"Porgy and Bess,, l'opera negra di Gershwin

"Porgy and Bess,, l'opera negra di Gershwin AL TEATRO ALFIERI DI TORINO "Porgy and Bess,, l'opera negra di Gershwin La grossa macchina industriale, dischi, edizioni, rappresentazioni, soffietti, réclames, che, targata Società Gershwln, fa 11 giro del mondo, ha trasportato anche a Torino Porgy and Bissa, le.dozzine del negri cantanti, gli innumerevo. 11 attrezzi, cinque vagoni, della Inscenatura spettacolosissima. Allo stimolante annuncio dell'arrivo sùbito risponde ovunque con la prenotazione dei posti la curiosità crescente; accorrono coloro che, già eccitati dalle canzoni notissime, non ancora hanno visto e sentito; parecchi tornano a rivedere e risentire; e qualcuno ripensa le impressioni e le conclusioni per rispondere al legittimo dubbio: che cosa è questa? A dire il vero, la critica italiana, in confronto con la straniera, per quanti libri e riviste io abbia letti, ha dato un onorevole saggio di resistenza alle suggestioni, di rigore nella distinzione dei valori. Qualcuno ha proclamato quest'opera un capolavoro, ma non ha dimostrato la fondatezza dell'asserto. Capolavoro è vocabolo che dice troppo e poco. Comunque, bisognerebbe trovare in Porgy and Bess quegli elementi e quella perfezione che si ammirano nelle venti o trenta opere teatrali, che dà Monteverdi a Debussy, sono sommariamente giudicate nien. temeno capllavorl. Capolavoro, di che specie? Che Porgy and Bess, tutt'lnsleme, soggetto, libretto, spettacolo, canto e suono, esecuzione tipicamente negra, eccetera, diverta, attragga, interessi, produca sensazioni orrende, echeggi un móndo singolare, è certo. Siamo tutti d'accordo. Ma son questi i requisiti d'un'opera d'arte musicale? EcCo il punto. A molti sembra un'inezia; e non è. A furia di confusioni, si è venuti a celebrare i Liebermann, i Menotti, ì Peragallo. Le loro non opere, si nota giubilando, riempiono i teatri finalmente. Ma ciò' non risolve la così detta crisi morale e artistica dej• l'opera e del teatro, la sola che ci commuova; allevia per qualche sera quella economica degli impresari. Resta al pubblico il danno del gusto. Bisogna dunque insistere nell'affermazione che è cosa divertente, e non altro. j, ; , Messe da parte le classificazioni, che pericolosamente ambiscono a diventar definizióni,' d'opera negra, o americana, o popolare o folcloristica o veristica, o di spettaeold^au* generis, la critica ha massimamente mirato alla questione centrale, alle qualità dell'opera d'arte, a quelle che dal ragionamento e dall'esperienza delle opere d'ogni tempo e gusto, vengono riconosciute imprescindibili. Sono state perciò osservate l'accozzaglia dei più discordi elementi pseudomusicali e musicali, la preconcetta ammissione della collettiva etnicità musicale come espressione di individui, la materialità della documentazione psicologica e sonora, la spettacolosità non integratrice ma soDraffacente. E probamente sono state anche segnalate la facilità melodica e ritmica, l'astuzia nel « confezionare » la partitura; la riuscita di taluni ariosi, di talune nenie, monodiche' o corali, orecchiabili, ma diverse dal contesto recitativo, . l'abilità dei < colpi di scena > grossolani e meramente visivi; per esempio, il contributo dell'arte musicale all'emozione per i due omicidi e per la tempesta è nullo. E con altrettanta equanimità è stato annotato l'entusiasmo del pubblico. Chi sa che sia propriamente la < critica >-non si stupisce neppure questa volta del contrasto delle conclusioni ragionate con gli improvvisi fanatismi. Ripensate ancora «ina volta, le impressioni e le considerazioni sono le medesime scritte altra volta. I personaggi, anche i primari, mancano di personali caratteri musicali. Uno solo, Sporting Life, si distingue per certi tratti melodici e ritmici, ma è una macchietta, più che una approfondita determinazione. Evidentemente Gershwin affidò alla letterale significazione delle parole il compito di delineare le caratteristiche delle persone, e alla musicalità di maniera folcloristica negra ed anche ebraica quello di evocare il mondo degli individui scenici. Ma il folclore musicale è una delle tante esperienze culturali utili all'artista, il quale sempre dovrà superare l'esperienza e creare poeticamente il canto. Motivi e ritmi originari o rifatti d'un particolare folclore non determinano < il > personaggio. L'artista, ricorra pure alle forme tradizionali della maniera collettiva, deve creare a uno a uno i < suoi » personaggi ed a ciascuno dare a volta a volta il canto proprio di quell'istante. E ciò Gershwln trascurò o non seppe. I suoi devoti insistono nell'elogiare la immedesimazione nel folclore, e qualcuno aggiunge ch'essa più sbalordisce, se si considera che misteriosa à la psiche dei negri, e che il Gershwln era ebreo sì, ma bianco. Lo sbalordimento è ingiustificato, perchè l'artista non s'occupa di ricerche sociali ed etniche, e sarebbe stolto ammirare, fuori dell'intrinseco valore d'arte, le tante opere europee di cui il soggetto e l'azione sono collocati in parti del mondo, dove il musicista non mise mai il piede per osservare le singolarità dell'animo e dei costumi. C'è pertanto qualcosa di pregevole: 1 frammenti corali, nel quali l'esperienza degli Spirituale si risolve in cantiche suggestive, perfino poetiche. In una polifonia per lo più sem¬ plice, ma drammaticamente vivace, questi cori lamentosi, depressi o fervorosi, muovono da germi essenziali, e si svolgono con modulazioni e trapassi sen. sibili e lirici, con coerenza ed emozione avvolgenti, persuasive E' la parte migliore. Anche qualche pagina solistica ariosa, ninna nanna o trenodia, è imbroccata, serbando dèi folclore soltanto un vago riflesso. I recitativi invece si stendono pigri sulle parole. E su quanto v'è di arte, non si sa dire altro. li apparato scenico corrisponde al materialismo e all'edonismo del complesso. Eccessivamente spettacoloso, avvince l'attenzione. Sembra un documentarlo dei costumi sociali e purtroppo ancora incivili di talune collettività negre, un documentario delle usanze, del portamento,' dell'edilizia: abitazioni, strade, case, finestre, scalette, porticine; imiiiiiiiinninMniiiiiiiiiiliiiHHiiiiMiiiimMii insomma una fedelissima riproduzione del vero; che non è arte. E' una astuzia costosissima, per stupire e colpire la folla, e riesce allo scopo. Negli scenari, nelle illuminazioni, nella coreografia, ci sono elementi assai più minuziosi e impressionanti che nelle espressioni verbali e musicali. Tutto ciò è favorito dalla naturale virtù mimica di molte genti negre, dalla scelta di attori sveltissimi, e dalla larghezza di mezzi finanziari nella concertazione scenica. In queste compagnie girovaghe pochi cantanti, fra i quali la Davy. e l'Hutcherson, sono dotati d'un normale ed efficiente lstrumento; gli altri non son da considerare ai fini dell'arte, ma quasi esemplari delle sgranate, stridule, ingoiate o nasali, e dunque brutte voci, tipicamente negre. I nostri teatri non ammetterebbero neppure per la parte d'un infimo iiiMiiniiiitiimiiimiiiiiiiiMiH comprimario voci come talune di queste, rauche e sgraziate. Naturalezza materialistica, non arte. E anche questa scelta, certamente meditata, e l'appello urgentissimo al « color locale » perfino nella fonica umana convalidano la convinzione che siffatta opera non è nata sotto li segno dell'arte, nè può ambirvi. Quando gli ammiratori insistono sulla qualifica di opera sui generis, implicitamente ne riconoscono la mediocrità. Infatti l'entità oscilla fra una occasionale drammaticità ed un'allegra futilità di rivista pittoresca. Attrae e diverte, come non era stato ancora tentato. Accoglienze tiepide, senza entusiasmo. Qualche applauso durante la rappresentazione. Parecchie e calorose chiamate, in ultimo, ai bravissimi attori. A. Della Corte Marta Flower e Lorenzo Fuller, attori della compagnia negra

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