Le origini della ricchezza di Arrigo Benedetti

Le origini della ricchezza Le origini della ricchezza Nella pianura della mia città, poco discosto dal fiume che l'attraversa, sono alcune case che prese insieme non arrivano a fare un borgo. Le circondano altissimi pioppi bianchi, gelsi addobbati di viti americane, acacie. Il posto è contrassegnato dal cognome delle famiglie che l'abitano, legate tra loro da una parentela di cui sapevano dimostrare il fondamento i vecchi ormai finiti nel camposanto vicino; si chiama Corte Lavagna. Intendiamoci, non proprio questo è il nome del luogo nè quello degli abitanti. Se avessi messo il vero, i miei concittadini e forse "anche i lettori che non conoscono la nostra città, avrebbero capito che l'aneddoto riguarda gente molto nota. Del resto il cognome non conta. Ognuno ci metta quello che gli pare, purché sia d'una famiglia che in due generazioni è passata dalla povertà alla ricchezza; e tenti di vedere con me in che modo e con quali astuzie il ramo d'un parentato diventa ricco mentre gli altri rami restano impigliati nella povertà. ' Al principio del secolo da Corte Lavagna usci quel Lorenzo che avrebbe dato il nome ad alcuni prodotti di consumo abbastanza diffuso sulle due sponde dell'Atlantico, nel bacino orientale del Mediterraneo, sebbene le sue merci, a quanto si afferma con orgoglio nella mia città, arrivino perfino in estremo oriente e nelle popolose città della costa orientale australiana. Lorenzo Lavagna da commesso di negozio, diventò commerciante, da commerciante industriale. Quando scoppiò la prima guerra mondiale era benestante, quando finì era ricco. I figli che lasciò morendo a cinquantanni, hanno ingrossato il patrimonio e sono restati uniti; però hanno sciolto ogni legame con la parentela da cui uscirono. ; Nessun membro del parentato povero, d'altronde, ha mai cercato lavoro nelle fabbriche dei cugini, anche se le volte che l'hanno domandato altrove si sono visti osservare quasi con irò-' nia. La risposta è .stata quasi sempre la stessa: «Strano che un Lavagna domandi un posto fuori del parentato ». Oppure, nei casi più favorevoli: «Ti prendo, non altro per'la soddisfazione di comandare ad uno che si chiama Lavagna... ». Tornato dalle mie parti per le feste, Ettore Lavagna, che appartiene al ramo povero, m'è venuto a cercare. Stanco di lavorare la terra coi fratelli, cerca un posto d'autista in qualche società di trasporti. E sapendo ch'io abito a Roma, s'è immaginato che sia facile trovarglielo, come se i caffè di via Veneto o le redazioni dei giornali fossero frequentate dagli spedizionieri. « Strano che un Lavagna... », è stata la mia prima risposta. O qualche cosa del genere. Ettore m'ha ascoltato quasi con ironia, poi, messa da parte la timidezza del campagnolo davanti al cittadino, m'ha detto che nessuno di Corte Lavagna s'adatterebbe a domandare un pezzo di pane ai parenti ricchi. «Ricordargli che nelle vene abbiamo lo stesso sangue, sarebbe come forzarli... ». E, dopo essere rimasto sovrappensiero, ha aggiunto: «La mia famiglia poi sarebbe l'ultima a farlo; perchè se ci riducessimo a chiedere lavoro ai nostri cugini, avremmo l'aria di ricattarli... ». E ha chiuso bocca come se si pentisse di aver parlato troppo. « Sarebbe un ricatto », ha detto infine quasi temesse che senza un ulteriore chiarimento non gli avrei trovato il posto di camionista, « perchè il vecchio Lo-renzo Lavagna, che si chiamava proprio come mio padre, e che come lui era figlio d'un Michele Lavagna cugino di primo grado d'un altro dallo stesso nome e cognome, aveva con noi un debito... Ma nè io nè i miei fratelli avremo mai il coraggio di farcelo pagare. Il giorno che esigessimo il compenso, i Lavagna non potrebbero dirci di no e noi non vogliamo forzarli...». Andato via Ettore, rimuginai il curioso discorso e he dedussi, li per li, che fórse il Lorenzo destinato alla ricchezza aveva avuto qualche aiuto dal cugino destinato alla povertà. Stavo per adattarmi a questa spiegazione, quando venuto il discorso sui Lavagna (nella nostra città se ne parla spefo), un mio concittadino rvha completato il discorso che Ettore aveva lasciato a mezz'aria, da cui viene fuori un caso che si presta ad una morale. La prima guerra mondiale era scoppiata da un pezzo quando il Lorenzo Lavagna povero ricevè una citazione della pretura, di cui non stupì perchè le novità amministrative 'portate dalla guerra erano numerose. Il Lorenzo povero invece si meravigliò pochi giorni dopo, vedendo arrivare a casa sua il cugino ricco. Era l'ora di desinare Forse, pensarono i Lavagna poveri, il cugino andato id abitare in città, si ricorda dei parenti ora che c'è la carestia Tanto che lo costrinsero a sedersi, e a mangiare con loro, dopo di che i due Lorenzi uscirono, mettendosi a passeggiare sugli alti ed erbosi argini del fiume. Il ricco parlava, il povero ascoltava. Al momento di congedarsi il ricco disse al povero : « In quanto all'avvenire, è chiaro che i tuoi figli ne saranno ripagati ». ' Era accaduto che il Lavagna di città avesse subito capito la importanza che può avere una guerra per uno che sia abile, intraprendente e poco scrupoloso. Non ho capito bene, dai . racconti che mi sono stati fatti, se l'imbroglio che ne seguì venne architettato dal Lorenzo destinato a diventare ricco o se non sia stato almeno al principio un prodotto del caso. Giunta all'indirizzo sbagliato la prima citazione, il Lavagna di città invece di correre dal magistrato per l'opportuna correzione, ne ricavò un suggerimento,- arrivando a poco a poco, via via che i triboli della guerra accrescevano la possibilità d'arricchimento a chi fosse capace di cogliere le occasioni che si presentavano, ad azzardare imprese pericolose a nome del cugino. A cui sempre rimborsò il denaro anticipato per pagamento di contravvenzioni e d'altre penali, fornendogli ogni volta che occorresse l'assistenza d'un avvocato. Mai che avesse aggiunto un centesimo di regalo. Prima di tutto perchè il Lorenzo' destinato alla ricchezza era avarissimo, poi perchè il Lorenzo destinato a iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiii restare povero non avrebbe accettato. La guerra finì, il Lorenzo ricco morì e quando il povero si recò ai suoi funerali,. li trovò così suntuosi da convernirne che i legami della parentela potevano considerarsi andati in fumo. E forse il Lorenzo povero non avrebbe più pensato al credito che aveva coi cugini, se al figlio maggiore non fosse venuto in mente di diventare carabiniere. Solo allora il vecchio Lorenzo capì che il debito del cugino era molto grosso. La sua fedina penale era sporca. E suo figlio non poteva essere ammesso nell'arma. Andare in giro a raccontare l'accaduto, avrebbe significato guadagnarsi insieme una fama d'imbroglione e di stupido. Il conto restò in quella specie d'archivio di famiglia, ch'è la testa d'ogni contadino. Mai dimenticato, mai presentato ai creditori. Tenuto in serbo con segretezza, -tanto che è stato con difficoltà, e con l'aiuto del caso, che ho potuto mettere insieme gli elementi di questo curioso aneddoto. Forse Ettore avrebbe taciuto anche se gli avessi promesso in cambio un posto di camionista. (Che avrei promesso in malafede, perchè non basta stare a Roma per soddisfare chi sogna di percorrere le strade sul trono degli autotreni). Arrigo Benedetti

Persone citate: Ettore Lavagna, Lorenzi, Lorenzo Lavagna, Michele Lavagna

Luoghi citati: Roma