Il caso Vidali

Il caso Vidali Il caso Vidali Per cercar di spiegare il «caso» Vidali occorre rifarsi molto indietro, al lontano 1943, ed occorre conoscere, almeno superficialmente, la personalità del Vidali stesso. Ho detto per « cercar di spiegare » e non per. spiegare; perchè nulla risulterà chiaro nemmeno quando, domenica, si riunirà l'attivo del partito comunista triestino che, si ricordi bene, non è gerarchicamente dipendente dal partito comunista italiano. Dal 1943 al 1946 questo ultimo si è trovato . nella necessità di manovrare abilmente, nel campo delicatissimo del problema triestino, di fronte al partito confratello di Jugoslavia e di fronte allo stesso Cremlino. Si trattava di conciliare due tesi antitetiche: quella di Mosca, che voleva dare l'intera Venezia Giulia a Tito e quella degli italiani tutti che non volevano dargliela e che avrebbero visto di mal'occhio il nascente partito di Togliatti se sic et simpliciter avesse sostenuto la tesi russa. . I documenti del periodo clandestino (1943-'45) furono pubblicati, dopo la rottura tra il Cremlino e Belgrado, dagli jugoslavi. Da essi risulta che il comunismo italiano si è sempre qmfisctmddavpvdncjattttTtfbCstfidmsopVzsapdestreggiato, dando un col-'gpo al cerchio ed uno aliai abotte. Esso cercava di fronteggiare il nazionalismo jugoslavo, che voleva ed ebbe anche terre perfettamente italiane, con dichiarazioni ripetute sulla italianità delle terre stesse, per tenersi buoni i nostri concittadini; ma, necessariamente, doveva lasciare che le cose andassero per il verso voluto da Mosca. Quando Tito, nel maggio 1945, occupò Trieste, buona parte degli attuali gerarchi vidaliani furono suoi entusiasti seguaci. Tanto che, sostenendo essi troppo apertamente l'annessione di Trieste alla Jugoslavia, il Partito comunista italiano, già nell'estate del '45, provocò la creazione di un Partito comunista giuliano, per non subire, in Italia, le sfavorevoli ripercussioni di tale atteggiamento. Nel gennaio 1946, il primo minacciò addirittura la sconfessione del secondo, se aves se persistito nel suo atteggiamento anti-italianó. Allora Vidali non c'era abitava nel Messico, da lun go tempo. Sua moglie è, infatti, messicana. Egli non era, quindi, un uomo com promesso nei riguardi di Tito ed andava benissimo per la nuova politica dei russi e dei comunisti italiani nei confronti di Belgrado. Perciò Stalin lo inviò a Trieste, nel 1947, quando già sull'orizzonte russo-jugoslavo stava sorgendo la nube della non mai morta ambizione del Dittatore croato di divenire il capo di una Federazione balcanica. Questa e l'applicazione della riforma agraria furono, notoriamente, le cause della rottura tra Belgrado e Mosca, avvenuta il 28 giugno 1948. Vidali, uomo non compromesso, energico, intelligentissimo, volitivo e coraggioso sbaragliò i comuni ti filo-titoisti di Trieste ed aggregò a sè circa i quattro quinti del partito triestino. Fu l'uomo più odiato, in questi ultimi sette anni, dai comunisti jugoslavi e la sua politica coincise con quella del P.C.I. e seguì quella di Mosca. Cambiandosi, oggi, la politica sovietica nei riguardi della Jugoslavia, occorre cambiare l'uomo. I seguaci di Vidali sono tutti compromessi nei riguardi di Tito, perchè, dopo esserne stati entusiastici fautori, vomitarono sulla Jugoslavia le più infamanti ingiurie. Sono tutti uomini di secondo piano, meno uno, il Radich, che è, però, un sindacalista. Non sarà facile trovare localmente il nuovo capo, a meno' che non si ricorra ai pochi rimasti fedeli a Tito; Stoka, Babich e Laurenti sono le persone più in vista. Ma sarebbe pericoloso sceglierli, perche potrebbe essere una via per estraniare, dalla nuova tendenza, buona parte della massa operaia triestina. H problema della sostituzione è, perciò, complesso, dpfrctflino incontrato Vidali, per1 ragioni d'ufficio, quando ero consigliere politico a Trieste; ma lo avevo già conosciuto prima di esserlo. Egli è un comunista puro, legato a Mosca nel modo più stretto, considerato — si dice dal Cremlino come uno dei numeri « uno » del comunismo mondiale. Vidali è un politico finissimo, un possibilista ad oltranza; può essere impulsivo, ma. sa moderarsi come ogni uomo di alta scuola politica. Egli non poteva diveni- ra, oggi, filo-tltoista perchè,1 questa volta, era compromessot in senso opposto, fino ai capelli; nessuno dei suoi seguaci gli avrebbe più creduto ed il comunismo triestino sarebbe stato realmente scosso da una raffica di bora, com'egli stesso ha detto. Vidali si è probabilmente auto-sacrificato. Non è giovane, ma può attendere; perchè è ancora pieno di vita e di forza. Può attendere il suo turno che tornerà o prestissimo se. le conferenze politiche russojugoslave non approderanno a nulla o in un lontano futuro se vi saranno altre al talene nella politica sovietica. Vidali è un comunista troppo puro per creare,, a Trieste, un partito dissidente da Mosca. Sé lo dovesse fare, anche questo potrebbe avvenire d'accordo con il Cremlino, per lasciare al sempre infido Tito una brut ta spina nel fianco al con fine jugoslavo. E se oggi dovesse fare atto di ammenda si ritirerebbe lo stes so; e se non si ritirasse oggi si ritirerebbe in un prossimo domani. Perchè Vidali sa che la sua presenza nuocerebbe al comuni smo triestino: i giuliani amano troppo la coerenza per ammettere capriole del genere nel volgere di pochi i anni..Perciò sul « caso » Vi- dali è bene non farsi troppe illusioni; resta, però, il fatto che la nuova politica russa incrinerà molto la compattezza dei comunisti triestini e non avrà certo favorevoli conseguenze per lo stèsso Partito comunista italiano. . Diego de Castro