"Madame Bovary" di G. Pannain e V. Viviani

"Madame Bovary" di G. Pannain e V. Viviani USA PRIMA AL SABf CABLO I>X NAPOLI "Madame Bovary" di G. Pannain e V. Viviani (Dal nostro inviato speciale) Napoli, 16 aprile. La rappresentazione all'Opéra-comique, nel 1951, della Madame Bovary, di Emmanuel Bondeville, il primo, sembra, che abbia musicato quel soggetto, indusse parecchi critici parigini a minuziosi confronti della stesura del libretto, dì R. Fauchois, con quella del romanzo, oggi novantanovenne, e indimenticabile, di Flaubert, e a deduzioni e confusioni dannose alla saggia critica. Discorrendo della Madame Bovary, di Guido Pannain, libretto di V. Viviani, non erreremo parimenti, convinti e fermi che soltanto sia da cercare come l'operista, il melodrammaturgo, abbia rinnovato in sè ogni sorta d'esperienze reali o letterarie, e nuovamente creato ed espresso personaggi e passioni. Tuttavia il caso presente vuole, anche per opportunità giornalistica, si avvertano la differenza dell'intiero mondo del romanzo dall'episodico libretto, le conseguenze dell'imprescindibile riduzione, quindi l'autonomia del libretto, influente sull'invenzione musicale. il librettista francese sceneggiò quasi ad uno ad uno i fatti narrati. L'italiano, eliminati alcuni personaggi e taluni avvenimenti, ha preferito gli scorci, i riassunti, le allusioni. Sorgono perciò due que¬ siti: si presume forse che l'ascoltatore conosca e ricordi i fili drammatici e psicologici del romanzo, e mentalmente li annodi alle azioni dei personaggi dell'opera? Se i personaggi aon di fatto nuovi, quale è la loro determinata, compiuta, entità lirica? Rapido e stringato, questo libretto rallenta il corso, quando le passioni tumultuano, si contemplano, si chiariscono, cangiano. E' lo schema nè antico nè nuovo, di sempre, che mira allo svolgimento scenico e a quello intimo, ed esclude le divagazioni strambe o facete. < a sensazione >. I dialoghi sono talvolta estratti dalla prosa flaubertiana, le didascalie anche. Ed è appunto siffatta estrazione, selezione, che cagiona la diversità. Per esempio, dell'indole, dell'educazione sentimentale, delle vaghe aspirazioni di Emma, prima e subito dopo il matrimonio con Carlo, delle sollecite delusioni e insofferenze nella vita meschina e piatta e fredda e grigia, delle tentazioni erotiche e lussuose, altrettanti motivi di sottili indagini nella Prima parte .del romanzo, qui si hanno accenni soltanto fuggevoli. Dall'incontro di Emma con Leone si desume, sia la sincerità, la sensibilità di lui, amatore cauto e rispettoso, sia la curiosità, il ridestato desiderio nella femminilità depressa. Ricordate? « Lea appetita de la chair, les convoitises d'argent et les mélancolies de la pas- lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll Sion, tout se confonda dans une mème souffrance... ». Nel tono poi dell'innamoramento di Rodolfo e di Emma il libretto assai divaria dal romanzo. E ciò è notevole per l'ulteriore sviluppo. Prontamente caratterizzato galante e calcolatore, il Rodolfo flaubartiano sembrerà più tardi coerente nel meditato distacco, nel rifiuto d'ogni soccorso. Le parole di Rodolfo, nel libretto, talvolta avulse dal romanzo, non fan supporre la superficialità del seduttore. Della lettera, dell'addio, non si ascolta 11 perfido testo; s'apprende solamente la pietosa reazione di lei, davanti all'insulso marito. II ravvicinamento di Emma e di Leone serba parecchi echi dell'originale; è il momento culminante nella commozione amorosa, la quale dall'intimità furtiva trae fermenti brucianti. L'avvilimento pel dissesto finanziario è lestamente annunciato, e con un'ultima speranza conduce Emma in casa di Rodolfo. E anche stavolta l'amante italiano pare diverso. Richiesto di tremila franchi, rispondeva: <Je ne les ai pas ». E Flaubert lo scusava: <Il ne mentait pas». Qui Rodolfo dice: «Non ho nulla», e non sappiamo se mentisca. Testuale, la descrizione dell'orrore, delle allucinazioni dì Emma è conchiusa in una didascalia. L'avvelenamento, la lettera, gli spasimi, i vani soccorsi, la tenerezza verso Carlo, la agonia, la verità dopo tante menzogne, il sereno rilassamento, infine la canzone del Cieco (t Souvent la chaleur de un beau jour-fait réver fillette à l'amour... »), il delirio, brevemente trapassando, termina, no il libretto. Appunto al libretto s'è adeguato il proposito del maestro Pannain, la cui espressione musicale sembra il diretto risultato dell'immedesimazione di lui nel soggetto, e reciprocamente dell'influenza di esso sulla sua immaginazione, in un eloquio, che, libero e mutevole, si adagia senza reticenze nella stesura del cosi detto melodramma ottocentesco. Tale mutevolezza e forma sono gli elementi ai quali si volgono l'attenzione, la riflessione e 1 commenti valutativi. Sono elementi teoricamente contrastanti, e artisticamente conciliati. Di fatto, nella composizione, molto elaborata, anche cesellata, trascorrono forse tutte le esperienze melodiche e ritmiche, armonlstiche e contrappuntistiche, e vocali e orchestrali, praticate in cento anni fino a oggi; esperienze evidenti, non celate, neppur dissimulate. La forma chiusa della romanza cantabile s'alterna alla sciolta discorsività lineare o contorta; la catena delle modulazioni riposate e riposanti dista poco dall'Incertezza d'un guizzo dodecafonistico; l'istrumentazione scarna colora talvolta inattese pienezze polifoniche; un coretto sta- tico non esclude un Intermezzo capriccioso; e cosi via. E pertanto siffatti avvicinamenti, che potrebbero repugnare, rispondono alla diveniente necessità drammatica, e, rinnovando istantaneamente la loro curiosa, sconnessa apparenza, concorrono al sorgere e continuare d'una tonalità sentimentale per lo più malinconica, e certamente derivante da un accorto studio, da un intimo fermento psicologico dell'artista. E' anche da notare che tale malinconia virtualmente emana dai personaggi e dalle loro singole passioni, ma effettivamente è nell'atmosfera che 11 avvolge ed impronta. Questo dramma musicale è privo di contrasti. E qui si accerta il divario, dianzi accennato, del Rodolfo e di altre persone flaubertiane da quelle di Pannain, quindi l'autonomia del libretto e della musica. Qui attorno a Emma aleggiano affettuosità, amori, cordiali, solleciti, buoni. Tutti la blandiscono, la sorreggono. Ma questi beni, questi doni, non le bastano. Se al canto dei due amanti ella risponde con canti teneri o esaltati, la gioia è, per la lestezza degli episodi, fugacissima. (I sette quadri in tre atti durano poco più di due ore). E il momento musicale e scenico più incisivo e ricordevole è quello del valzer, che direi drammatico, sintesi della sensibile e già stanca giovinezza di Emma, della labilità del suoi piaceri e sogni, d'una ebbrezza presto dileguante. Cominciando sottovoce, quella danza par che venga da lontano, quasi un lieve presentimento; poi la dinamica s'accelera, si sfrena, mentre le variazioni armonlstiche rappresentano un'eccitazione soave; un delirio, un turbine infine, avvolgente,'esasperante, in un attimo svanisce. Questo valzer è dunque il centro, il motore, del musicale romanzo levigato, senza asperità, senza precipizi, senza grandezze. Quando Emma, questa Emma, per l'impossibilità di campare s'avvelena, sentiamo che muore non una eroina dell'amore, ma un èssere di se stesso inconscio, al quale l'amore di tutti e specialmente di qualcuno non parve sufficiente ricchezza e salvezza. Concertata con la riconosciuta competenza dal maestro Santini, con l'eccellente protagonista Clara Petrella, l'opera è stata inscenata dal Cristini e dal Benols in modo da consonare gustosamente e utilmente con il carattere del soggetto e della musica. La cronaca del successo nell'affollata e splendente sala del San Carlo annota una quindicina di chiamate agli esecutori e all'autore, e qualche isolato zittio. A. Della Corte

Persone citate: A. Della, Clara Petrella, Cristini, Emmanuel Bondeville, Flaubert, Guido Pannain, Santini

Luoghi citati: Napoli