I racconti di Cechòv

I racconti di Cechòv I racconti di Cechòv Anton Pavlevtc Cechòv portò per tutta la vita il peso di un'in fanzia infelice: la gentilezza, l'affabilità del tratto gli sembra rono sempre qualcosa d'inconsucto, di raro. Frustato assiduamente da un padre ottuso, (anatico di religione, tirannico, e di origini servili, il quale lo faceva alzar la notte per cantare in chiesa, e vender di giorno candele di sego in drogheria, gli anni trascorsi a Taganirog, sul Mar Nero, in una società mercantile e primitiva, dove il ratto di una ragazza da rivendere al serraglio del Sultano non suscitava stupore, e le fustigazioni dei prigionieri zaristi avvenivano vicino alla porta di casa, destarono in lui un senso di umiliazione e di rancore di cui si troverà traccia nel racconto Tre anni. Ad Ivan Bunin, che gli ha dedicato un importante capitolo delle sue a torto trascurate Memorie, diceva: — Ricordatevi che sono un proletario, e che esordendo, « scrivevo come un maiale ». E' duro lavorare per un pezzo di pane, ma scrivere è un mestiere, e non bisogna essére dei' dilettanti che aspettano l'ispirazione... — Da queste esperienze, nacque quel carattere chiuso, enigmatico, di cui i biografi >i Cechòv — fino al . recente e scrupoloso David Magarshak (Londra, Faber & Faber ed.) — stanno cercando la chiave. Egli vede molta gente, vive per parecchi anni fra la numerosa famiglia di cui, pel fallimento del padre e la noncuranza dei fratelli è solo sostegno, possiede pa recchie donne, e di due di esse, Lydia Avilova e la moglie Olga Knipper abbiamo memorie e lettere — i ricordi dell'Avilova sono la parte più interessante del tendenzioso fascicolo commcmih rativo della rivista Europe uscito nel settembre 1954 — eppure rimane quasi impenetrabile. Nè grande ausilio autobiografico ci offrono i Racconti e novelle duecentoquaranta .Jei quali, da lui stesso prescelti e ordinati cronologicamente, possiamo óra leggere in completa e ordinata*versione italiana (Firenze, Sansoni ed., tre volumi) a cai va innanzi un saggio di Emilio Cecchi, e per la quale Maria B. Gallinaro ha composto un'appendice - critico-bibliobiografka. ed hamio'ibtne lavorato Giovanni Faccioli, G. Zamboni, A. Ma ver Lo Gatto e Zino Zini. Noi che apprendemmo a conoscere Cechòv a pezzi e a bocconi, pri ma sulle stampe della « Voce », poi in francese e in inglese, e. a cui ultimamente era spiacinto vederlo voltato alla toscana, ci rallegriamo del nuovo corpus, degnissimo: e diligentissimo, che onora; traduttori ed editori.' Vi si può finalmente seguire il faticoso cammino dello scrittore, dalle storielle umoristiche, e dagli episodietti satirici da cui prese le mosse, a quei lunghi racconti: La steppa, Una storia noiosa, Il duello, La camera n. 6, Il monaco nero, Tre anni. Un delitto, Ariadne, Nella bassura, L'arciepiscopo che sono nella memoria di tutti. Emilio Cecchi ricorda, nella prefazione, come Tolstoj dicèsse: — I francesi, hanno tre scrittori, Stendhal, Balzac, Flaubert, e forse Maupassant. Ma Cechòv è meglio di Maupassant... — Sarebbe più esatto osservare che lo stesso Cechòv conosceva e lodava Maupassant, ma che i temperamenti dei due autori furono assai diversi: sanguigno, a volte grassoccio e beffardo, e in ultimo cupamente pessimistico il francese; malinconico, cauto, scettico il secondo. In Maupassant trionfava un gustò drammatico che Cechòv. cercò invece di frenare e spegnere, sino a dichiarare che di ogni "racconto bisognava saper tagliare il principio e la fine; proprio all'opposto del francese che nell'esordio e nella chiusa, braveggiava. L'aver studiato medicina — praticandola, prima per vivere, e poi occasionalmente — aveva dato al russo un occhio clinico superiore, ed egli non indietreggiava dinanzi alla più spoetizzante realtà: si veda nella minuziosa biografia del Magarshak la nota sulle ballerine che « puzzano come dei cavalli sudati* (in quel tempo, Cechòv aveva per amante una ballerina). . . Per cui, il racconto di Cechòv è più lento, sfumato, meno teatrale e più' poetico del conte maupassantiano; offre un interesse prevalentemente psicologico e di costume. Il russo, materialista e ateo per reazione al settarismo spiritualistico paterno, era pittore sconsolato del dispotismo zarista nei suoi effetti sociali (il Carteggio Qorki-Cechòv ora edito da Rinascita, comprova come bisogni battezzar attivismo politico, delle vaghe aspirazioni, degli sfoghi e dei sogni) ed affascinato da personaggi e problemi che Maupassant avrebbe sentito estranei. La sua natura lo conduceva a ritrarre stati d'ani. mo e vicende tipicamente slave: contrasti sociali, discordanze sentimentali, uri continua meditazione e ricérca del senso della vita. Sappia! io che i fatti di cronaca, le na razioni di testimoni, quanto il | rimo venuto poteva offrirgli, e ano la materia dei suoi raccon l ch'egli si guardava attorno assiduamente, faceva parlar la gente, pigliava fasci di appunti e ritagli. Eppure, quest'osservatore, obiettivo, questo narratore senza partiti presi e senza tesi, impregnava le sue storie di un'atmosfera costantemente identica, fatta di critica e di scontento, d'inquietudine perpetua. Il rozzo e schietto Gorki griderà: «A noi tutti piace confessare e sentir confessare... Basta soltanto esser sincero, largamente sincero, alla maniera russa, con tutta l'anima... » ( Carteggio cit. p. 22). ma Cechòv non confesserà mai, anzi gli spiaceranno le confessioni di Dostojevski). Si troverà invece a suo agio con Tolstoj, non certo — salvo un momento — per le dottrine ma perchè lo sentiva della sua razza; quella del narratore d'istinto, dell'uomo che acchiappa un personaggio, e ce lo rida vero e vivo; che sa distinguere il dialogo colto dalla realtà, dalla battuta fabbricata letterariamente. Egli dirà infatti a Gorki che i suoi personaggi non parlano come nella vita. Questo grigiore uniforme di stile e di tono, con quasi impercettibili sfumature e modulazioni, è la caratteristica di Cechòv. E la sua poesia. Prendete, nella Zampogna, la frase che comincia: «Si sentiva la vicinanza di quel tempo infelice e deprecabile in cui i campi diventano scuri e la terra fangosa e fredda... »; e nella stupenda Steppa, la pagina: «Nelle sere e nelle notti di luglio più non si sente il grido della quaglia e della gallinella...» e tanti altri paesaggi, e Cechòv poeta della natura avrà pochi eguali. Capirete inoltre come l'ambiente, il clima, abbiano forse più importanza degli uomini e ci consolino dei mille protagonisti abulici, o troppo facilmente pittoreschi, impiegatucoli, contadini, proprietari '■ di campagna che popolano i suoi libri. Se c'è un romanziere senza eroe, è proprio • Cechòv. E le sue eroine dalla fatale Ariadne alla mediocre adultera del Duello, non vaigon molto d^pKlt.-c'è qualche ragazza che preannùncia la nuova generazione delle studentesse emancipate, però.ij grosso dell'opera di Cechòv -rimane lo specchio della putrefazione della società zarista,, e il, suo Arciepiscopo non ha laC-Sfòrzai' hè -il colore, del Padre Sergio di Tol stoj. Più crudi, e del tutto degni dei contadini della Potenza delle tenebre appaiono inveceii suoi mugiks, e i mercanti di Nella bassura. L'influenza diy,Sfcedrin su Cechòv è stata certo notevole. Secondo il suo ultimo biografo, Cechòv si iniziò alla vita dei sensi tredicenne, e cornfd: larghe esperienze in materia, nia di romanzi veri e propri, due soli sono a nostra conoscenza^- TAvilova. una signora che aveva velleità di scrittrice, e Olga Knipper, l'attrice che diventò sua moglie. Altre attrici, e ragazze, e persino una indiana nel viaggio di ritorno da Sakhalin dove andò a curiosare fra i deportati, compaiono, anonime, nella Life di Magarshak. Col successo, Cechòv ebbe i mezzi per viaggiare, e fu in Francia, in Italia, in Austria, in Germania, per fissarsi a Yalta in Crimea: la tubercolosi lo accompagnò per tre quarti della sua esistenza, e forse fu una delle cause della sua irrequietezza. Con clinica freddezza, registrava le conseguenze della vita sedentaria, degli eccessi bacchici e venerei su di un organismo debole; si controllava, si andava sempre più rifugiando in se stesso,'e pur lamentando l'afflusso di indiscreti visitatori, la noia della promiscuità familiare, le preoccupazioni finanziarie e letterarie, non. sapeva viver solo. Dalle molteplici testimonianze; di chi lo conobbe, una certa gaiezza.però non lo lasciò nemmeno alla fine; forse lo spettacolo .del mondo, eccitava la »ua vena ironica, lo distraeva. Il suo amore per il teatro, conferma queste doti socievoli. Dopo ■ i primi insuccessi, furono // eabbiano, lo Zio Vania, Il giardino dei ciliegi, Le tre sorelle, a procurargli l'ammirazione delle nuove ■ generazioni, la consistenza letteraria contestata per molto tempo a uno che era considerato un mestierante, un facitore di novelle. E anche nelle sue commedie, è il senso lirico, poetico, a farne l'originalità: chi le giudica corre costruzione teatrale, rappresentazione drammatica, va fuori strada. Non vi accade niente, mentre la tradizione scenica tende al movimento, all'azione: l'impressione che egli ebbe dalla lettura delle pièces ili Maeterlinck, tanto da esclamare che se avesse avuto una sala Ji teatro, avrebbe fatto rappresentare Les aveugles, dimostra la sua affinità spirituale con lo scrittore belga. Oggi, l'immobilismo scenico di Cechòv, appare una satira della società al tempo degli Zar, un simbolo. Il fondo di Cechòv, per reazione all'ottimismo rivoluzionario e declamatore di Gorki, balza più ancora che dal Carteggio. prezioso tuttavia per le lezioncine di stile e di saggezza che segnano il distacco di due generazioni (.peccato che i suoi cu¬ ratori appaiano sprovvisti di ogni familiarità con la letteratura francese, avendo lasciato passare, a pag. 163, un Casimire des Lavines, ch'è Casimir Delavigne), da alcune dichiarazioni riportate dal Magarshak: «L'arte, a differenza dell'amore, della politica, della medicina, non tollera menzogne. Potete ingannar Dio, non l'arte. Mi si dice — e me lo rimprovera anche Tolstoj — che scrivo su cose da nulla. E', vero: non ho eroi di nessuna specie. Ma dove li prenderei? La nostra vita è provinciale, le nostre città senza selciati, i villaggi miseri, il popolo meschino. Quando si è giovani, ci gettiamo con rapimento, come i passerotti, anche sullo sterco di cavallo, ma a quarant'anni ci sentiamo già vecchi, e cominciamo a pensare alla morte... ». E Cechòv, nato nel 1860, si spense nel 1904, a quarantaquattro anni, in una clinica di Badenweiler Arrigo Cajumi

Luoghi citati: Austria, Crimea, Firenze, Francia, Germania, Italia, Londra, Yalta