La coda dell'Inverno

La coda dell'Inverno La coda dell'Inverno Verso la metà di febbraio, mi era venuta a noia la faccia melensa dell'inverno che abbiamo avuto: inverno falso, e come ogni falsità insidioso e dannoso. Voglio dire, stando al fatto delle stagioni, che ogni paese ha da avere e si giova della stagione che gli è propria e alla quale si sono conformati e addestrati, e finalmente, con lo stile delle corrispondenti civiltà, ispirati gli uomini dèi luogo. S'intende che parlo di misure umane e d'umane età, non di età geologiche nè di cicli e mutazioni climatiche misurabili, su scale di centinaia di miU'anni o di milioni. Ma ho detto che m'era venuto a noia l'inverno falso che sta finendo, salvo che non prepari, da vero falso,. qualche sorpresa inaspettata, perniciosa, e falsa più che mai. Tanto, si sa: gli inverni benigni fanno le primavere maligne. Ma è poco, dire m'era venuto a noia. Queste bizzarrie delle stagioni mi inquietano, per un verso come un animale migratore a cui la stagione non dia certi e decisi i segni ch'è tempo di mutare stanza, e, per un altro verso, in quanto sento con fastidio la disarmonia e la sconcordanza che coteste incongruenze delle stagioni dissestate insinuano ed impongono fra la stagione stessa e le opere umane locali, e lo stile, il carattere, le necessità a cui queste, con esperienza di 6ecoli, si sono conformate. Mi venne dunque la fantasia, visto che anche febbraio veniva mancando al suo carattere di mese « corto e maledetto », di andare a cercar l'inverno nel Mezzogiorno. Non già che mi proponessi di scoprire una novità. Anzi, altre volte ho conosciuto il modo dell'inverno nei paesi dell'Italia meridionale, per poco che si lasci la fascia costiera. Sono modi arcigni, con una loro severità, sempre, anche se la temperatura resti mite. E d'altronde, fuori che in quella fascia, che a volte sente anche essa freddi e strizzoni di gelo, talvolta disastrosi, in quei paesi-, l'inverno è crudo. Ed è, come ho detto, severo e austero, in quanto, generalmente, come si sa, gli abitanti vivono in paesi e non sui campi. Da ciò la figura erma e solitaria delle campagne e delle solitudini appenniniche meridionali, meravigliosamente sole nei tempi invernali. Cedendo a cotesto richiamo lontano, e lasciando le pianure nostrane dove il grano, privato del beneficio della neve e della tegola dei freddi, cresce troppo e fa temer le brine, decisi dunque di prendere per la'coda quest'inverno fasullo. Quasi volesse prendermi lui in parola, la mattina che mi misi in via, un grigio vento carico di fredda pioggia e.di nevischio e neve si buttò dalle Alpi sui piani.di Po, e mi soffiò addosso, da tergo e al fianco, fino di là dai passi di Raticosa e di Futa, fino a Firenze. E il giorno dopo, in Valdamo, il maltempo girò al cataclisma meteorologico. Poche volte ho visto piovere con tanta furia e abbondanza, mentre sulla Falterona e su Pratomagno rosse saette solcavano le nubi nere, e da scirocco il tempo buttava rovesci di acqua, con qualche grandine, continui. Credo d'averne contati, prima d'arrivare a Arezzo, una dozzina, uno dopo l'altro; e parevano in agguato, ogni volta che il tempo faceva le viste di ' quietarsi. La strada si mutava in fosso, e i fossi in torrenti, ma più curioso e strano riusciva quando, per giuochi e aggiramenti e salti di vento, sembrava che il irialtempo volesse proprio inseguirmi, finché rimasi in Valdarno. Fece così, per esempio, quando davanti a due passaggi a livello, ormai non lontano da Arezzo, credetti d'esserne fuori, dato che vedevo '1 sole in Valdichiana. Sono passaggi a livello no$ per la regola a cui le Ferrovie" dello Stato si attengono con tanto inflessibile rigore. E* la regola di far perdere tempo ai viaggiatori su strada: e bisogna pensare che sia dettata da un vero è proprio disprezzo verso chi non va per ferrovia. Infatti, a uno di quei passaggi a livello contai i minuti e i treni: quasi venti i minuti, i treni quattro. Ricordo il fatto non per la stizza che mi produsse, poiché questa è da mettere fra le cose inevitabili, per lo meno viaggiando in Italia, ma per la curiosità del temporale, quel dei dieci o dei dodici, come ho detto, che sembrò proprio volesse corrermi dietro e cogliermi una volta ancora, prima che uscissi al sole sulla riva del Trasimeno, fresco d'un verde di prima gemma tale, che se quel famoso giorno il lago fosse stato cosi incantevole di luce stupenda, Annibale et romani, per goderne la vista, rimandavano la battaglia al giorno seguente: e forse sarebbe andata in altro modo. La supposizione, lo riconosco, è molto ardita, e non troppo conforme ai principii della scienza storica. Bisogna condonarla all'entusiasmo estetico, il quale non basterà, lo so, a risparmiare la bellezza di quel lago. Ho sentito dire, infatti, che ci sono progetti pjr asciugarlo; e so bene che gli entusiasmi estetici non contano nmlaanlopracsideraqracascinmtee cpse P nulla, ogni volta che sorgono sir mili progetti. Senza discutere della loro convenienza economica, anzi rassegnandomi a priori alla loro esecuzione, mi tengo libero, proprio perchè non discuto e mi rassegno, di rimpiangere bellezze come cotesta appunto del Trasimeno. Bello in ogni stagione, d'estate, nell'arsura della siccitosa estate italiana, il Trasimeno è raro per la frescura che dall'acqua sua rara e solitaria spira a rallegrare l'animo e l'umore di chi trascorre per la Valdichiana avvampante nella canicola. Quanto all'umore, per oggi l'ho scapricciato abbastanza. L'Italia, in questi miei giorni di viaggio, mi appare tutta quanta un corpo terrestre in travaglio di pioggia e di vento rapace. Un vento, come si suol dire, che si dà alla pazza gioia. Ma lo spazio consentito a un articolo è compiuto. Riccardo Bacchetti iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiii

Luoghi citati: Arezzo, Firenze, Italia