"Il Giudizio Universale" di Vieri Tosatti alla Scala di Andrea Della Corte

"Il Giudizio Universale" di Vieri Tosatti alla Scala "Il Giudizio Universale" di Vieri Tosatti alla Scala (Dal nostro inviato speciale) Milano, 2 aprile. Al compiacimento delie stranezze, al gusto delle bizzarrie, all'esercizio del congegnare, Vieri Tosatti inclinò dalla giovinezza. L'esperienza di vari meccanismi l'attraeva, quanto quella della tecnica musicale. Non ambiva a scoperte o combinazioni utili e potenti; si rallegrava di facezie, di burle, tali da provocare, la prima volta, un attimo di sgomento, di Irritazione, cui necessariamente seguiva l'indulgenza alla innocuità degli scherzi. Raccontano i suol amici che egli si dilettò con pertinace astuzia nell'occultare in una cameretta dell'alloggio, a Roma, dov'è nato trentacinque anni or sono, un sistema di sorprese assai più intricato e numeroso, sembra, di quello che sollazzava studenti e sartine nella.fioca luce della labirintica Grotta Gino a Moncalieri. Apparizione di fantasmi, strepiti improvvisi, trabocchetti, spruzzi d'acqua, getti di farina, di uova, ed altre escogitazioni diaboliche accoglievano, ed accolgono, in quell'ormai noto < antro dell'iniziato > i non sospettósi visitatori; i quali, sottrattisi infine ai tormenti, se brontolano e minacciano: — Ci vedremo a! teatro o al concerto! — non serbano rancore. Diplomato a Santa Cecilia, autore di Canzoni, di Sinfonie, di Intermezzi, del Concerto della demenza concluso con un Pandaemonium, e di melodrammi. Il sistema della dolcezza, La partita a pugni, il Tosatti non ha sofferto insuccessi, riè goduto trionfi. Passo pauso, è arrivato alla Scala, dopo Ltebermann, dopo Menotti e Peragalio, dopo Gershwin. VI perchè no? Al mondo non ci sono mai stati soltanto grandi artisti e alte opere. Della Partita a pugni, rappresentata a Venezia nel '53, già dicemmo: spettacolo insolito un po' grossolano, ma divertente, e la musica, a parlarne sul serio, come si vorrebbe stando nella Fenice o nella Scala, assente o distratta. Il soggetto della nuova opera è dissimile. Tratto da una commedia di Anna Bonacci, versificato da C. V. Lodovici, Il Giudizio universale è semiserio. Iniziato cento anni fa da un Vogel, continuato da generaz o. ni di Schmuller, e terminato, ma ancora bisognoso d'un ultimo tocco agli < occhi di Dio > il vasto affresco che rappresenta il Giudizio universale è pronto al solenne scoprimento nella cattedrale. Il capofamiglia, Ulrich, sua moglie, Frida, e Matthias, il primo figlio, son devoti e semplici nella tradizione familiare e pittorica. Dal. l'altra parte, la moglie di Matthias, Helga, langue per Franz, il secondogenito, il quale, gioviale e spensierato, è l'amante di Gisela, briosa e spregiudicata. Una < Zitella apocalittica», sconvolta dall'orrore del peccato e dalla previsione dell'inferno, una Servetta morigerata, un Frate predicatore e allarmista, uno Spazzino, entrano nell'intreccio scenico alternando episodi umoristici a quelli amorosi. Durante la gioiosa festa suscitata dalla cerimonia inaugurale un assai esaltante vinello insidia la severità, turba la compostezza dell'esemplare famiglia, frastona le menti. Il Giudizio ultimo? Gli «occhi di Dio»? La virtù? Baie. Non solo Ulrich, fino allora umile, diventa superbissimo, ma tutti, improvvisamente cangiati, profferiscono parole grosse e sfrontatamente si rivelano turpi e disonorati. Ulrich ballonzola rievocando i seducenti ritmi d'una procace canterina; la Servetta gli rinfaccia quante volte fu da lui tentata; Frida denuncia i suoi adulterii e la bastardaggine dei figli; Helga senza ritegno esorta Franz a corrisponderle; Gisela lo sollecita alla fuga; una turba di ubbriachi Invade la casa tumultuando; e su tante ingiurìe e invettive tuonano le rampogne della Zitella. All'alba le menzogne e le colpe e l'incubo svaniscono. Lo Spazzino viene a raccogliere gli avanzi del festino. I giovani innamorati s'allontanano felici. La famiglia Schmuller torna austera e compunta. Helga piange il perduto amore. Nel « dar musiche > a questo libretto il Tosatti ha superato la sua Partita a pugni ed anche le nuove azioni sceniche in questi ultimi anni più o meno acclamate o fischiate alla Scala. Con queste parole sintetizziamo un giudizio, di cui bisogna chiarire i termini. « Dar musiche » è locuzione estetica negativa, poiché un bel melodramma, e ne conosciamo a decine di Ieri e di oggi, non consta di musiche c date > o aggiunte a dialoghi verbali e ad uno spettacolo, ma è musica che esprime un dramma. Il Tosatti dà spesso musiche, anziché espressioni drammatiche, e lascia alle parole e alla rappresentazione il compito di interessare lo spettatore. Momenti di tale insignificante musicalità sono frequenti soprattutto nel terzo atto, dove man¬ ca persino una spinta artificiosa, direi meccanica, alla realizzazione magari materialistica dell'ebbrietà, dell'infatuazione, del subbuglio in casa Schmuller. A credito del Tosatti si devono invece annotare i progressi. La probità, le aspirazioni, la dignità degli Schmuller risaltano con temi pomposetti, i cui ritmi e la cui orchestrazione recano pennellate tronfie e un po' umoristiche, come era opportuno. Il personaggio di Ulrich risulta perciò caratterizzato, fiero, orgoglioso, invasato ed anche debole, remissivo, ragionevole, e conseguente nel suo divenire. Può verosimilmente comunicare ai fedeli, che nell'affresco mirano gli Angeli ed i Dèmoni, l'esaltazione, il terrore, la beatitudine, le allucinazioni, tutto oscillando, come l'animo di lui, fra la saggezza e lo squilibrio. Può insieme con i suoi più simili familiari concludere l'opera con lo stesso accento drammatico, che ne aveva improntato l'inizio. Il secondo atto, e specialmente la fine, sono pagine corali, orchestrali, solistiche, che provano con l'appropriatezza l'allontanamento dalle fortuite chiassate della Partita a pugni. Un altro merito del Tosatti è 11 non aver seguito sistemi e calcoli alla moda ed a lui evidentemente estranei, nè cercato colpi ed effetti di scena truculenti o farseschi, o le stramberie che gli ingenui scambiano con l'originalità. Nei suoi limiti egli si giova spregiudicatamente dei mezzi antichi e contemporanei. Si deve lodarlo per l'evidenza, la efficacia, della vocalità, in cui recitazione è cantabilità, fondendosi, ritengono della singolarità del personaggio. Non prende ad altri, nè ricalca motivi o maniere. Il poco in ogni caso è suo. Cosi 11 giovine innamorato si distingue con lo slancio dalla ragazza che stornellando lo ama, e dalla cognata che con repressi aneliti lo desidera. A sua volta la Zitella urlante differisce dalla Servetta chiacchierina e dal tozzo Frate, la cui predica è in verità prolissa. Finalmente, in questo melodramma, la parte vocale non è ridotta a formula contrappuntistica, e le parole son percepibili, e la composizione non e sperimentale, nè polemica. S'è detto cosi in breve il male e il bene, sintesi che segue alle impressioni e alle considerazioni. Ma un dato può essere almeno giornalisticamente aggiunto: il maestro Tosatti ha trentacinque anni. L'ottimo Italo Tajo, che primeggiava nel palcoscenico, come nella famiglia Schmuller, preziosamente animò l'episodio della collettiva estasi tremenda e burlesca nella Cattedrale. Gli si accompagnavano degnamente la Palomblnl la Gardino la Arnaldi il Capecchi il Ferrari, fra gli altri, mentre 11 maestro Nino Sanzogno con la consueta versatilità e prontezza dirigeva. Nicola Benois aveva adeguatamente provveduto ai bozzetti ed ai figurini. ■ Accoglienze tiepide. Alcune chiamate, delle quali più numerose quelle alla fine del secondo atto, quando insieme con il M° Sanzogno e con 1 cantanti è venuto una volta alla ribalta anche l'autore. Andrea Della Corte uiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Luoghi citati: Milano, Moncalieri, Roma, Venezia