, si sono trasformate in campo di battaglia. La gente che era stata sorpresa in quella zona centralissima dall'inizio della insurrezione, ha cercato riparo nei portoni, nelle case, nei negozi. Il successo dei rivoltosi si.è molto giovato inizialmente della' sorpresa, che ha messo a mal partito la guardia presidenziale e t primi esigui rinforzi sui quali ha potuto contare per circa una mezz'ora. Negli altri quartieri della capitale la notizia è giunta come una folgore, ed il panico è stato tremendo. I negozi hanno abbassato precipitosamente le saracinesche e la gente, bloccata in casa, ha cercato di sapere dalla radio quello che stava capitando. Ma la « guerra delle onde », iniziata subito dalle due parti, accresceva la confusione ed il terrore. I rivoltosi parlavano da Radio Mitre, esaltavano il successo riportato dalla ribellione, comunicavano di avere in mano parte della provincia (fra l'altro, la città di Rosario, la seconda dell'Argentina). Lo speaker proclamava: *La rivoluzione democratica e cominciata! Il tiranno è morto! » Al tempo stesso la radio statale denunciava come banditi i rivoltosi, additava all'infamia nazionale t comandanti della marina che avevano scatenato l'insurrezione ed annu?ic»ava una rapida liquidazione della sommossa, anche quando i combattimentt continuavano ancora con esito incerto. Se l'esercito avesse fatto causa comune con i rivoltosi, il regime peronista sarebbe certamente caduto; ma soltanto pochi reparti di fanteria hanno appoggiato Marina ed Aeronautica, che avevano organizzata la ribellione. I rivoltosi hanno cercato perciò di fare affidamento su di una nave da guerra, che nel pomeriggto ha bombardato Plaza de Mayo dal largo del porto t lugli aerei che — partiti dalla base aero ■ navale di Punta Indio — hanno compiuto ripetute incursioni sul centro della città. Ma queste azioni non sono state sufficienti. Quando le forze governative, riorganizzatesi dopo la sor¬ presa iniziale, sono passate ai contrattacco, Perón ha dato ordine che venissero attaccati il ministero della Marina, quartiere generale della rivolta, e l'Istituto di Tecnica .Vavale, i cui uomini avevano preso le armi con la Marina contro il Governo, I combattimentii perciò, si sono estesi nel cèntro della capitale, mentre il capo dei Sindacati, Hugo de Pietro, mobilitava i « descamisados ». Gli ordini agli iscritti alla Confederazione generale del Lavoro erano draconiani: tutti i lavoratori hanno ricevuto disposizione d'impadronirsi di tutti gli automezzi pubblici e privati e di uccidere, se fosse necessario, i conducenti che si opponessero alla requisizione; con questi mezzi dovevano confluire verso la piazza, del Congresso, fornendosi di tutte le armi che potessero trovare, e prendere alle spalle i ribelli, impegnati davanti alla Casa Rosada. Sembra che l'ordine sia stato seguito da gran numero di lavoratori, e che il loro intervento abbia contribuito a far indietreggiare i rivoltosi. Si sono visti grossi cortei di operai muovere verso il centro al grido scandito « Perón! Perón! ». Verso le ore 15, la situazione precipitavo, a vantaggio dei governativi. Un vuoto si creava sotto la protezione dei carri armati e delle autoblinda attorno al palazzo del governo; gli attaccanti ripiegavano sotto l'incalzare della reazione. Dalla Casa Rosada cominciavano ad uscire i primi feriti: in parte erano civili, impiegati; in parte militari, soprattutto membri della guardia presidenziale. Il movimento delle ambulanze, che si facevano strada con l'ululato delle sirene, era incessante. Il governo, in forte vantaggio, poco dopo le 15 faceva diramare dalla radio statale un comunicato per annunciare che la rivolta era domata, che uno degli aerei che avevano effettuato l'incursione era stato abbattuto, che altri tre erano stati costretti ad atterrare, che la base da cui erano decollati, quella di Punta Indio, sarebbe presto stata ridotta all'impotenza. Alle 15,S6 invece la capitale è stata investita, nuovamente e in miniera massiccia, da due ondate di bombardieri che nel giro di otto minuti hanno sganciate una dozzina di bombe nella zona della Casa Rosada. I bombardieri si erano appena allontanati quando sono apparsi nel cielo di Buenos Aires due formazioni di reattori da caccia, che hanno mitragliato rapidamente la Casa Rosada e si sono allontanati indisturbati. La lotta riprendeva accanita, con sparatorie in più punti della capitale con alterna fortuna. Alle ore 16 il governo proda mava lo stato d'assedio in tut-ta l'Argentina, quantunque nella sola provincia di Rosario, a quanto sembra, i ribelli abbiano tentato un colpo di mano. Che cosa sia aocaduto esat- tamente dalle 16 alle 18, è ancora impossibile da appurare. Notizie frammentarie, contraddittorie — talora fantastiche si sono accavallate di minuto in minuto: che i ribelli avevano preso la Casa Rosada, che una bomba aveva distrutto un autobus gremito, che c'erano stati scontri aerei, e via dicendo. Ma alla fine i carri armati, le autoblindo e le truppe fedeli a Perón hanno rastrellato le zone dei combattimenti, costringendo alla resa i reparti insorti. Alle 18 erano cessati i combattimenti e Perón poteva annunciare alla radio la sua vittoria. Il generale, che ha parlato per sette minuti con la voce rotta dall'emozione, ha annunciato la completa vittoria sui rivoltosi e che i capi responsabili erano stati catturati; quindi ha denunciato in termini violentissimi gli ufficiali della Marina « venuti meno al loro dovere » per scatenare « la loro ira non contro militari, ma su inermi cittadini >. Quindi il Presidente ha energicamente sottolineato la fedeltà dell'esercito ed ha avuto paro/e di caldo elogio per i lavoratori, i quali — come già nel 1951 — hanno risposto prontamente all'appello loro rivolto. « Coloro che hanno sparato contro il popolo — ha continuato Perón — sono dei traditori e dei codardi. Ogni volta che si leveranno contro di me, i ribelli si vedranno impartire una dura lezione. Ognuna di queste lezioni sarà più dura e spietata della precedente. E' quello che si meritano ». Poi ha concluso \con un altro appello alla cai ma, dicendo ai suoi fedeli: c Avete tutto il diritto di sentirvi indignati per quanto è accaduto. Tuttavia, prima di agire, dovete ragionare e mantenervi tranquilli >. La situazione, peraltro, sembra assai meno tranquilla di quanto il generale non abbia affermato. Anzitutto Perón stesso ha riconosciuto che, per quanto la rivolta sia « completamente domata », restano ancora « da eliminare alcuni focolai di resistenza^. In secoìir do luogo, le vittime degli scontri di oggi — delle quali è impossibile fare fino a questo momento qualsiasi calcolo, ma che ammontano certo a molte decine di morti — lasceranno uno strascico di odi assai grave. Infine c'è stata una vera scissione nelle forze armate. Alle SO di questa sera una parte dell'Aviazione era già uscita dai confini nazionali. A brevissima distanza l'uno dall'altro, oltre SO aerei militari argentini erano già atterrati al. l'aeroporto di Carrasco, in Uruguay, quasi in vista di Buenos Aires, e gli equipaggi hanno chiesto asilo politico alla vicina repubblica. Sembra che anche due navi da guerra, fra cui una nave-scuola, abbiano lasciato la loro base per cercare riparo a Montevideo. In Uruguay sarebbe fuggito pure il generale Leon Justo Bengova, un ex-amico di Perón passato ora alla dissidenza. Divampano ancora nel centro di Buenos Aires grandi in cendi. Sono in fiamme la Cat tedraìe, la chiesa di San Fran-cesco, la chiesa della Mercede ed altri edifici vicini alla Ca-sa Rosada; i vigili del fuoco stanno cercando di limitare i danni. Fra i molti edifici colpiti c'è anche l'Ambasciata americana, che ha avuto tutte le finestre spaccate dagli scoppi. Secondo informazioni attendibili, venti morti sareb bero stati raccolti in Plaza de Mayo, dieci o dodici in Piazza Colon, ed altri molti lungo le strade che attraversano il centro. Un gruppo di dimostranti peronistl Inscena una manifestazione nelle vie di Buenos Aires portando impiccati su lunghe aste pupazzi raffiguranti del sacerdoti. (Radlofoto)