I Guaiuli ad affabile colloquio eon la minata folla degli italiani di Nicola Adelfi

 I Guaiuli ad affabile colloquio eon la minata folla degli italiani LA CORRISPONDENZA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA I Guaiuli ad affabile colloquio eon la minata folla degli italiani In 7 anni sono giunti al Quirinale 2 milioni e mezzo di lettere - Sono lagrime, preghiere, invocazioni: dolori e speranze di povera gente - Temi principali::. disoccupazione, ricerca di un tetto, pensione - V'è chi confida dispiaceri intimi, chi sfoga pene d'amore - Una maestrina ha l'innamorato timido, due fidanzati non si sono potuti sposare - Tutti hanno fiducia nel Presidente - E il Presidente si adopera per quel che può a lenire il destino degli infelici (Nostro servizio particolare) Roma, 5 febbraio. Il corriere che ogni giorno rovescia migliaia di lettere, cartoline, ' plichi e libri sui quattro tavoli della Segreteria di Einaudi è forse lo specchio meno ornato e più veritiero dell'Italia contemporanea, con le sue gioie e tristezze, con le sue preoccupazioni pubbliche e private, soprattutto con i suoi pianti segreti. Quasi sempre sono appelli drammatici, righe piene di errori di grammatica e di lacrime, dilemmi prospettati in un clima di angoscia, questioni disperate perchè senza una via d'uscita. E' un'Italia nella maggior parte dei casi umile e squallida quella che si rivolge a Luigi Einaudi come a un'ultima speranza, sommergendolo in fiumi di benedizioni, in torrenti di espressioni affettuose; oppure semplicemente per chiamarlo a testimone delle proprie sventure. E' il caso, per esempio, di una giovane e bella signora di una grande città settentrionale (qui, come in seguito, eviteremo di citare nomi di persone e di località). Qualche anno fa, ammalatosi il marito, lei trovò lavoro in un ufficio privato, con uno stipendio appena sufficiente a: mandare avanti la famigliola. Seguirono tempi di crescenti ristrettezze e poi una sera di autunno avvenne che invece di tornare subito alla sua triste casa, acconsentì a lasciarsi accompagnare dal proprietario dell'azienda in un ristorante fuori della città. In seguito presero l'abitudine di andare a trascorrere qualche ora in un appartamento ospitale. Lui le diede del denaro, in tutto mezzo milione. Ora la signora è pentita; angoscia, rimorso verso il marito e le due figliole; ella lotta con la forza della disperazione per riscattarsi dallo smarrimento di una stagione. Il marito è tornato in buona salute, ha ripreso a lavorare e non la spaventa più l'idea di licenziarsi dall'ufficio o di es- sere licenziata. Tuttavia l'altro non l'intende a questo modo, e la ricatta: o tutto resta come prima oppure andrà dal marito e gli dirà in quali circostanze le ha prestato denaro per mezzo milione. Che farei Come uscire senza lacerarsi le carni da questa situazione irta di spine t Quasi ogni settimana la peccatrice pentita scrive al suo confidente del Quirinale per ragguagliarlo minutamente, fin nei minimi particolari, sulle sue notti insonni, sui vani tentativi di ribellione, sui nuovi sentimenti di affetto per il marito e per le bambine. Che farei Glielo dica il signor. Presidente prima che impazzisca o trovi rifugio in un atto disperato. Crescente affetto Se questo è un esempio dell'eterogeneità che caratterizza il quotidiano colloquio fra il Quirinale e i cittadini, è tuttavia un caso inconsueto. Com'è da attendersi, sono i problemi di fondo del nostro tempo che stimolano il maggior numero di persone a rivolgersi per lettera a Luigi Einaudi; anzi, attraverso lo spoglio del corriere arrivato al Quirinale negli ultimi sette anni (complessivamente forma una montagna di quasi due milioni e mezzo di lettere), tre problemi risultano i più assillanti 6' diffusi: trovare un'occupazione, procurarsi un tetto, avere assegnata o migliorata una pensione. Quel che può il Presidente fa, e qualche volta fa anche quel che non potrebbe. Fa scrivere al prefetto, al sindaco, ai carabinieri, manda letterine sue personali a questo o quell'amico che ha una fabbrica, uffici, un'impresa; quando riceve i ministri allude all'urgenta di provvedere alla costruzione di case popolari, di aprire altri campi al lavoro, di snellire i procedimenti della burocrazia specialmente nei casi che riguardano la povera gente. E per quanto glielo permettono i modesti fondi, non risponde mai di no quando si trova davanti a una domanda di sussidio. Svariatissima è la gamma dei bisognosi: dalla madre che vorrebbe un apparecchio ortopedico per il figlio colpito da poliomielite all'inquilino che deve pagare un fitto arretrato per. impedire lo sfratto; dal piccolo borghese che si strugge al pensiero di non avere U denaro sufficiente per evitare che il padre morente sia seppellito nella fossa comune alla vecchina che vorrebbe riscattare un suo anellino dal Monte di Pietà. C'è poi la folla di questuanti che, più che scrivere, urla di strazio per avere in tempo i costosi antibiotici e salvare la lllllllllllllIllllllllll1llillllMIIIIIIIIIIIIIItllllllllllI vita di figli, madri, fratelli. La casistica è grandissima, come la folla che ogni giorno si presenta al Quirinale; ognuno grida i motivi per cui dev'essere preferito agli altri, ed esaudito con precedenza assoluta. E il guaio è che tutti hanno ragione. Sette anni fa, quando Luigi Einaudi sali al Quirinale col suo passo lievemente claudicante e con l'espressione burbera di vecchio professore, qualcuno temette che potesse diffondere intorno a sè un'atmosfera di freddezza. Nei primi tempi avvenne infatti che solo pochi cittadini gli mandavano a dire le loro ambasce o le loro gioie, ed erano anche pochi coloro che si rivolgevano a lui per aiuti. Le prime lettere che arrivarono erano addirittura di umore polemico, per non dir di peggio. Oli scrivevano che al Quirinale sarebbe rimasto poco, gli rinfacciavano una per una tutte le brutte cose ch'erano accadute in Italia nel dopoguerra o che ancora vi avvenivano; paragonavano con cipiglio violento il passato al presente. Oggi di quelle lettere ingiuste o irrispettose non ne arrivano quasi più. Si direbbe che gli italiani si siano via via affezionati a questo vecchio e distinto signore, sebbene sia così schivo di popolarità; e sempre più hanno preso la abitudine di scrivergli. Per esempio, da una città siciliana gli scrivono almeno una volta al mese due maturi fidanzati. Sono tutt'e due maestri di scuola, e prima per la guerra e la lunga prigionia di lui, poi per la carestia degli alloggi, non hanno avuto finora la possibilità di sposarsi. Forse ora nemmeno pensano più al' matrimonio, ma ogni sera s'incontrano in un pubblico giardino, sempre alla stessa panchina, e rivanno con i ricordi alla loro vita sprecata, lasciano le briglie sciolte alla fantasia per immaginare quale sarebbe stata la loro esistenza se si fossero aposati quindici anni fa, i bambini che avrebbero avuto, la casa che si sarebbero fatta. E di tanto in tanto vanno in un piccolo caffè e scrivono queste loro melanconiche fantasie al signor Presidente. Arbitro di controversie L'amore ha una parte importante nella piccola posta in arrivo ài Quirinale. Ogni giorno una folla di innamorati ansiosi si rivolge ad Einaudi perchè intervenga presso parenti o tutori per far togliere il divieto ad un matrimonio o fidanzamento; qualcuno, per avallare la santità e profondità delle sue ragioni amorose, affida alla lettura del Presidente i moti più riposti e segreti del cuore, quelli confidati finora solo alle pagine di un diario; altri mandano la fotografia propria e quella della persona amata per dimostrare come essi siano fatti l'uno per l'altro.- Oppure, in quelle lettere si discorre di amori non corrisposti o di amori timidissimi. Per esempio, di una maestrina di Bari è innamorato un suo collega, e lei scrive al signor Einaudi che non sa più a quale astuzia o santo rivolgersi per vincerne la timidezza. Lui le fa lunghi discorsi sulla solitudine, le cita versi, qualche volta le manda bigliettini o una scatola di marrons glacés, oppure le prende una mano; ma il coraggio di dichiararsi non lo trova mai. La maestrina ha fatto ricorso a molte civetterie femminili, inventando un falso corteggiatore per ingelosirlo o fingendo che un moscerino le fosse entrato in un occhio. Nel primo caso l'innamorato timido s'è ammalato; nel secondo le ha soffiato con tutta la forza dei polmoni nell'occhio fino a farla lacrimare per un giorno intero. Oltre che a confidente e a confessore, i cittadini sem¬ pre più di frequente eleggono oggi Einaudi ad arbitro nelle loro controversie; è gente che non si fida della magistratura e si rimette al giudizio del Presidente, specialmente quando si tratta di liti coniugali oppure di liti per eredità. Soprattutto si affidano al suo parere quando la controversia è complicata da ragioni sentimentali oppure quando le parti intendono evitare la pubblicità. Inventori e maghi Einaudi è insomma riguardato come il padre o il nonno di una famiglia di V milioni di persone. Oli chiedono di far da padrino in occasione di battesimi, cresime e prime comunioni; di imporre bambini, giovanetto e donne mature alla radio, al cinema e al teatro; di ottenere dal governo francese il rimpatrio di ragazzi arruolatisi nella Legione Straniera. Oppure gli scrivono così: « Questa notte fra le S,3B e le e,51, dopo ventitré anni di indefessa meditazione, sono pervenuto alla scoperta della quadratura del circolo. E' motivo di orgoglio per me comunicare la notizia al Capo del mio Paese ». Seguono decine o centinaia di cartelle piene di formule algebriche, di logaritmi, di disegni geometrici. In media ogni settimana arriva uno di guest! annunci sull'avvenuta soluzione della quadratura del circolo. A tutti Einaudi risponde, anche a costoro, avvertendoli che i loro studi sono stati trasmessi all'esame dell'Accademia dei Lincei. Altri assidui corrispondenti sono gli inventori, specialmente quelli di ordigni di morte: atomiche alla portata dell'Italia, effluvi letali, specchi ustori, raggi della morte, ultrasuoni mortali. Anche a. questi inventori Einaudi risponde informandoli che i loro studi sono stati sottoposti al Consiglio nazio* naie delle ricerche. C'è poi l'accanita Schiera dei profeti e indovini, lettori del pensiero e delle stelle. Scrivono urgenti messaggi al Presidente ingiungendogli di fare o di non fare una certa cosa uj? determinato giorno a una data ora; oppure di evitare che il tale giorno il nostro governo prenda una certa iniziativa. Posseggono tutti la certezza matematica delle loro profezie e spesso sottolineano con vigorosi tratti di matite rosse e blu le loro perentorie ingiunzioni. Ragguardevole è anche la folla di guaritori e di inventori di nuovi farmaci per la cura delle malattie più terribili. Qualche volta annunciano la loro vittoria sui più insidiosi, inafferrabili virus con lettere che riecheggiano il bollettino di Diaz del 4 novembre 1918. Un discorso a parte meriterebbe infine la vasta congerie di poeti estemporanei e dialettali, poeti lirici ed epici che magari non avranno mai l'ardire di presentarsi a un editore, ma che non esitano a mandare sonetti, odi, elegie, poemi al Quirinale. ' Uno di essi, per esempio, ha raccontato la storia d'Italia negli ultimi dieci anni con sonanti ottave; è un poema di trecento pagine e s'intitola « Einaudiana ». Nicola Adelfi

Persone citate: Diaz, Einaudi, Luigi Einaudi

Luoghi citati: Bari, Italia, Roma