Ritorno al vecchio «jury»? di Francesco Argenta

Ritorno al vecchio «jury»? OPINIONI E REALTA' NELLA VITA FRANCESE — Ritorno al vecchio «jury»? 1 giudici popolari erano dodici, oggi non sono che sette e decidono, come da noi, insieme ai magistrati togati - La riforma, introdotta da Pétain, è slata mantenuta dalla quarta repubblica • Ma la sollevazione è generale e alla scomparsa delle vecchie giurie si imputa l'attuale crisi delta giustizia (Nostro servizio particolare) Lione, 11 marzo. Non sono affatto prive di interesse, neppure per noi, le tempestose polemiche che si vanno svolgendo in Francia sul funzionamento della giustizia. Armand Salacrou, assistendo al processo Dominici, ha detto di essere riuscito a scoprire « il colpevole, il vero colpevole; un colpevole che non merita attenuanti od indulgenza >: la giustizia penale del suo Paese. E Robert Vonin, che non è un commediografo od un letterato, ma un insigne tecnico del diritto, il che gli ha valso di essere chiamato a far parte di quella Commisslon d'études pénales léglslatives, che attende, sotto la presidenza del Procuratore generale della Cassazione, Besson, alla elaborazione' della riforma penale, ha ammesso, dal canto suo, che se a Bordeaux, come a Poitiers, il processo contro Marie Besnard, la donna che avrebbe dannato a morte una diecina di persone somministrando loro piccole dosi di arsenico, non è stato che la farsa o il dramma del travaglio cui conducono gli scontri ed i contrasti in tema ai accertamenti peritali, il processo contro Oaston Dominici è apparso, davvero, come l'ouverture del'processo che si va imbastendo contro la giustizia. Da Besnard a Dominici Harie Besnard è stata rimessa in libertà ed è dubbio se sarà ritrascinata ancora in Assise. Ma, per Oaston Dominici, la sorte sembra segnata. Senonchè — ci si chiede, pur facendo largo al dubbio od alle riserve circa la certezza onde erano animati i patroni nel sostenere l'innocenza dell'imputato —, quali elementi materiavano la convinzione dei rappresentanti dell'accusa allorché affermavano che il vecchio capraio è il solo ed unico colpevole della strage e, sulla base di queste affermazioni, riuscivano ad ottenerne la condanna a morte t In Inghil¬ llllllllltlllltlllf ■■■■lllllllllllllllllllllllllllltllllll terra — si aggiunge — la ricerca ' delle prove sarebbe stata fatta con ben altro impegno, prima di trascinare l'imputato in giudizio e, sulla base, solo, delle presunzioni onde il vecchio Dominici è stato tradotto in Assise, nessuna Corte l'avrebbe mai condannato. Ora, tutto questo fornisce larghi ed accesi spunti allo scatenarsi delle polemiche. E non si discute solo sulla labilità che, nel sistema penale, francese, come nel nostro, accompagna ed assiste la presunzione di innocenza dell'accusato; non si discute solo sulle regole od i principii ih base ai quali dovrebbe avvenire la valutazione degli indici e delle prove; sul processo, in sostanza, che ha da condurre alla formazione dev'intimo convincimento del giudice, ma si discute o, per essere più esatti, si insorge contro gli istituti; il loro funzionamento; le deformazioni che hanno subito in tempi recenti; la necessità, che si impone, di ritornare all'antico. Senza attendere le conclusioni della Commission d'études pénales législativeB, due senatori han presentato al Consiglio della repubblica due proposte di legge che suonano aperta e decisa condanna dei sistemi in atto e postulano l'attuazione di riforme che difficilmente potranno collimare con quelle che saranno proposte, al termine dei suoi lavori, dg.Ua commissione extraparlamentare. Il sen. Oeoffroy, con l'adesione dell'intero gruppo socialista, nell'intento di « proteggere » il presidente della Corte di assise dalla tentazione di indulgere ad una costruzione accusatoria claudicante o ad un elemento di prova non sufficientemente suffragato, propone di adottare, per l'interrogatorio dell'imputato, il sistema vigente nei Paesi anglosassoni: niente interrogatori dell'accusato e dei testimoni da parte del presidente, e, invece, tutto lo sviluppo dell'indagine dibattimentale riservato ai rappresentanti del- lllllllllllllllllllliutlllllllllllllllllllllllllllllllllll» l'accusa e delle parti: il presidente dovrebbe fungere, alla fine, da arbitro e, naturalmente, imparziale. Ma l'on. Edgard Tailhades, senatore del Oard, è andato più in là: egli ha chiesto addirittura che l'ordinamento ed il funzionamento delle Corti di assise sia,riportato al regime in vigore prima della legge emanata il 25 novembre 1941, e con cui Pétain, «il maresciallo regnante », senza preoccuparsi delle origini storiche del jury, delle sue tradizioni, della funzione cui aveva adempiuto, ebbe a sopprimerlo con un tratto di penna, trasformando l'antico istituto, come dice l'avv. André Toulemon, « nella giurisdizione ibrida e barocca da cui la Francia è deliziata tuttora ». Da noi questa trasformazione era avvenuta dieci anni prima. Ed era seguita alla nelaborazlone della legislazione penale promossa dal fascismo, per motivi più politici che dottrinali. € La rivoluzione fascista — dice la relazione ministeriale che accompagnava l'atto di morte della giuria — rivelando i danni ed i pericoli del democraticismo anche nel campo del costume e degli istituti giuridici, doveva necessariamente procedere ad una sostanziale riforma dell'istituto della giuria, che in Italia, più che altrove, aveva commesso errori frequentissimi ». Cosi, in virtù di un assunto pretestuosa, e cioè che il sentimento popolare non può mai sovrapporsi alla legge, fu sepolto, da noi, un istituto che aveva tradizioni e radici profonde: ai vecchi collegi giudicanti, composti da dicci giurati, tratti da tutte le classi sociali, e da due supplenti, ed ai quali era demandato di esprimere con un monosillabo il proprio giudizio sul fatto (al presidente della Corte spettava trarre dal verdetto le conseguenze di diritto ed applicare la pena) fu sostituito il sistema dell'assessorato : cinque cittadini-assessori e due magistrati funzionanti còme un collegio unico. Ebbene, è contro questo sistema, introdotto in Francia sul paradigma nostrano, che più alte si levano le prote-r ste. Dietro alle proposte di legge dei due senatori che han sollecitato la procedura di urgenza per l'esame dei disegni di legge da essi depositati, si è disfrenato o si va disfrenando, nell'opinione pubblica, un movimento che reclama il ritorno all'antica prassi, alle vecchie giurie. Il movimento trova scettici o incerti i dottrinari, per i quali la riforma del 191/1 avrebbe introdotto nell'amministrazione della giustizia di assise, in virtù della funzione moderatrice che i magistrati togati sono inclini ad esercitare sull'ardore o gli sbandamenti sentimentali in favore dell'imputato cui soggiaciono, solitamente, i giudici popolari, nuovi e più corretti criteri di ossequio alla legge ed al diritto, ma trova solidali e concordi, protesi in un'ansia di sostanziale umana e superiore giustizia, la massa intera degli avvocati. Dodici, come gli Apostoli Un avvocato della Corte parigina, facendosi eco dei sentimenti di tutta la classe, ha rievocato il fondamento e le glorie della vecchia giuria, questa institution périmée ad opera del vecchio maresciallo, il quale- ha tolto all'antico istituto tutto quello che rimaneva del suo aspetto tradizionale e, in certo senso,, sacro. I giurati non sono più dodici, come erano in passato: dodici come erano gli apostoli che ricevettero lo Spirito Santo nel giorno solenne della Pentecoste. Essi sono ridotti a sette e rispondono, almeno teoricamente, ancora con un sì o con un no alle questioni che vengono poste loro, senza l'obbligo di motivare in alcun modo la loro decisione, ma partecipano, coi magistrati, al travaglio della camera di consiglio. Essi giudicano e deliberano, insieme ai magistrati togati, sul fatto e sulla pena; non sono più dei testimoni, come avveniva in passato, della realtà umana emersa al dibattimento, e non sono neppure più dei giurati; sono dei giudici improvvisati, dei dilettanti e degli incompetenti che partecipano al giudizio con dei magistrati schiavi dell'abito professionale; trainati, il più delle volte, a rimorchio nell'accettazione di una tesi; suggestionati nella valutazione da darsi ad una ipotesi delittuosa che la. norma codificata punisce, ma la coscienza comune, comprende tollera e vorrebbe andasse impunita. Proteste e pronunciamenti L'istituto della giuria ha tradizioni che si perdono nella notte dei tempi. Non risale, come comunemente si crede, al tempo della rivoluzione francese, ma a parecchi secoli prima. E, per un lungo volgere di tempo, l'istituto si è tramandato, si è propagato da un Paese all'altro, soffuso di un'aura di candore che ne rendeva sacri i verdetti. « Un segno della volontà divina, un luminoso raggio della volontà divina riflessosi nel pretorio » era considerato il verdetto del jury. E la pronuncia della decisione aveva la solennità di un rito: « Il capo del jury st alzerà e, portando la mano al cuore, dirà: Sul mio onore e la mia coscienza, dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini, la decisione del-jury è Sì (l'accusato è colpevole) o No (l'accusato non è colpevole) ». E' una formula, cotesta, che si spiega solo con le origini religiose del jury. Ma nei vecchi codici napoleonici si trova dell'altro: un codicillo, all'art. 391, che dice: iiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii « Sua Maestà si riserva di dare ai giurati che abbiano dimostrato nell'esercizio delle loro funzioni un lodevole zelo, una testimonianza della sua soddisfazione ». Ma, subito dopo, si aggiungeva: i E se qualche funzionario chiamato a far parte di un jury, non avrà risposto all'appello, le rapport l'indiquera particulièrment». Senonchè, oggi, ad indurre i cittadini a farsi intruppare in una giuria del tipo vigente, non valgono — e non varrebbero — nè le lusinghe nè le minaccie. Tutti cercano di sottrarsi alla chiamata, al peso gravoso del verdetto: tutti rifiutano di far parte del Jury: chi non riesce a procurarsi un attestato medico capace di ottenergli la dispensa dall'obbligo di sedere nel collegio, si rifa, tortuosamente, all'ipotesi che è contemplata, oggi, dalla legge per chi è dedito ad un'attività che «interessa l'economia nazionale e la pubblica amministrazione ». E tutti pretendono di lavorare nell'interesse pubblico, tutti dichiarano di essere già al servizio dello Stato: nessuno ha tempo e voglia per servire la giustizia. Ebbene, anche in questo fatto — che ha un parallelo nel pronunciamento effettuato, giorni fa, dai componenti di una giuria delle Basse Alpi (<o il presidente ci garantisce che non saremo oggetto di attacchi polemici o noi abbandoneremo il nostro posto ») è individuabile uno degli aspetti in cui si articola la crisi della giustizia; la crisi del jury, soprattutto, sulla cui sopravvenienza Gayatte, coi suoi filma, è stato il primo a dare l'allarme; la crisi di un istituto che aveva tradizioni non obliabili e che, prima della deformazione cui ha soggiaciuto, Sorel giudicava « capace di far evolvere il diritto malgrado la legge ». Francesco Argenta iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniHHiiiniiuimiuHip

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