Il «Don Sebastiano» di Donizetti inaugura il XVIII Maggio fiorentino

Il «Don Sebastiano» di Donizetti inaugura il XVIII Maggio fiorentino Il «Don Sebastiano» di Donizetti inaugura il XVIII Maggio fiorentino Un moloili'cimniii che conta centododici anni - L'intricato libretto di Scribe - «Sacchi di musica per canto e hallo...» - Lo risorse di una messa in scena - Grandi feste del pubblico (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 2 maggio. Il diciottesimo Maggio mu sicale fiorentino è cominciato. Diverso dai precedenti, 'durerà due mesi. Il soprintendente. Pariso Volto, e il direttore artistico, Francesco Siciliani iquali da parecchi anni studia-no di combinare gli alti interessi culturali con le briose curiosità del pubblico cosmopolita, e hanno perciò tentato l'antico e 11 contemporaneo, l'eclettico e il monografico, e devono e vogliono distinguere il repertorio da quello del festivals e delle stagioni teatrali, presentano stavolta insieme a noti melodrammi italiani, e al Don Sebastiano, ai più Ignoti, di Donizetti. alcune opere e parecchi balletti stranieri nell'esecuzione di organismi scenici di New York, di Belgrado, di Berlino, di Francoforte sul Meno, dell'Opéra-comique di Parigi, di Londra, e concerti orchestrali, dei quali uno della Filarmonica di Tel . e Aviv. E' un modo di vivere fra le difficoltà artistiche e pratiche del teatro d'oggi. Principiando, Don Sebastiano, che conta centododici anni, ha riattizzato a Firenze dove il teatro è costante attrazio- i|ne' le discussioni toscanamen-.te vivaci aul melodramma di e o , e e e e e i i e i l ieri e di sempre, su i cantari ti, la Stoltz, il Duprez, e su quelli contemporanei, sull'inscenatura spettacolosa, gradita al pubblico d'ogni tempo, su Scribe, sul traduttore, Ruffini, e, s'intende, su Donizetti. Narrare per filo e per segno l'intreccio d'un libretto di Scribe? Colonne, non righe occorrerebbero. E sarebbe spàzio nella maggior parte sprecato, perchè di solito l'intrigo è propriamente scenico e ideologico, mentre l'espressione dram matica, sia o forte o debole, d'un musicista canta i sentimenti delle persone da lui stesso create. Per un esempio: Scribe imbastì i cinque atti con l'odio di due perfidi e invidiosi avversari politici di Sebastiano, re di Portogallo nel secolo XVI. Questi tenta la conquista dell'Algeria, è sconfitto e creduto morto'. Rimpatria in vesti di mendico. Accusato di finzione, è condannato. Dichiara di non essere il Re. Filippo di Spagna gli succede. Ma quegli avversari, uno trionfante e l'altro schiacciato, senza i quali le cose andrebbero diversamente, restano nel melodramma di Donizetti secondarissimi; e quando alla fine pomposamente s'annuncia l'ascesa dello Spagnolo si cade dalle nuvole: perchè? che è accaduto? chi ricorda più qualche dialogo recitativo, che' sfiorò quell'argomento? Dipanando, per diligenza giornalistica, la matassa, si trova il bandolo nel personaggio di Camoens, il poeta della .Lusiade. Lui, Deus ex machina, ottiene da don Sebastiano la grazia per la giovane e bella araba Zaida, figliuola del Governatore di Fez, catturata dai corsari portoghesi, condotta a Lisbona, accusata di vénlflcio, e dall'Inquisizione condannata al rogo. Grata di tanta generosità, Zaida s'innamora del Sovrano, e questi generosamente la rinvia a suo padre in Africa. Ferito in battaglia, Sebastiano è salvato appunto da Zaida,. la quale ripudia il fidanzato, Abaialdo, capo d'una tribù, e questi si vendica, sollecitando la condanna a morte di lui. come impostore, e di Zaida, perchè adultera. Camoens Interviene a salvare entrambi gli amanti, che ormai Sebastiano, intenerito dalla devozione, s'è stretto a Zaida. Fuga notturna dal carcere; !a fune la barca son pronte; i nemici vegliano, colpi di fucile; salvi? morti? < Evviva Filippo! > Decine di fatterelli devono restare nella penna, quelli che nel testo dello Scribe passano tanto drammaticamente scialbi, quanto scenicamente impressionanti. Ma Donizetti, molto engagé nel gusto dell'Opera, e ambizioso di successi di fronte all'Invadente, e fortunato, Meyerbeer, non senti ripugnanza di tanti espedienti. Benché già colpito dalla malattia che lo spense nel '48, lavorò lentamente, come non soleva, sei mesi. < Io sono molto affaticato — confidò a un amico — per codesta immensa opera in 5 atti, che porta sacchi di musica per canto e ballo... >. Ed avrebbe potuto dire non soltanto sacchi, ma sacchi e sporte, tanta è la quantità e il peso della sua composizione. SI fosse limitato a uno scrtgnetto, i contemporanei lo avrebbero assai sfroato, e noi gliene saremmo griti quanto delle quattro o cinque opere sue, tuttora ammirate per la musica bella e sufficiente. Ma parecchie condizioni esterne ed inr terne lo costrinsero o indussero a stendere, come fece, quest'ultima partitura Fra le condizioni ambientali poniamo, oltre il ricoreo allo Scribe, la cui autorità apriva anche agli stranieri le porte dei teatri parigini, e imponeva la accettazione di macchinose vicende, le nuove tendenze dell'operistica francese, per non dire di quella tedesca, la cui fortuna sgomentò Rossini, che si ritrasse, appendendo, come soleva dire, l'arpa al chiodo. Anche Donizetti, al pari di altri italiani traslocatisi in Francia e in Germania, aderì alla moda del grandioso, degenera- 1 II i >1111 II 111 It 111 ■ 11111 11 11 II 1111 f 111 IIIMimillllD zione della romantica immaginazione. Bellini, si sa, non segui l'andazzo, ma tale era da rimaner se stesso e anche rinnovarsi nel Puritani. •Sarebbe tuttavia ingiusto non notare che "Donizetti in parte cedette e in parte progredì. Condizioni personali erano la mancanza d'autocritica, la facilità della vena, la quietudine delle tradizionali forme. A queste condizioni avverse bisogna contrapporre il suo talento e l'acquisita maestria. Se badò al congegno meyerbeeriano più che al slnfonismo berlioziano, impresse pertanto In molti episodi alcune espressioni nuove nelle armonie e nel timbri, ohe oggi costituiscono la maggiore attrazione di quest'opera vecchia. E sono perciò notevoli la lamentosa marcia funebre, gli irruenti cori dei guerrieri, quelli severi del giudici, quattro o cinque melodiosi apunti del tutto donizettiani, qualche felice allusione a musicalità esotiche, e i graziosi, eleganti e copiosi .ballabili. E tutto ciò è il meglio della grossa partitura. Ma non tutti codesti elementi contribuiscono al melodramma, cioè al dramma di musica, 11 quale, a parlar sul serio, non può non essere il dramma di ciascuno e di tutti insieme i personaggi. Infatti gli spunti e gli svolgimenti ora accennati e lodati formano fogli staccati, come per un album, non diventano canti propri di questa o quella persona scenica Sono arie, sfoghi di generici sentimenti, o doloroso o nostalgico o amoroso o furente, e, più gradevoli, se pieni di quella fervorosa malinconia che è sublimata nelle cantilene « Una furtiva lacrima» e «Cercherò lontana terra >. E' un piacere l'udirle, è facile il ricordarle, ma non caratterizzano Sebastiano o Zaida, il cui Innamoramento è un dato scenico, non una effusione musicale. Vorremmo segnalare almeno Camoens per una certa costante enfaticità. Ma come dimenticarne il ■vuotissimo episodio del'a «profezia della sconfitta», di cui la incomprensibile significazione drammatico-musicale v'-.-n troncata proprio quando all'orrido succede il sereno?, e come non sorridere alla cullante barcarola, come segnale convenuto, nientemeno, della evasione, nel cui tentativo il re è ucciso? Balordaggini evidenti d'un fecondo musicista, che poi lasciò tanto inerte il finale dell'opera, da proporre al maestro Siciliani, come un salvataggio in extremis, l'inserzione d'un concertato del Belisario. Di questo ripiego opportunamente è stato informato il pubblico. Del quale una parte ha osservato e discusso i difetti e i pre¬ gi, e l'altra ha guardato stupì* ta l'inscenatura la cui splendente ricchezza e Intelligente varietà è probabilmente superiore a quella parigina del 1843. A torto quest'opera è stata giudicata monotona. Poiché tante cangia di scena in scena, è tutt'altro che monotona. La direi invece fiacca e scialba. Un'illusione di invigorimento e di riempimento è donata appunto dalle attraenti risorse combinate dalla regista. Tatiana Pavlova, dal coreografo Millos, dal bozzettista DI Collalto,. dall'allestitore Galiterna, dal « maitre de ballet > Faraboni. Illusione, dico, perchè la musica è quella che è. E il maestro Glutini l'ha concertata ottimamente e diretta con fervido Interessamento, giovandosi di voci efficaci quanto quelle di G. Poggi, di Fedora Barbieri, di E. Mascherini, di D. Dondi, per nominare soltanto le parti maggiori, e del coro egregiamente istruito dal Morosinl. • A tutti, anche ai ballerini, H pubblico che gremiva il Comunale e nel quale erano rappresentanti ufficiali di ventidue nazioni ha fatto grandi feste, sia durante lo spettacolo attrattivo, sia alla fine. A. Della Corte