Ite dei pittori di Marziano Bernardi

Ite dei pittori Ite dei pittori "e.Ci sono pur sempre le cose integre: nascita, morte, amore, natura», trascrìveva qui di recente Giani Stuparìch; e son parole dello svizzero-tedésco Max Picard, scrittore fermissimo nella convinzione' della possibilità di un'arte nuova; del nostro tempo, davvero « moderna ». Cose eterne; cose estranee anche al reattore e al volo supersonico, alla disintegrazione dell'atomo e all'automobile ad uranio; cose, per fortuna, su cui l'arte ouò ancora esercitare dominio, laivolta quasi: esclusivo; cpse che, se dovranno sparire, toccherà soltanto all'artista piangerle, e dalla tristezza del paradiso, perduto fair scaturire il canto della poesia. Perchè la tristezza è appunto questa: ch'esse, se si seguita nel presente gioco degli equivoci, potranno dal mondo degli umani (disumanati) effettivamente sparire. Potrà benissimo smentirsi la profezia di quattrocentocinquant'anni fa, della Corona margarkica di Jean Lemaire De Belges, per Jan Van Eyck: «Il re dei pittori, le cui cose perfette e minute non cadranno mai in vano oblio...». E poiché questo articolo vuol trattare del rapporto fra un'esteriorità tecnica e un'interiorità fantastica, relativo alla pittura del più gran Primitivo fiammingo, di colui che per il primo, fra gli artisti dell'Europa del Nord, mostrò ai suoi simili l'uomo nell'universo, vediamo in che consista codesto gioco degli equivoci -he porta oggidì il nesso fra il fatto tecnico e scientifico e il fatto artistico in una sfera ben più vasta e minacciosa, in quanto da un semplice metodo di laboratorio si passa a una totale visione del mondo e della vita. 'E' tradizione che Jan Van Eyck — col fratello Hubrccht, del quale però qualcuno adesso (Valentin Denis, Tutta la pittura di Jan Van Eyck, Milano, Rizzoli) grandemente abbassa la già conclamata importanza, escludendone l'attività persino dal famoso Agnello Mistico di Gand — sul principio del Quattrocento tanto perfezionasse, la pràtica di stemperare le polveri colorate in un olio siccativo, da raggiungere quella mai superata minuzia, finezza, trasparenza di tocco, che gli rese possibile conciliare l'infinità dello spazio, la inafferrabilità dell'atmosfera, con tutto il visibile e persino, ad occhio; normale, l'invisibile, ma pensato come elemento esistente nel Creato. Suggestiva l'ipotesi del Focillon: «Contemplando quegli im• mensi e minuscoli paesaggi di città, ove, su pubbliche piazze, vanno e vengono esseri appena percettibili e nondimeno costruiti per assolvere con esattezza tutte le necessità della vita, ci si domanda se il pensiero del Van Eyck non vi raggiunga quello degli astrologhi e dei mistici, e se egli non abbia inteso inserire nel mondo di Dio un mondo dipinto che ne rappresenti le misure in infinitesimo, così come la figura umana, posta al centro del cerchio zodiacale, rappresenta il microcosmo dell'essere universale ». E' dunque una .filosofia che governa l'azione pittorica del Van Eyck? Certo: come in ogni artista sommo. Per chiarirsela, per comunicarcela, egli cerca l'espediente pratico. La tecnica gli nàsce dentro, per pro^ cesso logico, meditato ed insieme spontaneo: non "gli viene di fuori perchè di fuori accada qualcosa di nuovo, di estraneo al pensiero artistico. Ciò che gl'importa è fissare l'immagine delle cose eterne che esistono, fìsiche, nel mondo, e quindi già esistono, come concetti, dentro di fai. Gl'ihiporta, per dirla col Huizinga, aggiungere «colori e. ornamenti» al sistema concettuale del Medioevo, ch'era «una costruzione completa che s'innalzava fino al cielo». Ed il recente (i95o-'5i) diligentissimo restauro àcW Adorazione delVAgnello Mistico, condotto dal Laboratoire Central des Musées de Belgique sotto la direzione di Paul Coremans, ha chiarito quali fossero i. fondamenti '-Ila tecnica eyekiana. Il pittore si valeva. d'una' ta,volozza basata essenzialmente sul verde, .rosso, azzurro, bianco e colori . derivati: materie coloranti incorporate in ,un medium transliicido, cioè olio siccativo. Una tavola di quercia; preparata con uno strato leviga ti ss imo di gesso e colla animale formava il supporto; è la candida liscia superficie aveva il compito di riflettere la luce che le giungeva attraverso i successivi strati di materia ciomatica, trasparente perchè distesa «sotto forma di velature, la cui opacità ed il cui numero stanno in proporzione diretta con la profondità dell'ombra da ottenére »; Così scrive il Denis nel suo utile libro, ricordando altresì che il Van Eyck prima dipingeva il. fondò dei quadri, spesso di paesaggio; poi i personaggi e gli oggetti in primo piano. Comunque, benché si trattasse d'una tecnica che poi rivoluzionò anche la pittura italiana, era. pur sempre un mézzo manuale, valido unicamente come tramite e strumento d'una concezione artistica. E quale essa fosse nel Van Eyck, nettissima e incrollabile, e nata Ja una suggestione solamente interiore, lo ha detto il Focillon: dare, ■ dipinta, la misura di un mondo eterno. Così, secondo una propria poetica non influenzata da fatti estranei .all'arte, hanno sempre pensato ed operato i veri artisti; e persino contro le teoriche del loro tempo. Perchè nt-n è affatto vero, ad esempio, che gli Impressionisti, vissuti nel trionfo del Positivismo, abbiano inteso rèndere la natura con maggior « verità » dei. loro predecessori. Essi vollero guardarla e dipingerla secondo un loro determinato modo, ch'era poi quello d'una personalissima e spesso antiveristica interpretazione della! luce. E' inverno, l'aria è serena e cristallina, guardo gli alberi spogli del giardino che ilo di fronte, ogni ramo si profila nitido e preciso come in un disegno di Durer: ben diverso dall'incerto tremolìo dei contorni degli alberi nella Strada di Pontoise in inverno di Pissarro. Quella, è la mia realtà, vista con occhi comuni; questa, è la realtà illusoria, poetica, dell'Impressionismo. Ma da quasi mezzo secolo, fra incertezze, speranze, tentativi, pentimenti, l'artista si lascia distrarre dalla sita verità intima e convinta. Il suo errore ha molte attenuanti perchè gli rintronano il capo di grossolani luoghi comuni, di rozzi assiomi. Cominciò il Futurismo a proclamare lo sconvolgimento, col dinamismo della civiltà della macchina, della rappresentazione plastica; e non ne venne che una retorica linguistica, già oggi invecchiata. Gli gridano, al povero artista, per incoraggiarlo nsilduanmcsdqicddfgpmtmmeniiiHHinMHiimiiiiiMiiiiiiiiwiHinmiinimiiiiiu nell'Astrattismo, che poiché non si viaggia più in diligenza ma in automobile e in aeroplano, l'uomo ha conquistato nuove dimensioni di spazio e di tempo, un nuovo mondo fantastico lo attende, e la visione paesistica non è più quella di Corot. Come se Corot non avesse cominciato a dipingere che non esistevan ferrovie, e continuato a dipingere nella stessa maniera quando viaggiava comodamente in treno: rivoluzione velocistica pari alla nostra. A domani dunque il pittore per il pilota del volo ultrasonico, monstrum fisiologico? Eh no, altrove, non nell'oggetto, prima esaltato ed ora ripudiato, non in un modernismo meccanico e scientifico la legittimità della nascita di un'arte moderna: ma in ben più riposti meandri della coscienza, umana, e solamente umana. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Europa Del Nord, Milano