Un confuso chiarimento

Un confuso chiarimento Un confuso chiarimento Non si può lasciare l'Italia senza governo. Ed al punto al quale siamo giunti, il pericolo è proprio questo. Dopo tanto discorrere di aperture a destra o a sinistra e di altrettanti chiarimenti siamo caduti pella confusione generale : tutti vogliono qualche cosa e nessuno sa quello che vuole. Se le dimissioni dei ministri socialdemocratici saranno confermate si saprà almeno che una crisi ministeriale c'è e la distinzione tra dimissioni formali e sostanziali non avrà più ragione di essere. Del resto, la distinzione, portata sul piano polemico e posta, quasi, come una questione di legittimità, era priva di base. Anche oggi vale la pena di qualche rilievo. Se l'on. Sceiba si presenterà al Presidente Gronchi senza che un voto di sfiducia del Parlamento o le dimissioni dei ministri abbiano creato una nuova situazione di maggioranza parlamentare, le dimissioni dovranno considerarsi formali ed il Presidente dovrà respingerle. Il Governo della nostra Repubblica si regge unicamente sul voto del Parlamento. Il Presidente della Repubblica non «nomina e revoca » i suoi ministri. La prerogativa già sancita dallo Statuto Albertino era stata si corretta dalla prassi, ma era rimasta nella lettera dello Statuto e nello spirito dei re: come seppero Minghetti nel '64 e Crispi nel '96. Si potrebbe aggiungere: come seppe anche Mussolini, se fosse mai stato ministro della monarchia costituzionale. Per la Costituzione repubblicana il Presidente nomina i ministri: che non sono, però, i suoi ministri, ma i ministri del Parlamento. E' questo che, con il voto di fiducia, dà al Ministero la piena investitura: e, con il voto di sfiducia, esercita il diritto di revoca'. Non c'è, quindi,» dubbio chéy se il Gabinetto Sceiba- si manterrà compatto, ed il Presidente del Consiglio si presenterà al Presidente della Repubblica armato di nove o dieci voti di fiducia, il Presidente non potrà far altro che considerar «formali » le dimissioni, e respingerle. Non si dica che l'on. Gronchi non deve dimenticare il modo della sua elezione e la combinazione di maggioranza che lo ha elevato alla prima magistratura della Repubblica. Non solo la deve dimenticare; la deve ignorare. Il Presidente della Repubblica è scelto dal Parlamento perchè sia il custode e, in limiti stretti, l'interprete della Costituzione. La maggioranza che si forma sul nome dell'eletto non implica un indirizzo politico. E se può essere, come è in questo caso, l'indice di mutati rapporti tra Parlamento e partiti e tra Parlamento e Governo, non spetta al Presidente della Repubblica considerare la natura di questi rapporti, ma al Presidente del Consiglio. Non spetta, cioè, all'or, gano prevalentemente costituzionale, ma all'organo essenzialmente politico. Ben si intende che, di fronte ad un voto della Camera o ad una dimissione di ministri, il Presidente della Repubblica come organo eminentemente costituzionale non può riaffidare l'incarico al Presidente uscente se non dopo essersi accertato che intorno al suo nome possa costituirsi una maggioranza parlamentare. La funzione del Presidente della. Repubblica si esercita in rapporto a quella che fu la situazione parlamentare che già determinò la nomina del Presidente del Con siglio ed alla situazione attuale del Governo in sè considerata: non si esercita af fatto in rapporto alla situazione che determinò la maggioranza raccoltasi intorno al nome del Presidente del la Repubblica, n Presidente della Repubblica non ha con il voto ricevuto alcun mandato: anzi, proprio il vóto delle Camere riunite ed il fatto che la sua elezione non sia in alcun modo con' nessa, dal punto di vista costituzionale, a rapporti con il Governo e con i partiti, esclude che egli riceva un mandato od anche, semplicemente, un orientamento politico per il suo settennato. Allo stato delle cose, quindi, spetta al Presidente del Consiglio esaminare la situazione politica e trarne le conseguenze. Nel caso del Governo presieduto dall'on. SGtvetsdgcPsdstalfsfipmprpinmltpsedcnCppdgmipnmtspmsStlnddm n e l i o a a n a a , , i e e e i o a . e a u e o l e n o l e ' n i, n io ne, e a e el n. Sceiba, trattandosi di un Governo di coalizione, spetta anche ai ministri il dovere di esaminare e di con eludere. La situazione politica e parlamentare dev'essere ignorata dal Presidente della Repubblica fin che non gli si presenti nella forma costituzionale del voto del Parlamento o delle dimissioni dei ministri; ma non dev'essere ignorata dal Pre sidente dèi Consiglio. Spetterà dunque all'on. Sceiba avvertire il Presidente della Repubblica del carattere formale o sostanziale delle sue dimissioni. Ora mi sembra assai difficile che l'on. Sceiba possa parlare di dimissioni for mali. Se l'on. Gronchi deve, prestato il giuramento, ignorare il modo e la sostanza politica della sua elezione, il Presidente del Consiglio non può ignorare nè quel modo nè quella sostanza nè le polemiche che son seguite e seguitano ancora. Non può il Presidente del Consiglio ignorare quel che dice e scrive il suo vice-presidente in aperta polemica con il partito democristiano : non può il Presidente del Consiglio ignorare tutta la politica del segretario del partito liberale on. Malagodi, che fu il primo ad osteggiare il Quadripartito ed a metterlo in crisi. Non può ignorare che il partito repubblicano ha dichiarato di non far più parte della maggioranza e si è comportato in conseguenza. E se tutto questo il Presidente del Consiglio non può ignorare, non può nemmeno nasconderlo al Presidente della Repubblica. Spetta dunque al Presidente del Consiglio presentare la crisi come sostanziale e non come formale. Se questo avverrà il Presidente della Repubblica può prendere atto delle dimissioni e iniziare le consultazioni come può rimandare il Governo davanti le Camere a richiedere un voto per chiarire del' tutto.la situazione, Ma- questo sarà possibile solo se il Governo si presenti compatto al nuovo Presidente. E qui comincia la confusione. Può dirsi compatto un Governo i cui membri parlano come il vice-presidente Saragat e l'on. Villabruna? Può dirsi, anzi, in vita un Governo quando non solo, da mesi si parla della sua crisi, ma già si fanno i nomi per una nuova formazione? E qui la confusione si aggiunge a confusione. Se questa Camera non tollera più il Quadripartito, se non vuole e non può ricomporlo, essa non è in grado di esprimere una maggioranza tranne il caso di una aperta alleanza tra democristiani e socialisti nenniani. Ma se non è da escludere che i socialisti prestino i loro voti più che ad un governo democristiano al progetto di legge di questo o quel ministro, è da escludere ch'essi possano entrare a far parte, per ora, di una maggioranza organica e tanto meno assumere responsabilità di governo. L'on. Nenni deve pensare alla sua base come la Democrazia Cristiana deve pensare all'Azione Cattolica: perciò, niente maggioranza a sinistra. E nemmeno maggioranza a destra. Se l'on. Covelli può prestare i suoi voti ad un governo che metta a dormire la legge Tremelloni, l'on. Pastore non può accettare, all'indomani delle elezioni per le Commissioni interne, uno spostamento a destra che comprometta la politica delle riforme sociali, la perequazione fiscale, la piena occupazione. In questa condizione di cose una ricostituzione del Quadripartito sarebbe il più saggio dei compromessi. Ma la concentrazione democristiana non vuole risuscitare una formula che può pregiudicare la grande formazione di destra animata dal più puro spirito dell'integralismo cattolico. Allora, che fare? Se il Quadripartito non si ricostituirà, non ci sarà che un governo monocolore di difesa politica e di riforme sociali. Un governo senza maggioranza politica : con una maggioranza tecnica. Ma sarà anch'esso un governo di breve durata. Al primo urto politico o perderà i voti che gli saranno necessari per la difesa politica ó quelli indispensabili per le riforme sociali. Le elezioni generali, così stando le cose, non saranno molto lontane. Mario Ferrara aNchstnpcpsrsrddssiz«iclluvstrnncgsemptrfadzsdc

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