L'assassino la guardava dal tetto e la ragazza finse di cader morta

L'assassino la guardava dal tetto e la ragazza finse di cader morta La strage del fidanzato in un casolare di Ventimiglia L'assassino la guardava dal tetto e la ragazza finse di cader morta Con un fucile da caccia, il giovane uccide a bruciapelo il suo futuro suocero, tenta di sfondare il soffitto per finire la donna, e si tira un colpo al cuore • Una denuncia ai carabinieri all'origine della tragedia (Nostro servizio particolare) Ventimiglia, 7 marzo. Mario Pizzio, un giovane bruno, basso e tarchiato, verso il mezzogiorno di ieri uscì dalla sito casa ad Apricale, deciso a realizzare il piano elaborato nella follia: uccidere la fidanzata e il padre della ragazza. Forse quando imbracciò il fucile non peiisava ancora al suicidio nella sua mente sconvolta;. la molla del rimorso scattò solo dopo la strage. Accigliato e a testa bassa, senza dire una parola, Mario Piszio se n'andò attraverso le viuzze di Apricale — un grappolo di poche case nell'alta valle di Nervia, a una trentina di chilometri da Ventimiglia — passò nella piazza della chiesa affollata di gente, reduce dalla < Messa grande » e si avviò per il viottolo che costeggia la collina e sì perde fra gli ulivi. Le vittime designate abitavano in un casolare isolato, dietro un poggio,al centro dt una radura. Mario Pizzio camminò quasi un'ora con il passo calmo e metodico del contadino. Un compaesano che stava rinforzando il sostegno di un albero lo vide passare e gli disse: « Vai a caccia a quest'ora t Bisogna alzarsi presto la mattina, gli uccelli adesso sono a tavola ». Il Pizzio non si voltò neppure e proseguì assorto nei suoi pensieri. Alle 13 arrivò in vista del casolare, tolse da tracòlla il fucile a due canne, comperato di seconda mano da un amico qualche settimana fa, e con l'arma spianata avanzò terso l'uscio. Si fermò a pochi passi, sopra un rialzo del terreno, dove finiva il sentiero, e gridò; « Edmondo, vieni fuori.' ». Dentro la casa, spruzzata di neve caduta nella notte, Edmondo Baixiìi era seduto accanto al camino, sua figlia Ines preparava il pranzo. Ines, la sola che sopravviverà alla tragedia, indossava il vestito della domenica, di cotone rosso con tre grossi bottoni bianchi sul petto. Udì, nel vento che sibilava attraverso le fessure, la voce del fidanzato, e avvertì il vecchio. Pallida, le labbra esangui, gli occhi spalancati in una espressione di terrore, la giovane rievoca quel momento. Fa un gesto con la mano come per aiutare le parole a uscire, si alza sul guanciale e i folti capelli color rame le scivolano sulle spalle. « Mio padre — dice interrompendosi sovente perchè il pianto le chiude la gola — apri la porta. Discese un gradino, io lo seguii, e mi appoggiai al muro, a un metro da lui». Fra i due uomini si svolse un dialogo brevissimo: «Ufi hanno chiamato i carabinieri dir.se il giovane — e sono venuto a vedere cosa dite ». < Dico solo che se ti hanno chiamato i carabinieri — rispose il Baixin impassibile, incrociando le braccia — ci sarà qualcosa die non va ». « E' proprio quello che penso — ribattè il giovane. — Dicono che mi avete denunciato per' avere sedotta vostra figlia ». « Se là dicono sarà vero e te 10 meriti » concluse il vecchio. <A questo punto — racconta Ines — Mario restò un attimo silenzioso, immobile, poi -alzò i cani dello schioppo e sparò due volte. Mio padre cadde colpito alla gola e alla faccia e morì subito. Cadde in avanti, sulla nevt. Io ero ferita al ventre. Cinque pallini da caccia del fucile calibro 12, ha scritto 11 maresciallo. Vidi che Mario ricaricava il fucile e mi chiusi in casa. Egli fece un balzo e si lanciò contro la porta, ma per fortuna avevo già girata la chiave. Dal di fuori, Mario continuò a urlare che voleva assassinarmi. Dopo aver tentato di abbattere la porta, sali su un mucchio di legna accatastata contro la casa e raggiunse il tetto. Sentii il passo degli scarponi chiodati sulle tegole. Poi cominciò a smuoverle urlando: « Ti uccido, adesso arrivo e per te è finita ». « La disperazione mi suggerì un'idea e fu la mia salvezza. Gridai: « Aiuto, muoio* e mi sdraiai supina sul pavimento. Mario, quando attraverso lo spiraglio del tetto scoperchiato mi vide, credette fossi, morta anch'io, mormorò qualcosa che non compresi, e sparì. Attesi in quella posizione oltre un quarto d'ora; mi rialzai adagio per non far rumore, temevo che Mario fosse ancora vicino. Il sangue mi colava dalle ferite e premendomi il ventre con una, giacchetta uscii. Guardai attorno, non c'era nessuno. Il cadavere di mio padre giaceva sulla neve; lo baciai in fronte e camminai per quasi due .chilometri, sino aptMAvcgcmcIlIII1lllllllIlllllllllltllllllllllllllllllllllllllllll1lll a casa di mia zia. Per strada perdevo sangue e appena entrata svenni ». Mezz'ora dopo il crimine, Mario Pizzio era di ritorno ad Apricale. Arrivò di corsa, stravolto, rincasò e si chiuse in camera. Scrisse sopra un foglietto di carta: < Sono tn»iocente. Il figlio di Ines non é mio », e si coricò sul letto. Vicino a sè depose il fucile, aderente al corpo, come in un macabro presentatami, inclinò il capo verso la canna e premette il grilletto. La rosa strettissima dei pallini l'uccise, fulminea. Durante le indagini svolte dai carabinieri e dal pretore di Ventimiglia, dottor Testa, sono affiorati fin dal primo momento i moventi della tragedia. Mario Pizzio, di SI anno, e Ines Baiiin, di 22, erano fidanzati da oltre un anno. La famiglia di lui si opponeva alle nozze; si diceva ,chi giudicasse la ragazza troppo povera. Mario e Ines tuttavia s'incontravano quasi ogni settimana di nascosto. Verso i primi di gennaio la ragazza fu assalita da brividi, da nausee improvvise; supponeva fossero i sintomi di una malattia e il 20 gennaio si recò da un medico a Ventimiglia. eli dottor Leone — racconta Ines — mi disse la verità: stavo per diventare mamma da quasi cinque mesi. La sera stessa riferii l'esito della visita al mio fidanzato. Mario si trasformò, cambiò di umore, disse: " Vai a raccontarlo a un altro; io in questa faccenda non c'entro ". Mi sentii perduta e confidai tutto a mio padre. Parlammo alla sorella di Mario, ma non ci ascoltò, ed allora denunciammo il fatto ». E' impossibile accertare se la versione corrisponde esattamente alla verità, perchè due dei principali protagonisti sono morti, risulta comunque che venerdì sera padre e figlia sporsero la denuncia ai carabinieri di Dolceacqua. Quarantotto ore dopo, la vendetta. Ines, ricoverata all'ospedale di Ventimiglia, è ormai fuori pericolo, le ferite non sono profonde. Forse anche la creatura che ha in grembo si salverà. Oggi nel pomeriggio, mentre ero per lasciarla, Ines si è abbandonata sul letto scossa da una crisi di nervi. « Non voglio vivere — diceva affondando il volto nel guanciale — non voglio avere un figlio dell'assassino di mio padre ». Una suora si è chinata a mormorarle all'orecchio. Nel silenzio della corsia si è udito ancora ripetere: *Non voglio; non voglio >, con voce sempre più stanca, e infine, dopo un lungo singhiozzo, il respiro agitato della ragazza addormentata, a. m. Mario Pizzio e Ines Baixln, sopravvissuta alla tragedia Uliiliiimimi miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiliiillliliii

Luoghi citati: Apricale, Dolceacqua, Ventimiglia