La bella Chiesti rimase intatta per un nostro felice colpa di mano di Paolo Monelli

La bella Chiesti rimase intatta per un nostro felice colpa di mano L'ESERCITO REGOLARE ITALIANO NELLA "RESISTENZA,, La bella Chiesti rimase intatta per un nostro felice colpa di mano II cornando inglese fece una pipa coi fiocchi, ma la nobilissima città fu salva - Sanguinoso cònisbattimento a Fìlottrano e carristi polacchi che non arrivarono mai - Le valorose e povere e malvestite truppe del C.I.L.- rimesse a nuovo dagli Alleati - Qualcuno disse: "Mendicanti d'onore,. (Nostro servizio particolare) Roma, aprile. Fu immediato intendimento del Governo Badoglio, l'anno 1943, fin dalle prime settimane del trasferimento a Brindisi, di giustificare la dichiarazione di guerra alla Germania e l'ottenuta di-, chiarazione di cobelligeranza da parte degli alleati allineando accanto ad essi un piccolo ma solido esercito nazionale ohe agisse con un 111 ; 11 ! m 1111:11111m11 r1111 ) 11 : ! u m 11< 111 i 111 i 111 i 111in proprio carattere e una certa autonomia tattica. Considerati i residui dell'esercito regia in Sardegna e nelle province meridionali ai pen-> sàva di mettere insieme una ventina di divisioni, ■ delle quali dieci di pronto impiego di prima linea. Con lo spe-. rato rapido ritorno dei prigionieri e un affluire di Volontari-l'efficienza elei piccolo esercito avrebbe potuto gradatamente aumentare. Purtroppo, questo ingenuo programma si urtò immediatamente contro i sospetti, i partiti prèsi, le incertezze, le esitazioni degli alleati, cioè (lèi vati comandi militari, comandi di retrovia, missioni di controllo, delegati politici, .ecc., ai più dei quali una attiva partecipazione dell'Italia alla'guerra non garbava. Restii erano soprattutto gli inglesi, nonostante il parere favorevole del gen. Alexander; ma anche da questa parte gli incoraggiamenti erano tiepidi e la collaborazione pi* desiderato che favorita; mentre assolutamente contrari af nostri sforzi erano i delegati politici e soprattutto la commissione militare interalleata di controllo, che considerava gli ancora esistenti reparti italiani tome magazzini di mano d'opera da cui trarre scaricatori di porto badilanti e manovali. Distruzióne di reparti Questo stato d'animo tornò soprattutto a danno degli stessi alleati. « Nel dicembre '43, con i materiali e con i quadrupedi di cui disponevamo e ricevendo aiuto di vestiario e di foraggi, avremmo potuto mettere insieme circa dieci divisioni impiegabili di cui quattro da montagna (...). E' inutile considerare guanto sarebbero state preziose per gli alleati, attrezzati per il deserto e nuovi ai monti, alcune divisioni italiane attrezzate per la montagna, animate da un trattamento generoso, valorizzate nella loro capacità organizzativa, quando gli alleati si trovarono . alle prese con le giogaie appenniniche della linea Gustav o della linea gòtica. Tutto lascia supporre che la valle del Po sarebbe stata raggiunta entro 11 '44 ». Tolgo questo periodo da un interessante libro uscito di recente a Bologna presso lo Studio Editoriale, *.Memorie di un capo di Stato Maggio? re dell'esercito (.1943-45) », opera postuma (a cura del generale Francesco Ronco che fu del CI Si. e del gruppo « Folgore») del generale Paolo Berardi, capo df Stato Maggior e/dell'esercito presso il Governo di Badoglio dal '43 al '45, che si adoperò con ingegno e passione e chiara visione delle cose per «mandare a combattere guanti pia italiani fosse possibile », come egli stesso scrive, d'accordo col Governo, col capo di Stato Maggiore gen. Messe, col ministro della Guerra Orlando. E' un'esposizione limpida e onesta delle enormi difficoltà fra cui si dibattevano i capi militari del regno del Sud in questo loro intento, contro l'altezzoso atteggiamento dei vincitori che « trattavano gli uomini come chicchi di grano » e le nostre divisioni ancora intatte, in grado di combattere e soprattutto disposte a combattere, come depositi di uomini a cui attingere alla rinfusa per completare i servizi ausiliari delle retrovie, ha distruzione cosi avvenuta di parecchi reparti è paragonata dal generale Berardi all'opera di chi pigliasse un violino di Stradivari per accendere il fuoco "bJ resto anche parecchi . lini politici nostri fecero quanto loro era possibile per attenuare presso le nostre truppe quel po- di disciplina e di unità che ancora conservavano Settario atteggiamento per il quale, anche a guerra terminata, la maggior parte di essi ha voluto ignorare l'esercito regolare che negli scarsissimi effettivi concessi dagli alleati compì sforzi ammirevoli, ebbe perdite sanguinose, partecipò alla guerra di resistenza con pari onore dei reparti partigiani, ma forse con risultati tattici pia utili. Nemmeno nella voluminosa opera di Roberto Battaglia, « Storia della resistenza italiana », si è creduto opportuno citare il contributo dell'esercito, regolare alla Resistenza e alla lotta clandestina Senza bombardamenti Gli alleati dunque ti indussero dopo lunghe esitazioni a permettere che un corpo italiano partecipasse alla guerra di prima linea; fu costituito alle origini dai pochi battaglioni di un « primo raggruppamento motorizzato », di cut facevano parte paracadutisti, bersaglieri, qualche batteria, qualche battaglione di fanteria; rafforzati dopo qualche settimana da un reggimento di marinai San Marco e da due battaglioni d'alpini. Gli alleati avevano stabilito che questo corpo non possedesse più di dodicimila uomini; con vari stratagemmi lo stato maggiore italiano riusci a farne combattere venticinquemila. Questo minuscolo esercito fu chiamato su proposta del generale Berardi Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.); conservava dell'esercito regolare Il solito grigioverde, o U cachi coloniale; la sussistenza era la nostra, povera e squallida; scarsi 1 servizi, scarsissimi gli automezzi. Dal 9 dicembre 1943, giorno del primo sanguinoso assalto a Monte Lungo, alle ultime battaglie sul Metauro contro la linea gotica (agosto del '44), Questo sparuto esercito avanzò con Incredibile miseria di arimi e di rifornimenti, In un continuo provocante confronto con le unità con cui era in collegamento, inglesi e polacchi e indiani dell'ottava armata ricchissimi di tutto. E andò avanti alla meglio, ma di buon passo, per terreno montuoso, togliendo via via alle ottime truppe tedesche che si trovava di fronte posizioni avidamente apprestate a difeaa, con la stessa tattica della guerra del 1915. Le città e i borghi liberati dalle noitre truppe possono ben ringraziare il cielo di questa fortuna; 1 nostri non avevano la possibilità, a parte il naturale maggiore rispetto degli edifici e delle opere d'arte, di far precedere ^occupazione da rovinosi bombardamenti. Se la bella nobilissima città di Chtett è intatta e può ricordare con serenità quei giorni del '44 lo deve a una felice disubbidienza del comando italiano. Il comando inglese aveva affidato l'occupazione di Chieti alla quarta divisione indiana, con la quale il CJ.L. era In collegamento; il plano d'operazioni prevedeva prima di tutto una solenne e gremita preparazione di artiglieria terrestre ed aerea per ventiquattr'ore; poi si sarebbe veduto se fosse U caso di fare avanzare le fanterie in quél deserto di macerie a cui sarebbe stata ridotta la città. Ma la sera del 9 giugno il colonnello Ronco comandante il 184" paracadutisti si prese l'iniziativa di spedire la sua 38* compagnia a vedere come stavano le cose nella città. La compagnia passa a guado II Foro, va per campi minati, punta su Chieti, vi entra di sorpresa, i tedeschi dopo un breve violento combattimento scappano, non hanno nemmeno il tempo di far brillare le mine che avevano preparate sotto ponti ed edifici. Il comando inglese fece una pipa coi fiocchi ai nostri, ma Chieti fu salva; e t fanti del CJ.L. ripresero a camminare a piedi con le mitragliatrici sulle spalle, dodici quindici chilometri al giorno, finché si urtarono al baluardo tedesco di Fìlottrano. « Grandi servigi » Fìlottrano doveva essere conquistata in collaborazione con i carristi polacchi; ma i carristi non arrivarono mai. Il paese fu preso dai nostri con un sanguinoso combattimento di tutta una giornata. Questa storia dei carri che non poterono arrivare me l'ha raccontata un paracadutista al C.I.L., che tornava su dopo aver fatto un mese all'ospedale per le ferite prese in quel combattimento. « Quando sono venuti avanti i carri tedeschi a tenente ha detto: " Com'è che non arrivano l carri det polacchi t ". Io ho detto "Signor tenente, vado a vedere ". E sono uscito che tiravano da tutte le parti e sono andato dai polacchi che mi hanno detto che venivano subito. E io sono tornato dal tenente e gli ho detto che l polacchi venivano subito. Ma non si è visto arrivare niente, ed io ho detto, "Signor tenente, torno a vedere ". E sono tornato giù, e ho visto ire cam che venivano avanti, e due sono stati subito colpiti e han%o preso fuoco e l'altro è tornato indietro. Allora sono tornato a dirlo al tenente e per la strada mi ha preso una pallottola al braccio, ecco qui, questo è il segno, non andrà più via. E sono «tato fino alla sera col tenente, poi sono andato all'ospedale e a Bari quello che mi ha portato il rancio 'M ha detto: " Fesso, perchè continui a fare il fesso t">. Sono contento di avere avuto la fortuna di dividere con questi <fessi» le fatiche e l rischi della campagna marchigiana ti luglio e l'agosto del '44. di averli veduti in avampostt, di pattuglia, in battaglia; un po' spavaldi i paracadutisti come si conviene a truppe scelte, «erti e volonteroai tutti, spesso amareggiati nel trovarsi in cosi pochi a compiere un oscuro dovere nel generale disfacimento di tutto l'esercito. Guardati con diffidenza in principio dalle truppe vicine, ne ottennero presto la stima e la simpatia, per la pazienza, per «1 coraggio, per la dignità del contegno. Uno del primi giorni un ufficiale inglese a cavallo per farsi largo acoatò col frustino un gruppo di soldati della Nembo; questi non stettero a pensarci su tanto, uno di loro sfilò il piede dell'ufficiale dalla staffa e spinse in su la gamba e lo ri-baltò dal cavallo. Il giorno dopo arrivavano le scuse del comando inglese per V incidente. . Come ho già raccontato, il C.I.L. la fine d'agosto del '44 fu dtsclolto, l soldati mandati in retrovia per formare i cosidetu sgruppi di combattimento» che tornarono In linea i primi mesi del 194B; rimessi a nuovo, con diverse uniformi ed una mal sognata ricchezza di carri e di armi. Il CJ.L., partito il dicembre dal '43 da Monte Lungo sulla via "di Cassino, ove lasciò per battesimo di fuoco cinquecento fra morti e /eriti, era arrivato i primi di settembre del '44 oltre il Metauro, aUrbania e Urbino, pestando terra e neve e fango e sasso, lasciando due o tre migliaia di morti e feriti nel paziente cammino, E scomparve oscuro come era sorto, e non ebbe altro premio che un ordine del giorno del generale Browning che in nome del generale Alexander disse ai soldati « Vi siete battuti bene, avete reso grandi servigi alla causa alleata; ma siete stati aempre vestiti mole, equipag¬ giati peggio, e così non al poteva continuare; adesso vi mandiamo in retrovia dove riceverete uniformi nuove e belle armi nuove inglesi e dovrete imparare a maneggiarle ». Null'altro, Uno che vide quei soldati, che dopo un anno di pena tornavano a farsi belli per avere II diritto di combattere di nuovo, U chiamò « mendicanti d'onore ». Paolo Monelli

Luoghi citati: Bari, Bologna, Brindisi, Cassino, Chieti, Germania, Italia, Roma, Sardegna