Vita degli orsi e dei lupi nelle selvose terre d'Abruzzo

Vita degli orsi e dei lupi nelle selvose terre d'AbruzzoVita degli orsi e dei lupi nelle selvose terre d'Abruzzo D'indole bonaria, nella difesa l'orso è ferócissimo - La sua più tremenda avversaria è la scure del pastore che ha tagliato immense foreste ■ Teneri affetti famigliari: per staccarsi dai piccoli l'orsa li abbandona nel profumo delle fragole - Astuzie del lupo - Porta via le pecore vive, stringendole al cólto, incitandole a correre con colpi di coda (Dal nostro inviato speciale) Pescasseroli, marzo. Siamo nel paese degli orsi, gli ultimi d'Italia. Vediamo sui fianchi dei monti marsicani le faggete cariche di neve. Fa freddo. Gli orsi dormono ancora nelle caverne, ma usciranno tra pochi giorni. Senza la protezione del Parco Nazionale d'Abruzzo anche .questi ultimi esemplari farebbero morti a fucilate.' < Eppure hanno la pelle dura> esclama zi' Pietro una delle più vecchie guardie della riserva- e • ci', racconta un episodio rimasto famoso tra gli abitanti dell'alto Sangro. Anni fa un notaio di Celano, sorpreso un grosso orso non lontano da un fitto cespuglio di spino, sparò due ■colpi Si doppietta. L'animale, dite volte colpito, invece di cadere, si alzò in piedi, prese a correre verso il cespuglio, ma-fu raggiunto da altre due pallottole prima di sparirvi dentro. La caccia continuò tra il folto dei rami. I/orso era come in trappola; abbandonare il cespuglio significava rimettersi a tiro; né, d'altra patre, gli riusciva celarsi completamente al nemico che sparava tra il frascame. Altri otto colpt andarono a segno, dodici in tutto, quando le cartuccere risultarono, vuote. L'orso era morto ■o vivot -II' notaio é i battitori esitavano ad entrare nella macchia. In quel momento videro Cesidio Visci, un pastore che tornava a Pescasseroli con i suoi bianchi cani, i più ardimentosi del luogo. Visci, sentito il fatto disse: « E echi ce vo't ». Comandò i cani di cercare nel cespuglio, e li segui. B11111 ! 1 < 11 > 11111 [ ! M111MIM11M111J11111 [ 1 f 11 , La belva fu trovata subito. Giaceva a terra, immobile. Ma quando il pastore fu ad un passo, si alzò in piedi cacciando dalla bocca gremita di denti gialli un urlo potente; Atterrò Visci, e gli fu sopra. Uno dei cani fuggi atterrito; e il pastore sarebbe morto senza il coraggio e' l'intelligenza dell'altro. Saltò dietro all'orso e fulmineo >o attanagliò. L'orso, benché dodici volte ferito, e mutilato dal cane, riusci a balzare >n un nuovo nascondiglio, dove più tardi ricevette il colpo di grazia. Gli trovarono le zampe rotte e la bocca disarticolata; eppure, anche cosi avrebbe ucciso Visci,,cui furono cuciti centosette punti. Non esagerano dunque i pastori quando dicono che l'orso è più forte del leqne. Un colpo d'unghia Ha però indole bonaria. Questo antico abitante della Morsica non aggredisce l'uomo che per difendersi. All'ombra dei profondi boschi di faggio, di corro e di frassino., pascola tranquillo, si nutre di teneri viticci, pere selvatiche e ceraselle, radici e dolci tuberi che qui chiamano pancaccioli e, per dirla con zi' Pietro, non dà fastidio a nessuno. Quando si approssima il lungo digiuno invernale, può darsi che agguanti qualche pecora, ma con discrezione. Egli non e dissennato come il lupo che per mangiare un chilo di carne sgozza dieci, venti, se può trenta o cinquanta pecore, abbandonandosi all'ebbrezza di uccidere. L'ursus arctus marsicanus (è il nome che gli han dato i naturalisti) è un tipo parsimonioso, entra nello stazzo, prende una sola pecora, la uccide senza farta soffrirete dicono che la vista di un orso che fugge in piedi, con la pecora in braccio, ha qualcosa di umano'e di mitico insieme. E se i cani pastori l'inseguono per costringerlo ad abbandonare la preda) sa come fdre. Con un colpo di unghia apre netto la pancia della pecora,, vuota in terra gli intestini, e par che dica: « Ecco, e lasciatemi in pare ». ■ Ma proprio la peco- la biblica e. mite pecora, .. .tata avversaria tremenda dell'orso d'Abruzzo, causa prema delia sua distruzione. Non vogliamo dire ohe la pecora ha combattuto, l'orso. Noi alludiamo alla soure del pastore, che ha tagliato le immense foreste di faggio per farne pascolo d'armenti. Per secoli le greggi d'Abruzzo crebbero a misura che le selve diminuirono. E le pecore sono come il- barbiere: rapano a zero. Passano e ripassano, impediscono al bosco di rinascere; fanno il pelo e il contropelo. E ohi, come noi, salga la strada che da Roma per Tivoli porta a Pescara, vedrà lo spettacolo desolante delle giogaie spoglie, petrose, spopolate, un campione purissimo della più grave sciagura toccata al nostro Paese, il diboscamento massiccio. L'orso, che al tempo di Carlo V abitava tutto l'Appennino d'Abruzzo, un po' alla volta ha dovuto cedere all' avanzata dèlia pecora. Perchè, si è rifugiato nell'alta valle del Sangro t Perchè qui è l'ombelico d'Italia, il suo centro ancora vergine, folto di foreste non toccate dalla scure dell'uomo, ricco di caverne, di .neviere, come qui chiamano le grotte in cui anche d'estate si conserva il ghiaccio. Pescasseroli è la capitale di questo luogo antico e selvatico, dove la natura serba ancora aspetti della preistoria: ed è singolare che proprio qui, tra gli orsi, sia nato il cervello più lucido della modèrna speculazione filosofica; alludiamo a Benedetto Croce. I/orso, per antico che sia, suscita immagini umane, forse più di qualsiasi animale. Alcum guardiacaccia del Parco hanno visto una votta, durante il colmo dell'estate, una coppia distesa sull'erba. Erano fianco a fianco, e si carezzavano il muso, teneramente. La stagione li chiamava all'amore, ed (due plantigradi vi si abbandonavano con gaia dolcezza. Improvvisamente dal folto dei rami, sbucarono due orsacchiotti, che ciondolando corsero incontro agli innamorati. Mamma-orsa si alzò, accompagnò i cuccioli nel bosco, insegnandogli qualche buona pianta di mele selvatiche, per tenerli lontani. Poi tornò. Aveva mostrato, cosi, di conoscere il pudore. L'orsa ama i suoi piccoli. Ne ha due ogni due anni, ma la regola non è rigorosa. Se il lupo le ruba un piccolo, ai dispera e i suoi pianti risuonano anche per tre, quattro giornt sotto le volte profonde dei boschi. Per difenderli, non esita a dare la vita. Zi' Pietro a ha raccontato di una' orsa sorpresa da un cacciatore in un campo di grano. Quando udi le pallottole fischiarle sulla testa, il primo pensiero andò ai due cuccioli che brucavano a qualche passo da lei. Calcolò rapidamente la distanza che la separava dal bosco: troppa per salvarsi dai cacciatori. Allora si accovacciò sugli orsacchiotti, che guaivano di terrore, li coperse completamene te, e restò cosi anche quando le pallottole cominciarono ad entrarle nelle carni. I cuccioli, sotto a suo cadavere, furono trovati vivi. .Allo scadere dell'anno a ■mezzo, o poco più, la natura affida a mamma orsa un 'compito difficile. Deve abbandonare i suoi figli. Gli orsaochiotii, abituati come sono alle cure e alle difese della madre, le tengono dietro, stanno, per dir cosi, attaccati alle sottane. Ed anche a lei, che durante lunghi mesi ha custodito i cuccioli rischiando la vita, deve costar qualcosa lasciarli soli nel bosco, dove passa il lupo. Ma gli animali non discutono i disegni della Provvidenza; li accettano come se ne capissero la profonda saggezza. E infatti l'orsa deve prepararsi ai nuovi nati. Il distacco, però, non è senza una crudele poesia. Avviene nel profumo di fragole. Las mamma sa il debole dei suoi rampolli; n quando l'agosto comanda . addio, li conduce nelle selve dove rosseggiano le prime fragole. Gli orsacchiotti vi si buttano golosamente, come bimbi sulle caramelle. Intanto mamma orsa, in punta dei piedi, si allontana, e prima di sparire, si volta indietro a dare l'ultima occhiata. Impressionanti bestiacce Lcucio Coccia, il capo delle guardie, ci assicura che almeno ottanta orsi sono rifugiati tra i monti del Parco Nazionale d'Abruzzo. Secondo i calcoli della direzione, invece, si toccherebbero i duecento esemplari.'In questo momento non corrono pericolo. I pastori li rispettano ed anche se talvolta sparisce una pecora, non temono per gli armenti. Il nemico delle greggi è il lupo, abbastanza numeroso in questi monti. Noi, mentre andavamo visitando le balze della Camosciara, ne abbiamo visto uno correre veloce sulla neve. Ne abbiamo osservati meglio due, tenuti prigionieri dalla direzione del Parco. Da vicino, questi lupi abruzzesi sono veramente paurosi. Hanno teste di vitello, occhi gialli come il limone, vera¬ mente feroci. Sulla schiena, inclinata come quella delle iene, i peli si rizzano quando un uomo si avvicina, e rimangono cosi a lungo come gli aculei dell'istrice. E* strano il suo fascino sulla pecora, che non ne ha paura. Quando se lo vede davanti, non bela, non fugge. Lo ammira curiosa, e pesta la terra, con una zampetta, quasi per invitarlo al gioco. Il lupo non mette più di un secondo per sgozzarne una; e ne ucciderebbe anche cento, anche mille, gliele mettessero davanti e lo lasciassero fare. Le guardie dicono che questi feroci abitatori del Parco sono intelligenti. Per rubare le pecore del gregge agiscono d'accordo, secondo un piano. Uno del branco, mentre gli altri si tengono nascosti, e sottovento, avanza verso lo stazzo. I cani pastori, gli corrono incontro per combatterlo, ed egli si fa inseguire e li tira nel bosco. I compari, avuta via libera, si buttano sulle pecore, le massacrano. A volte i lupi devono portare il cibo lontano, nel nido dove aspettano i cuccioli. Benché forti, non potrebbero trascinare una pecora morta lungo chilometri. Anche in questi casi sanno come fare. Catturano la pecora e se la portano a casa viva. La bocca stretta al collo, si tengono al suo fianco, e la incitano a correre con colpi di coda nelle gambe. Alfredo Todisco

Persone citate: Alfredo Todisco, Atterrò Visci, Benedetto Croce, Carlo V