Ingoiati lentamente dalla sabbia i tre minatori rimasti sepolti

Ingoiati lentamente dalla sabbia i tre minatori rimasti sepolti Ne sama» speranza per i prigionieri del monte Faeit Ingoiati lentamente dalla sabbia i tre minatori rimasti sepolti E' impossibile continuare l'opera di soccorso - Le ultime frasi degli scomparsi: " Baciami il mio bambino,, -"Di' ancora a mio padre che mi perdoni se gli ho dato dei dispiaceri,, - "Scrìvi a mia moglie com'è andata questa storia,, o i l o a r o l i a i o e e i i a , o e o o i P a a ¬ (Dal nostro corrispondente) Udine, 3 maggio. E' caduta ogni speranza di poter salvare i tre minatori sepolti vivi in una galleria del monte Facit. Ventiquattro ore di sforzi sovrumani da parte dei compagni di lavoro non sono servite a nulla. Stasera le voci dei tre sventurati si sono sdente; uno ha pregato che baciassero ver lui il suo bambino, un altro ha ricordato il padre, il terzo ha pensato alla moglie, e poi sono stati ingoiati dalla sabbia che lentamente, ma inesorabile, franava intorno a loro. Il tragico annuncio è stato dato poco dopo le 17 alla folla che, muta per l'angoscia, attendeva fin dal mattino attorno al cantiere della Società Adriatica di Elettricità. Nessuno 3i è mosso, non si è udito un singhiozzo; nel silenzio altissimo e desolato la gente ha chinato il capo quasi per nascondere le lacrime. La sciagura si abbattè improvvisa ieri pomeriggio durante un violento temporale. Cinque furono gli operai travolti dal crollo: il caposquadra Giorgio Corvi di 33 anni, Benito Pizzanelli di 20 anni entrambi da Pontremoli, Celeste De Polo di £6 anni da S. Giustina (Belluno), Vincenzo Gioia di 31 anno da Castelluccio (Potenza) e Vittorio Maier di 28 anni da Treviso. Tra le molte ipotesi sulle cause del sinistro si fa strada quella dello scoppio di fulmini scaricatisi in quella località che hanno anche originato l'altra tragedia — esattamente dal lato opposto della galleria —, con lo scoppio anticipato di una delle quaranta mine di una < volata » scoppio che ha causato la morte di Odorico Zanatta, di 88 anni. Le squadre di soccorso riuscirono a raggiungere il Corvi e il Pizzanelli, più vicini degli altri all'entrata della galleria, traendoli all'aperto; Era stato un lavoro lungo ed estenuante, Avevano dapprima portato un tubo di ferro lungo una decina di metri e grosso quanto bastar iiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiHiiini ni ill va perchè ci entrasse un pugno; ne avevano chiusa una delle due estremità con' un tappo di legno, perchè non si riempisse di terra, ed avevano cominciato a spingerlo verso U punto dove si presumeva fossero sepolti i cinque operai. Per mantenerli in vita era necessario pompare aria al più presto dall'altra estremità dei tubo. Dopo quattro ore di sforzi i soccorritori erano riusciti nell'intento. Laggiù, sotto terra, si udì dapprima il rumore del metallo percosso, poi una voce: « Siamo tutti vivi, sepolti fino al collo. Soffochiamo. Mandateci aria, aria, aria.'.-.y. Era stata allora^ collegata al tubo una pompa pneumatica. Poi l'opera di scavo era ripresa sempre uni limimi iiiiiiiuiiiiiiiiiitiiiiiiii più febbrile, e dopo alcune ore si era riusciti a trarre in salvo due dei minatori sepolti. Stamane è stato possibile mantenere un certo contatto con i tre rimasti, ma alle ore S, sinistri scricchiolii hanno avvertito di una soverchia, irresistibile pressione di materiale contro le travature laterali. Gli operai intenti all'opera di scavo hanno fatto appena in.tempo a balzare indietro che una enorme massa di pietrisco e sabbia è venuta a colmare il cunicolo per vari metri di profondità. Cessala ogni voce, ogni segnale, pareva che gli sforzi di tutti gli uomini impegnati nell'opera di soccorso dovessero infrangersi contro la forza indomabile della natura. Si giunse a mezzogiorno; si udi allora nuovamente una voce, quasi d'oltre tomba, che diede speranza agli sterratori: « Fate presto, presto, presto!». E Vangoscioso appello si ripetè più volte. Una grande folla, muta per l'angoscia, assisteva ai febbrili tentativi dei volenterosi che continuavano nel loro lavoro di scavo senza concedersi soste. Le squadre di soccorso, che si alternavano ogni mezz'ora, centuplicarono i loro sforzi, malgrado la stanchezza. Fu disposta la costruzione di alte palizzate a fianco del monte, per difendere i soccorritori dalle continue frane. Si voleva giungere in tempo a portare ancora vivi alla luce i tre sepolti: con questa parola d'ordine durante il pomeriggio vennero mobilitate tutte le- forze disponibili per puntellare la parete del monte, ohe continuava a lasciar cadere enormi quantità di materiale, e poter così proseguire nejlo scavo di un passaggio tra i detriti che rinchiudono nella tragica prigione gli sventurati operai. Purtroppo precipitavano nuove frane a frustrare la volontà dei soccorritori: dapprima laterali, poi nuovamente entro la galleria. Alle ore n ancora una frana nell'interno della galleria, poco distante dal luogo ove si trovano i tre sepolti vivi: era la fine, impossibile proseguire oltre. E così dopo ventiquattro ore drammatiche, piene di situazioni contraddittorie, di speranze e di timori è subentrata ora una tragica certezza. I dirigenti i lavori di soccorso affermano infatti che non si troveranno che tre cadaveri. Il dramma dei tre minatori si è concluso. Impossibile proseguire ulteriormente le loro ricerche se non con sicuro sacrificio di altre vite «mone. Cinque uomini, uno per volta, sono riusciti, attraverso un cunicolo, a raggiungere il luogo ove dovevano trovarsi i tre compagni rimasti: essi erano scomparsi, introvabili: la sabbia, il petrisco continuavano a cadere inesorabili, lenti, senza riposo. Mai si vide una più tragica clessidra segnare il de¬ stino- di tre uomini che, ancora stamane, benché interrati e immobilizzati, erano vivi e che la notte precedente, nella tremenda agonia, avevano pronunciato parole di commiato e di testamento ai due loro compagni di squadra che avrebbero potuto essere tratti in salvo, come effettivamente 10 furono. Celeste De Polo aveva detto al caposquadra Corvi: « Baciami il mio bambino! »; Vincenzo Gioia aveva aggiunto: « Scrivi a mia moglie come e andata questa storia... ». Vittorio Meier figlio di Abramo, cuoco del cantiere, aveva ripetuto fra le lacrime: «Di ancora a mio padre ohe mi perdoni se gli ho dato dispiaceri... », La sabbia era continuata a salire alla bocca, agli occhi fin sopra al capo... Alle 17 tutto era finito e gli uomini che avevano, raggiunto 11 luogo del dolore e della morte non avevano trovato che sabbia. ' ■ g. m. c. iiiiiiiiiiiiiiiiiii Uno del due minatori tratti in salvo dai tragico cunicolo riceve l primi soccorsi (Tel.)

Luoghi citati: Belluno, Pontremoli, Potenza, Treviso, Udine