Tragedia del pastore sardo

Tragedia del pastore sardo SETTANTA MI LA FAMIGLIE SUL FRONTE DELLA SICCITÀ' Tragedia del pastore sardo Quando la sciagura lo assale il pastore non cerca la solidarietà dello Stato, si chiude in sè, deciso a difendere con qualsiasi mezzo la propria esistenza - ISei pascoli solitari abitudini militaresche - La casa è una grotta o un nuraghe o una capanna - Pastorizia nomade, economia disperata - Il "servo,, consuma la vita sognando una donna che non incontrò mai, nemmeno durante il servizio di leva (Dal nostro inviato speciale) Cagliari, gennaio. Una delle più grandi comunità pastorali che vivano in Europa, e che serba costumi d'una civiltà durata millenni fra i popoli indoeuropei e semiti, è in pericolo. Avvezzi a temere il cielo quand'è nuvoloso o sereno, portati a non considerare possibile la risorsa dell'aiuto altrui, i pastori sardi, sul punto di perdere il gregge a causa della siccità, non invocano la solidarietà nazionale. Ognuno di essi si chiude in sè, deciso a difendere con qualsiasi mezzo la propria esistenza e quella dei familiari. L'istinto della sopravvivenza potrà manifestarsi in modi che meraviglieranno la società italiana, e che renderanno di nuovo attuale il fe¬ iiiiiiiiiiniiiiiiiiifitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiii nomeno del banditismo a pochi ^mesi dalla morte d'un bandito famoso, Pasquale Tandeddu, avvenuta a Sas Molas, fra le rocce che dominano sinistramente la strada che da Nuoro sale ad Orgòsolo, nello scorso novembre. Il pastore sardo non invierà commissioni a Cagliari o a Roma, città che ignora. E se tenderà in qualche caso un orecchio alle sollecitazioni del partito comunista, accadrà non con la speranza di poter ottenere un aiuto da un partito ma perchè sa che il comunismo, tanto temuto dai padroni dei pascoli, è contro una società a cui egli non appartiene e a cui gli è facile imputare la sua antica miseria. € Se il cielo è nemico, anche il prossimo diventa nemico >, m'ha detto un pastore iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii d'Orune, Non so se traduceva qualche sentenza dal suo sonoro dialetto, o se improvvisava con la ricca vena moralistica di tutti i pastori: è certo ch'egli considerava già scontate le conseguenze della siccità c/ie gli amministratori dell'isola prevedono con timore e di cui il Governo nazionale non pare ancora essersi reso conto. Lo stesso paesaggio, che è quasi sempre un deserio , di pietra dove si muovono volpi, cinghiali, ghiri, scoiattoli, ragni, serpi, e su cui volteggiano gli avvoltoi, incoraggia il pastore ad una difesa di carattere individuale. Le sue abitudini sono militaresche da secoli, e la sua leva non avviene a vent'anni, ma a nove, a otto..., quando i genitori lo strappano dalla scuola e lo mettono dietro un gregge: tanto che novanta casi su cento è analfabeta anche se frequentò alcune classi delle elementari. La maggior parte dell'anno abita o una grotta naturale, talvolta, pur se raramente, un nuraghe, avanzo d'una civiltà che fu sua e che non sente lontana. Oppure abita su pimettu, io capanna daila base di pietra cilindrica e dal tetto corneo di frasche. Ora solitario in steppe che appaiono smisurate, come non appartenessero ad un'isola del Mediterraneo di poco più piccola del Piemonte ma ad un misterioso continente; quasi la Sardegna contenga un' eco dell'Asia Centrale da cui la pastorizia venne. Ora vive in piccole comunità maschili sugli altopiani erbosi del Gennargentu, del Soprammonte di Oliena e d'Orgòsolo, e le abitudini non so?io diverse in Gallura, nella parte montuosa del Logudoroj nei monti del Sud-Est. Brevi visite Quando lascia la tanca e il gregge e torna in paese per portare il latte, ha l'aria d'un militare in licenza. Gliela conferiscono l'abito di velluto sempre marrone, i gambali di cuoio nero, il berretto grigio; ed il passo festoso iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii che lo mena da una bettola all'altra: a salutare compagni non visti da mest, se non coincisero le date di queste corse a casa. La popolazione maschile d'un Comune di pastori, infatti, non è mai contemporaneamente presente: nemmeno per Natale o per la festa del Patrono. E sono visite brevi: una carezza alla moglie, uno sguardo ai figli, eppoi dì nuovo in cammino verso x pascoli che possono trovarsi, in certe stagioni, fontani diecine e diecine di chilometri. La famiglia del pastore è dominata da un vecchio, su mannu, che può essere il nonno o uno zio; ma, pur se subordinata, la moglie ha un'influenza decisiva quando si tratta d'affittare una tanca per il pascolol o di decidere se è bene coltivarne una esigua parte a grano, a ortaggi. O se per disgrazie occorre andare in città: a confidare i guai all'avvocato, a spiegare le ragioni del proprio uomo al giudice, al pretore. E' la donna che decide se un figlio deve studiare jer medico, avvocato, maestro di scuola; e che dispone, per permettergli appunto di studiare, il sacrificio d'altri figli. E' lei che stabilisce la dote della figlia che sposandosi esce di casa. E' una vivandiera che prepara il cibo del marito: formaggio, pomodoro in scatola, sale, ed il pane che si chiama carta 'e musica, carta da musica. Lo vidi, questo pane, la prima volta in una bettola della Barbagia d'Ollolai, quando, avendo detto di non conoscerlo, una giovane donna, bellissìmat e anche lei militaresca forse per la lunga gonna color cannella, ma senza due den- »| ti un vuoto che guastava il continuo sorriso, corse a pigliarne uno. Mi portò una cialda rotonda, d'una cinquantina di centimetri di diametro; croccante, indorata dalla fiamma. <E' pulito >, mi disse la donna nascondendosi la bocca con lo scialle viola. E dovetti assaggiare, quel pane antico, che sa di grano tostato. E' un pane che resiste settimane e che può essere accompagnato al formaggio, a sa frue, uno yogurt sardo, o inzuppato nel latte. Oppure viene immerso nell'acqua bollente e condito con burro e conserva di pomodoro: una specie di lasagna resistente che serba l'amaro del forno. Piii, rararxente va con la carne perchè il pastore ne mangia solo quando gli è possibile rubare una pecora altrui o una del suo gregge s'azzoppa o si sfragella cadendo in un crepaccio. (Questa pecora verrà sventrata, pulita, cotta a pezzi, tenuta in serbo contro la voracità dei cani, delle volpi, degli avvoltoi; ma se la compagnia è grossa, viene cotta intiera sotto terra fra grosse braci). La custode del denaro Ed è la moglie che spesso custodisce il denaro, in una società che l'usa poco, abituata da secoli allo scambio in natura. Mai visti tanti sgualciti biglietti da cento, cinquanta, dieci, cinque lire, quanti nei comuni della pastorizia sarda. Il pastore tiene la Zinna di carta fra le dita come le ali d'una farfalla. E la scarsità del denaro è ora generale, conseguenza dell'arsura. Una pecora non rende quest'anno il suo litro di latte quotidiano, il chilo di lana annuale. Per lo stesso periodo un gregge di cen¬ Ora che c'è la siccità, ci si domanda: Varranno le tradizioni della solidarietà? Un tempo se un gregge era colpito, gli altri pastori soccorrevano portando un agnello, un capretto (<. E ognuno gli dette una pecora », dice l'Antico Testamento) ; ma questo anno la disgrazia è generale. Qualche comune ha il vantaggio delle foraggere, e dovrà difendersi dai vicini: la bardana, la razzia, abitudine abbandonata da alcuni decenni, può diventare l'estrema risorsa. Sulla società pastorale del Mezzogiorno, s'è scritto spesso raffigurandola come una civiltà compiuta; e talvolta prevalse la suggestione letteraria del tema. Nel 1955 gli osservatori avranno un materiale meno poetico ma utile per capire il meccanismo sociale della pastorizia, di cui il banditismo è forse la manifestazione d'un momento critico. Tenteremo di capirlo salendo a Orgòsolo. Arrigo Benedetti to pecore non fornirà, come al solito, la media d'un quintale e mezzo di carne. La Sardegna dà annualmente due milioni e mezzo d'ettolitri di latte, di cui il 25 % va all'alimentazione locale; e nel 1955 sarà solo questo 85 % che potrà essere spremuto dalle flosce mammelle. Venderlo o tenerselo per nutrimentot Se lo si vende, poiché i prezzi sono quasi sempre stabiliti da una -latte sola, quella che compra, la situazione diventa grave e intollerabile pel pastore. Tanto che la Regione, a contrastare tale sfruttamento, favorisce con particolari sussidi le latterie sociali. Un nuovo equilibrio E' una economia disperata" che va corretta trasformando la pastorizia nomade in pastorizia stanziale fornita d\ foraggere. Qua e là s'è tentato e comuni un tempo al margine della legge, come ad esempio Bitti nel Nuorese, hanno trovato la pace in un nuovo equilibrio sociale. Settantamila pastori nomadi sono in balia della siccità. Il Si % ha piccoli greggi: meno di quindici ovini o caprini, meno di tre bovtni. Ed è una categoria che ha il SS % dei bestiame sardo. Gli altri, con greggi che arrivano oltre i cento capi, possiedono in circa cinquantamila il 67 % del patrimonio zootecnico dell'isola. E accanto a questi padroni, spesso miserabili, sta l'esercito dei servi (3os terracos), pagati con dieci pecore l'anno, consegnate ad ottobre in modo che resti loro il frutto del ventre e della mammella col diritto di pascere il piccolo gregge nella tanca del padrone. Il servo del pastore ha come patrimonio oltre alle pecore, una bisaccia, un cappotto d'orbace, un paio di scarpe. Se ruba, diventa un padrone anche lui e cerca una moglie; altrimenti invecchia nella solitudine degli altopiani, perdendo l'abitudine del prossimo. La sua tragedia intima ha caratteri biblici. Consuma la vita sognando una donna che non incontrò nemmeno durante il servizio di leva; spesso condotto al delitto dall'ossessione d'un sogno impossibile.

Persone citate: Arrigo Benedetti