Trenta milioni di copie di Mario Gromo

Trenta milioni di copie VOLTI E ISTANTI DEL GIAPPONE Trenta milioni di copie (Dal nostro inviato speciale) Tokio, maggio. Qui i bambini sembrano tutti dei piccoli montanari: occhi vìvidi e guancie di mela matura, dal rosso acceso al rosso mattone. A quattro anni cominciano a frequentare la prima scuola, per due anni disegnano e dipingono, si fanno così un po' la mano prima di affrontare questa minuziosa pittura-scrittura. Ma poi indossano l'uniforme turchina (calzoni lunghi, giubba chiusa, berretto con la visiera di tela cerata), le loro guancie si spengono, ingialliscono, e lo sguardo si fa un po' triste. Sono alle prese con quello che è il loro alfabeto. Fino a poco tempo fa contava tremila lettere, se così si possono chiamare, scelte come d'uso più frequente tra circa quarantamila; ora sono state ridotte a milleottocento; e le scuole elementari durano nove anni, di biennio in biennio si affronta un determinato gruppo di questi complicati geroglifici fantasiosi, I giornalini per ragazzi ne tengono il dovuto conto, ce ne sono per quelli dai sei agli otto anni, o dagli otto ai dieci, e così via, composti soltanto con i segni che di biennio in biennio i piccoli lettori abbiano potuto apprendere. E anche questo li stratifica, li. disciplina, e un po' li immobilizza, e un po' li chiude. Ma la lotta con questa scrittura non finisce con le.scuole; per molti, su per giù, contìnua per tutta la vita. La grafìa giapponese è stata desunta da quella cinese, soltanto i suoni sillàbici sono cinquanta, il segno è concettuale-figurativo ma la pronuncia può esserne variabile, il tempo passato è sempre netto ma il presente può essere facilmente confuso con il futuro; e la persona è indicata anche da inflessioni di pronuncia molto sottili, ricordano il maggiore o minore rispetto un tempo dovuto a questa o a quella casta feudale. 1 maschi hanno loro peculiarità di linguaggio, le femmine altre; le grafìe dei nomi proprii si prestano a diverse letture; e una macchina da scrivere t'impensierisce. Sotto il solito rullo ci sono due cassetti sovrapposti, ognuno con millecinquecento caratteri mobili, come quelli dei tipografi. Quando si deve imprimere un segno, anzitutto si sceglie e si mette alla giusta portata il cassetto che lo contiene; si premono poi i tasti corrispondenti; e allora una leva prensile si abbassa, afferra il carattere, si rialza portandolo dinanzi al foglio sul rullo, lo costringe alla battuta, si riabbassa per ricollocarlo al suo posto, e si rimette infine in posizione. Più che uria macchina da scrivere è .uria compositrice-stampatrice dotata di tremila segni a percussione, i giornali ne ricevono le impronte per telefoto. * * Di fronte a tali mezzi di scrittura, complicatissimi e lenti, per ogni frazione di concetto e di frase un meticoloso arabesco, il Giappone cosiddetto « moderno », quello delle officine e delle guerre, di un'ottima radio e di una eccellente televisione, si crederebbe, avesse senz'altro adottato i caratteri romagt, occidentali. No, giornali e libri per lo più conservano la grafìa tradizionale, e la lettura s'inizia quindi dall'ultima pagina, e procede dall'alto in basso, a linee verticali, e da destra a sinistra. Si dovrebbe allora supporre che la carta stampata fosse per pochi, forse per pochissimi; ce n'è invece un diluvio, l'analfabetismo è da tempo scomparso, tutti leggono, anche se molti, per le difficoltà che si sono ricordate, credano di saper leggere. Infatti qua e là s'inciampano, s'arrestano, si orientano; suppongono, decifrano, stabiliscono; e infine ripetono, riagganciano e riprendono. Non per nulla una recente iniziativa dei tre più importanti quotidiani ha costituito un comitato di esperti con il compito di stU' diare e definire più semplici grafìe, se non altro per i termini più frequenti della politica e della tecnica, della cronaca e dello sport. (Questo è un po' il paese delle laboriose difficoltà apparentemente inutili; il go, una specie di dama, ha trecca tosessanta pedine). I quotidiani sono circa due cento, con trenta milioni di copie al giorno, per una popolazione di circa novanta milioni Si calcola quindi che ogni famiglia acquisti in media da una a due copie di giornale; e a Tokio esce un quotidiano esclusivamente dedicato agli studenti delle scuole medie. La Kiodo, la più grande agenzia di .qui, riceve da ogni parte del mondo, con i più diversi mezzi, trecentomi la parole al giorno, ne utilizza sì e no diecimila; ha settanta cronisti sempre dislocati nei va rii quartieri della città, e cinquanta informatori politici, collegati all'agenzia con un filo diretto da ogni ministero Ma la vera onnipotenza è dei q«cuansVcclSmndoctprsmtglsgstgmarornzd i a , a i a n a a i quotidiani, e soprattutto dei tre « grandi », ciascuno dei quali, con le successive edizioni, ha una tiratura che va dai cinque ai sette milioni di copie. Il Manichi è tecnicamente impostato su formule un po' americane, VAsahi su altre un po' britanniche, il Yomìiuri è invece tecnicamente quasi amorfo, e di una lievissima tendenza laburista. Sono tre grossi giornali d'informazione, sotto sotto alquanto nazionalisti; ma non risentono di ideologie anche larvate, bada ognuno ai suoi interessi molto concreti, che sono essenzialmente quelli di una grandissima impresa editoriale, che dà cospicui redditi ai suoi proprietari. Queste tre testate praticamente dominano e quasi monopolizzano tutta la stampa del Giappone, gli altri giornali si limitano alle loro zone di provincia, e subiscono la concorrenza dei tre che giungono dovunque con qualsiasi mezzo, non escluso l'elicottero. Durante il quindicennio di guerra i tre « grandi » furono molto sorvegliati e imbrigliati, anche con ripetuti sequestri; riebbero una loro libertà con la occupazione americana, che però favorì piuttosto i giornali minori, specialmente con assegnazioni di carta. E poiché i tre « grandi », per evitare i bombardamenti, avevano gradualmente trasportato i loro impianti in provincia, e finita la guerra si riattrezzarono con macchinari nuovi, i vecchi impianti, forzatamente venduti a basso prezzo, furono una insperata risorsa tecnica per i giornali provinciali, che ancora aumentarono le loro tirature. Fu così che si giunse agli attuali complessivi trenta milioni di copie. * * Il più potente come organizzazione razionale è il Mainichi. Con le sue due sedi di Tokio e di Osaka, e con le sue due versioni (la giapponese e l'inglese) per ciascuna delle due città, ha in tutto circa diecimila dipendenti, le due redazioni di Tokio hanno milleottocento redattori, Ma i tre « grandi », trascorse ormai le prime lotte, non sono mai in concorrenza fra di loro, hanno costituito una specie di tàcito « cartello », sono sempre e in tutto d'accordo. Di questa ferrea intesa si ebbe l'episodio più clamoroso poco prima della caduta del governo di Oshida, che si andava tea l'altro mostrando non alieno da eventuali misure restrittive della libertà di stampa: i tre giornali, contemporaneamente, pubblicarono un solenne e perentorio invito al governo perché si dimettesse, 10 chiedevano « in nome della pubblica opinione ». Sono praticamente gli accentratori anche di ogni e qualsiasi attività culturale, teatri, concerti, conferenze, mostre e pubblicazioni d'arte. Non si fa nulla che non sia sotto il loro patrocinio; e di tutto fanno le spese, sicuri che quella forma indiretta di pubblicità darà i suoi frutti. Qualsiasi loro concerto ha i biglietti esauriti due, tre mesi prima. Una mostra dei « tesori » del Louvre, organizzata dalVAsahi a Tokio e a Osaka, ebbe in due mesi dieci milioni di visitatori, ininterrottamente passavano dinanzi ai quadri senza mai fermarsi, a passettini brevi, saltellini rapidi, fuori la coda era sempre di un mezzo chilometro. Queste e altre iniziative, anche per lo sport, fanno sì che i tre giornali si vendano come si vendono, e abbiano quindi almeno metà dello spazio occupato da una straripante pubblicità. Posseggono dai venti ai trenta aerei ciascuno, e la storia delle prime fortune dei tee « grandi » ha pagine ed episodi romanzeschi. A Osaka, sul tetto dell' Osaka Mainichi, il direttore fece installare un potente cannocchiale per carpire chissà quali segreti attraverso le vetrate delì'Osaka Asahi; si era nel 1906, la guerra divampava in Manciuria, due quotidiani si battevano a colpi di edizioni straordinarie; pochi anni dopo i due giornali andavano all'assalto di Tokio, vi si installavano, e, sempre ferocemente odiandosi, la conquistavano. Il terremoto del '23 distrusse Tokio e Yokohama; ma la mattina dopo il <t padrone » del Mainichi, seguito da tre fattorini con grosse valigie colme di denaro, si presentò a ogni superstite distributore per dargli subito i quattrini per ricostruire la sua bottega, a patto che d'allora in poi distribuisse soltanto 11 Mainichi. Lotte senza tregua, i prezzi di vendita ribassati a oltranza, offerti agli abbonati biglietti per cinema, sconti sulle merci più divèrse, buoni per altrettanti chili di riso; fin quando ci si accorse che un accordo sarebbe stato più proficuo di qualsiasi lotta, entrò nella tàcita alleanza anche ì'Yomiuri, e la potenza dei tre fu di granito * * 11 giapponese è mattiniero, gli Fsupvgdbistrsmggcptlsmcasv(lc~ ".",,7 °" sono familiari 1 rumori dell alba. Finisce la guardia notturna il suo ultimo grido («Prima di uscire spegnete tutti i fornelli»), poi si ode il « nato nato » del venditore di chiocciole, poi il gong dei templi buddisti seguito dai felpati rulli di tamburo dei bonzi che invocano gli dèi, e infine, come spenti fruscìi - se sono a piedi nudi, o con rapidi ticchettìi se hanno gli zoccoli, i ragazzi che fanno le loro corsettine di soglia in soglia, prima d'andare a scuola si guadagnano qualche soldo, portano i giornali agli abbonati. Il primo sorso di té è ingerito con lo sguardo sulla carta stampata. Non se ne stacca, sull'autobus o in metro, chi si reca al lavoro. Ma ha già comprato la seconda edizione, la prima rimane a casa, per le donne. Non c'è venditore ambulante che non abbia il suo giornale, i periodici sono più di duemila. E una rivista letteraria, il Bungei Simnju ( « La primavera e l'autunno delle lettere»), ha una tiratura di circa mezzo milione di copie. Mario Gromo fiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Persone citate: Bungei