Il manifesto della Gaskell di Paolo Monelli

Il manifesto della Gaskell Il manifesto della Gaskell Numerose donne scrivono oggi romanzi e novelle in Italia. Parificate ormai agli uomini in quasi tutti i campi, politico morale sociale, quel che ancora la legge o il costume non conceda loro compensato da maggior risolutezza e tenacia (che i misogeni chiamano invadenza), non c'è ragione che arrogandosi sempre nuove attività non si diano in massa alla letteratura narrativa; attività del resto che anche se esercitata, da uomini vigorosi ha del femmineo e del casalingo assai; più di molte altre. Così avviene che anche noi che non facciamo professione di critici letterari con un piccolo sforzo di^tnemoria; possiamo elencare una dozzina di romanziere e di novelliere contemporanee nella nostra lingua, tre o quattro delle quali, tradotte una o più volte in lingua straniera, godono di una certa rinomanza internazionale. E' sempre uno scardo gruzzolo, il nostro, al confronto delle scrittrici di altre nazioni, specialmente di quelle di lingua inglese, che sono forse più numerose e certo più attive dei loro colleghi maschi.. Tuttavia è pur sempre cosa strana e inattesa trovare nel corso del secolo XIX nella sola Inghilterra una ventina di donne romanziere più o meno eccellenti, ma ciascuna originale e ben dotata nel suo campo, e tutte note fuori del'loro paese, parecchie delle quali godono ancora oggi di alta e viva rinomanza. Dell'epoca vittoriana si ricordano così le tre sorelle Bronte, Jane Austen, la Barrett Browning, quella specie di George Sand inglese che fu George Eliot, Elisabeth Gaskell, Harriet Martineau, Marie Edgeworth, Frances Trollope; e dell'epoca edoardiana, accanto ad una decina di minori, pur fatte conoscere fuori dall'Inghilterra dalla ■ collezione Tauchnitz, la signora Humphry Word, Maria Corelli, Onida, Mary Webb, Sarah Grand, Rhoda Broughton, Olive Schreiner. La fioritura di tante scrittrici è tanto più notevole in un secolo nel quale l'Inghilterra era tuttora un paese di costumi tradizionali e feudali, intollerante nel campo della religione < della morale, con una severissi ma disciplina familiare. Elisabeth Gaskell, figlia di Joseph Stevenson pastore della Chiesa unitaria, quando sui vent'anni si trovò senza genitori, ospite di amici da una città all'altra, alta -e ricca di fom»£j.po: teva promettere qualche stramberia; capitata.a Edimburgo con un'amica, figlia anch'essa di un reverendo, fece colpo, e fu ritratta in marmo; dallo ' scultore David Dumbar, che era allora il ritrattista alla moda. Poi Elisa beth andò a Manchester ospite di una sorella della sua amica, moglie, tanto per cambiare, di un pastore della Chiesa unitaria; e in questa casa incontrò il signor Gaskell che diventò presto suo marito, di professione — c'è da chiederselo? — ecclesiastico, anche lui pastore, anche lui della Chiesa unitaria. '"' '. . Intenta a mettere al mondo numerose figlie e a mandare avanti la casa e il pollaio, Elisabeth cominciò a scrivere aiutando il marito a preparare sermoni e conferenze; e scrisse alcuni bozzetti in collaborazione con lui. Manchester, che una ventina di anni fa ho definito la più brutta città del mondo, non era più bella nè più gaia a metà del secolo scorso; una fungaia di case nere che invadevano come una lebbra i sudici prati, affumicata dalla perpetua fuliggine dei camini delle fabbriche che le eterne nuvole del cielo premevano densa e stagnante fra le mura. Manchester era già allora la metropoli dell'industria tessile, che traversava una grave crisi; molte filande erano ' state chiuse; i padroni per riaprirle o continuare a dar lavoro agli operai offrivano paghe infime che gli operai non volevano accettare. Si agitavano, scioperavano; l'inverno morivano come le mosche di fame e. di freddo "accanto- ai focolari spienti.- In primavéra cominciavano a calare dalla campagna bifolchi scalzi' che si offrivano di_lavorare alle condizioni imposte; dai padroni. Gli , operai gli davano la caccia a bastonate, li abbandonavano morenti nei prati zuppi di gelida guazza. Nei quartieri più miseri serpeggiava il colera.. Elisabeth; Gaskell, ormai sui quàrant'ànni, rappresentò in un romanzo, Mary Barton, le disperate condizioni di vita dei tessitori di Manchester. Descrisse con vivezza il gelo e il fango dei sobborghi, le miserabili 'casette a due piani senza fuoco e senza luce, la durezza di cuore dei padroni delle filande, i bambini uccisi dalla dissenteria, l'orrèndo crepitio dei telai, comizi, bestemmie, pianti, disperazione; e le prostitute adolescenti che inzuppate di pioggia, con un fiocco rosso nei capelli braccavano i viaggiatori presso la stazione della ferrovia 'Manchester-Liverpool, sulla qua,-le i treni viaggiavano alla paurosa velocità di vénti chilometri l'ora. 11 romanzo irritò proprietari e borghesi di cui denunciava l'egoismo e l'intransigènza, ai quali dava tutta la colpa se la loco crudeltà e i loro metodi spingevano al delitto i lavoratori devoti e cristiani. Per parecchi mesi non si parlò d'altro in Inghilterra; i benpensanti si sdegnarono del nuovo fenomeno, una buona signora intenta alle cure della famiglia, uscita da un ambiente di reverendi e maestri di scuola e funzionari dello Stato, e dissertava in forma di romanzo di problemi sociali e dei rapporti fra capitale e lavoro con idee che pur sostenendo la tesi della riconciliazione delle classi attraverso la comprensione la beneficenza, parevano pericolosissime alla stampa conservatrice. Mary Barton uscì nel 1847; l'anno 1947 celebrandone il centenario il Times Literary Supplemem intitolò l'articolo The Gaskell manifesto. « Fu certo una memoranda coincidenza che mentre Marx e Engels compilavano il Manifesto che insegnava ai lavoratori la solidarietà contro gli arbitri padronali, una signora di provincia, moglie di un ecclesiastico che aveva fino allora diviso il tempo fra la cura della prole dei fiori delle galline e le chiacchiere dei salotti borghesi, in un romanzo puerile ma audace, denunciasse appassionatamente le ingiustizie sociali, pur proponendo., soluzioni lontanissime dalla lotta di classe, ispirate alla fede religiosa e alla pietà». Questo periodo lo tolgo dal libro di Maria Luisa Astaldi La signora Gaskell uscito di questi giorni a Roma, editori Bocca; nel quale ritroviamo l'intelligente e coltissima autrice delle Letture inglesi (Venezia, 1953, Neri Pozza editore), quel suo modo di esporre il contenuto di un libro e presentare la persona dell'autore ricostruendovi intorno la società e il costume del tempo, richiamando a commento fatti e problemi che da vicinò o da lontano abbiano rapporto con l'opera o con l'autore. Così per esempio la recensione di un romanzo sud-africano (Cry,. the beloved country. Piangi, terra amata) di Alan Paton le porge il destro per un lucido articolo sul dramma delle razze in quel ■paese che io — giornalista, tornato da un soggiorno di mesi nell'Africa del sud — le ho invidiato; o la recensione di un romanzo di Hemingway si inizia con una pittoresca descrizione dell'autore a Cortina, truculento diabolico e chiassone, presentato come un cocktail (la parola è la più adatta, trattandosi di Hemingway) di corsaro, minatore e lanzichenecco. Io non faccio, come ho detto, professione di critico e non sono naturalmente al corrente di tutta la produzione letteraria contemporanea come sono (dirò meglio, come generalmente iion sono, ma dovrebbero essere) coloro che quella professione fanno; ma ritengo di essere nel vero dicendo che fra gli scrittori di cose letterarie, e specialmente fra coloro che si occupano di opere e di autori di lingua inglese. Maria Luisa Astaldi tiene un posto forse unico, certo eminentissimo. E qui vorrei aggiungere un altro giudizio, personale; che fra le donne che si occupano di letteratura e di cultura è una delle più schive e più modeste che io conosca. Ha scritto romanzi e libri di critica; potete conoscerla da anni e non ve ne parla; ha una bella casa e ama ricevere, ma pretesto al ricevimento sono spesso uomini di scienza, viaggiatori, costruttori di strade in America o in Africa, esploratori, personaggi d'ogni paese che si trovano a passare per Roma, che ha conosciuto nella sua vita di irrequieta viaggiatrice! Il suo nome è associato ad una rivista di studi severi, Ulisse, e ad un premio internazionale, Cortina, che coronando di anno in anno un pedagogo, uno storico, un fisico, un filosofo, italiano o forestiero, riscatta seriamente la minutaglia e la vanità dei trecentosessantacinque premi letterari.di cui gode questa nostra parassitica nazione. Ritroviamo nella rapida biografia di Elisabeth Gaskell personaggi dell'epoca, vivaci e loquaci appunto come in un salotto intelligentemente ospitale: il vecchio Carlyle descritto che cammina sdegnoso nel giardino con una coperta scozzese buttata sulle spalle perchè non sa risolversi a venire a conoscere di persona quella signora Gaskell a cui aveva scritto lettere di entusiastico plauso, il poeta banchiere Samuele Rogers, Dickens che-la prende a collaborare nella sua rivista Household worlds, le sorelle Brrmtè, Florence Nightingale alla vigilia di partire per la Crimea a incarnarvi il personaggio dell'eroica infermiera. Tennyson, Thackeray, Ruskin, la confusionaria signora Mohl che a Parigi aveva un salotto frequentato da Guizot, Tocqueville, Thiers; e quel giovane scrittore americano Charles Nortòr trenttnne, che s'incontrò a Roma con la scrittrice ormai quarantasettenne, e la portò in giro per Roma e per l'Italia, 6 le dette un felice rapimento amoroso: th was in those charming.Roman days that my life cùlminated, I thall never he so happy again » Paolo Monelli