Battimani al teatro di Francesco Bernardelli

Battimani al teatro Battimani al teatro Gli applausi in teatro possono essere fragorosi, calorosi, unanimi, scroscianti, deliranti, oppure tiepidi, cordiali, contrastati; a scena aperta, e in questo caso prorompenti e irresistibili, o a fine d'atto, quando si contano, addizionandole con cura, le chiamate agli attori, i quali, in quel turbine, diventano pallidi di emozione, intimiditi, e di una modestia esemplare. Gli attori saranno cosi, a seconda dei casi, acclamati, festeggiati, festeggiatisshni, accolti al loro apparire da battimani fitti, intensi: a anche ( non senza malignità del cronista) di cortesia: e i battimani diventano ovazione, grandine, tempesta, e spesso, segno inquietante, ttali che pareva non dovessero finire più... ». In altre occasioni, più bonariamente, i battimani accompagnano la commedia o il mattatore dalla prima all'ultima scena, e sono allora più che appassionati, insistenti, più che travolgenti, tenaci. E la simpatia? Dove la mettiamo? Un po' dappertutto: seguiti con simpatia, ridestando la ben nota simpatia, con quella comunicativa simtìatia... Questi aggettivi, queste formulette. il crescendo e lo smorzando, la sfumatura e l'entusiasmo, sono i mo"di di noi cronisti teatrali quando cerchiamo d'interpretare lo stato d'animo del pubblico di fronte a uno spettacolo. Un celebre attor comico, un « brillante » amatissimo- morto in questi ultimi anni tra il generale rimpianto, aveva imposto ai valletti di scena una tecnica del finale d'atto di sorprendente efficacia. Attore che balzava con scaltrezza fulminea e crescente di battuta in battuta, esigeva che il chiudersi e l'aprirsi e il richiudersi e riaprirsi del velario avvenisse con altrettanta baldanza, sicché sull'ondata di un solo applauso egli riusciva a venire alla ribalta tre volte anziché una, e, alla fine, su quattro rinnovati applausi il cronista coscienzioso doveva annotare ch'egli era stato evocato alla ribalta dodici volte. Su tali fatti, e su di una lunga, variata e contraddittoria esperienza, abbiamo sempre cercato di ' capire che cos'è ' un applauso, e che cosa rappresenti, donde nasca, come si giustifichi; e insomma ci siamo chiesti, analizzando, perchè e come il pubblico batte le mani. Il pubblico batte le mani prima di tutto per impulso fisico. Esso si libera, con uno strappò, violentemente, da tjtwHa-specie di paralisi, di atrofia provocata dalla « scena madre ». La c scena madre », gloria di ' Sardou e di Bernstein, per quanto male se ne sia detto, è rimasta tuttavia ve geta e vigorosa nel repertorio; ed anzi un dramma è generalmente fatto di molte piccole scene-madri più o meno dissimula te, più o meno riuscite, e che si inseguono e si incalzano. La scena-madre ha alcunché di acrobatico, e come il pubblico del circo trattiene il fiato durante l'acrobazia, così fanno gli spettatori al teatro di prosa. Appena sciolti dall'incubo delizioso (e un po' fastidioso), da quell'ansiosa atonia, il sangue riprende a fluire, il cuore si dilata, si è tratti all'entusiasmo, che bravo, che bravi, e giù applausi. Ma v'è poi la soddisfazione, il compiacimento sentimentale e idealistico (tutti a teatro diventano un po' idealisti), ossia l'impulso morale. Ci si congratula della vendetta perpetrata e giustificata, del prepotente abbattuto, dell'innocenza .riconosciuta, del tradimento smascherato. Direte: ma questo era il teatro domenicale di cinquantanni fa! Niente affatto. E' semplicemente il teatro, dove quasi sempre un nodo o intrico fittizio,, tra il bene e il male, si risolve col trionfo del bene ( se trionfa il male, il pubblico si avvilisce, i battimani se ne risentono). La scarsa fortuna del teatro d'oggi è dovuta al suo oppressivo pessimismo biologico. Ma. lai grande psicosi collettiva, ossia il « coro degli spettatori », può anche essere promossa o intaccata o deviata e dissipati» da atteggiamenti parziali, di questo o quello spettatore, o gruppo di spettatori Come uno zittio, un lieve sibilo inopportuno (o anche troppo opportuno) può far scattare una reazione di evviva, bene, fuori fautore, così lo stato d'animo del signore che non ha ben digerito o della signora punta sul vivo non passa senza effetti sullo stato d'animo di tutti gli altri. Diremo anzi che il litigio coniugale durante la cena affrettata può riflettersi e ripercuotersi malamente sul successo dello spettacolo. Si sa che certe rapide «baruffe tra marito e moglie rimangono a mezzo; lasciano cioè senza sfogo la punta avvelenata dell'animo, quella specie di odio fuggevole che balena da una lunga noia. I coniugi entrano in teatro con un sorriso d'occasione; ma il cuore è acido. E intorno a loro l'acidità si effonde e subdolamente smorza la letizia, il buon umore dei Vicini. In una sala il caso può raccogliere vanti, trenta persone dalle quali l'antipatia per tutto quello che sta avvenendo, traspare; si formano cosi plaghe opache e avverse. Gli attori ben sanno quanto sia affidata a un nulla, ad uno strambo concorso di felici o traditrici circostanze, la loro sorte. L'io spietato di ognuno si impunta, con ironia, fastidio, rancore. Ma può anche avvenire il contrario: che un'accolta di persone completamente estranee l'una all'altra si accordi improvvisamente in un gusto del piacere teatrale, in un tal fervore di divertimento, da trasfigurare la platea più eterogenea in un ritrovo di famiglia: e tutti allora si incoraggiano, si danno di gomito nella sfrenatezza dell'ammirazione, e sono entusiasti del comune entusiasmo. Se si volessero sottolineare i vari episodi ed esempi forniti dalla frequentazione del teatro, se ne potrebbe trarre una casistica sorprendente sulla psiche degli individui che diventano folla. Vi è lo spettatore che applaude freneticamente per far dispetto al vicino brontolone e sofistico, e v'è la bella donna che batte le mani ingioiellate perchè le pare molto chic ed irrita cosi il « loggione » che al teatro entra con serietà grave e per bisogno di sogni. Sul vocalizzo punteggiato di note false di qualche mattatore abbiamo sentito scattare, con delirante trasporto, quello stesso « loggione » che discute poi con accigliata ostinazione la te verosimiglianza » del dramma e il problema interiore dei protagonisti. Ciò che avviene in una serata al teatro, successo insuccesso, fischi o battimani, sviscerato compiacimento o musoneria e villania, è inafferrabile; anche ai più inveterati conoscitori di platee è difficile indovinare dall'inizio, la fine. Che se poi non si badi ai battimani ma al consenso, è tutt'altra cosa: convinzione, persuasione che non si esprime con gli applausi, ma che ci accompagna nella vita, dolce al ricordo. Il aillllIflIIIIIlllllllllllllIllItlllllllllllHIIIIfltllllII buon Gìacosa già distingueva con finezza di galantuomo il successo dal consenso, a questo solo raccomandando l'opera sua. E talvolta proprio questo avviene, che quanto più alta e pura e affascinante si è fatta la virtù dello spettacolo, tanto più il pubblico tace e s'acqueta, avvin* to. La festa teatrale si è interiorizzata; Shakespeare ha parlato, le immagini fluiscono sul fresco ritmo armonioso; sensibile e raggiante la compagnia degli attori recita come se la poesia antica si fosse fatta musica. E' La dodicesima notte o il Come vi garba o il Sogno di una notte di mezza estate; il pubblico non batte ciglio, non riesce a infrangere il mirabile incanto. Francesco Bernardelli a1111111 m ■ m 11 m 1111111 ! ti 111 >:u i lii! 11 [1111 l1111111111111

Persone citate: Bernstein, Shakespeare