Uccide a coltellate la sposa e ferisce suocero e due cognati

Uccide a coltellate la sposa e ferisce suocero e due cognati Due mesi dopo le nozze* a Coldirodi presso Ospedaletti Uccide a coltellate la sposa e ferisce suocero e due cognati , , . ____ s La vittima aveva 19 anni - Era fuggita dalla casa del marito che la picchiava - 'Aggredita mentre dormiva con la madre é il fratellino - Dopo il delitto l'omicida va a chiedere notizie (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 3 gennaio. Dramma non tanto della gelosia quanto della follia, quella di stanotte à Coldirodi, il dolce paese che dall'alto domina le insenature di Sanremo e Ospedaletti. Un uomo ha trucidato, crivellandola di coltellate, la donna diciannovenne che aveva sposato due mesi addietro; ha ridotto in fin di vita un cognato; ne ha ferito un altro, ed insieme il suocero. Datosi alla fuga, si è presentato tre ore dopo all'ospedale di Sanremo a chiedere come stavano le sue, vittime, prima di scomparire nuovamente nell'oscurità. L'assassino, ancora latitante, si chiama Michele Di Cerno, da Città Sant'Angelo di Pescara. Venuto qualche anno addietro a Sanremo in cerca di fortuna, non ne aveva trovata molta: autista disoccupato, lavorava negli ultimi tempi pei una ditta di Bordighera come manovale. Di questa situazione poco brillante non s'era preoccupata la donna che l'aveva sposato il SI ottobre, Addolorata Aiello. Anche gli AieUo sono abruz- sesi, di Castilenti, in provincia dt Teramo. Gente modesta ma laboriosa, benvoluta da tutti a Coldirodi: il padre Gioacchino che lavora da muratore; la madre Elisabetta, brava donna di casa; i tre figli maschi — Francesco di 25 anni, Vincenzo di 22, Gabriele di 15 —, tutti ragazzi seri; la figlia più anziana, Anna, sposata con un uomo laborioso, Pasquale U\gato, calabrese. Ed infine la prediletta, la più piccola: una graziosa bruna, che col suo lavoro di sarta aiuta la famiglia a tirare avanti. E' un dolore per tutti quando Addolorata a diciotto anni accetta di sposare Michele Di Cenzo, un uomo alto, fiero, prestante: ma nessuno pensa a dir di no, ad opporsi o ad avanzare obiezioni. • Celebrato il matrimonio col rito religioso nella chiesetta di San Romolo, Addolorata <segue lo sposo nella sua abitazione a Sanremo il SI ottobre. Il 18 novembre fugge e ritorna dai suoi, decisa fermamente a non rivedere più., il marito, « Il quale — è la sua spiegazione — la picchiava. >. Se questo è l'unico e reale motivo, il sistema se- guito dal Di Cenzo per riconquistare là moglie non sembra certo il p«ù idoneo.* sale a Coldirodi, entra a forza nella casa degli Aiello, urla, spacca vetri, percuote la guardia comunale accorsa in aiuto, minaccia di morte. Piccola, fragile, gentile, Addolorata noti si alza neppure dalla sedia, continua a cvLcire, e a dir di no. E' lui a cambiar sistema, a tornare un'altra volta mite, appassionato, implorante: Addolorata lo ascolta per un'ora, dietro la sua macchina da cucire, gli occhi bassi; e poi pronuncia solo tre parole : « No, è finita ». L'uomo se ne va in silenzio, e la strana storia sembra finita davvero. Gli Aiello han rifatto posto per la figliola, che va a dormire in una delle due camere ed in uno dei 'due soli letti della casetta, insieme alla mamma ed al fratello più piccolo Gabriele (in un'altra stanza, in lin altro letto sono il padre ed un altro fratello, ■ Vincenzo). Cosi le giornate riprendono a scorrere quiete a Coldirodi; e cosi le notti, silenziose e lunghe. Nessuno sente alle 22 di ieri scricchiolare la scaletta interna che porta al secondo piano. Solo quando l'uscio della loro camera M schiude le donne, aprendo assonnate gli occhi, vedono una figura nera stagliarsi contro la luce accesa del corridoio. Non c'è tempo per la paura: la figura si precipita dentro e subito nel buio s'alza l'urlo del ragazzo Gabriele, sul quale nel sonno si è abbattuto il coltello. L'assassino capisce di aver sbagliato bersaglio, balza dall'altra parte del letto, e questa volta non sbaglia/ Rovescia per i capelli sul letto Addolorata, che tenta di alzarsi, e colpisce una, cinque, dieci, venti, trenta volte fulmineamente, metodicamente, senza risparmiare una parte del povero corpo. Si alzano intanto nel buio le urla della madre, che fugge ad invocare aiuto. Coperto di sangue, il Di Cenzo si precipita alla porta, contro il suocero ed il cognato Vincenzo che accorrono dall'altra stanza: altre coltellate, ed i due cadono. L'assassino nell'allontanarsi dalla casa lascia sulla porta la firma: l'impronta sanguigna — ancor oggi nitida — della sua mano. Quando il genero dell'Aiello, Pasquale Ligato, arriva con altri, l'orrore lo paralizza. Non c'è una parete senza . una chiazza di sangue; stille rossastre gocciano dal secondo piano di scalino in scalino. Giù tutti di corsa in un. tassì all'ospedale di Sanremo: per la sposa diciannovenne, non re sta ormai che la camera mortuaria; Gioacchino, il padre, e suo figlio Gabriele se la caveranno rispettivamente in venti e in otto giorni. Grave invece l'altro figlio, Vincenzo, al quale una coltellata ha trapassato il polmone sinistro. Coti questo tragico bilancio non finisce la cronaca. A mezzanotte — mentre già i carabinieri iniziano le ricerche — l'assassino, lordo di sangue, arriva nella sua abitazione di Sanremo-Foce, in via Hope, dove vive la vecchia madre che non s'accorge di nulla. Si spoglia, si lava, si cambia, esce. E' un uomo calmo, normale quello che davanti al Casinò ferma il tassì di Emilio Bongiovanni: ^'Contrattò — racconta l'autista —• il prezzo di una corsa fino a Coldirodi; ma appena d'accordo sulla cifra, ed avviato il motore, mi disse di passar prima dall'ospedale. Lo portai lì, scese ed al portiere chiese notizie delle condizioni degli Aiello. In quel momento qualcuno spostò il portiere: era Pasquale Ligato che avanzava minaccioso gridando: " Maledetto!". D'un balzo il Di Cenzo fu nel mio tassì urlandomi di partire. Ma- Ligato era già davanti alla macchina: senza un attimo di esitazione, l'assassino spalancò lo sportello e fuggì ». Ora tutta la polizia batte la campagna alla ricerca di Michele Di Cenzo, specie lunyo la frontiera che egli, essendo già stato altra volta in Fran-] eia, tenterà probabilmente di' passare. Qualcuno avanza la ipotesi che si sia suicidato: < Un giorno o l'altro mi ammazzo », diceva spesso il Di Cenzo al signor Glanneschini che nell'estate scorsa gli aveva affidato la gestione dei bagni pubblici ad Ospedaletti. « Uno strano tipo davvero — è ancora il signor Gianneschini che racconta — un po' lavorava come un negro, un po' si disinteressava completaìnen. te di tutto. Spesso era malinconico, depresso, e si lamentava di essere un incompreso; poi d'improvviso esplodeva, maltrattava la madre, minacciava di morte se stesso e gli altri. Quando dovetti licenziarlo,, andò in giro a dire che mi avrebbe fatto fuori, finché non fui costretto per prudenza a concedergli anche ciò che non gli spettava». Per quanto riguarda Vassossinio, il quadrò anche clinico è sufficientemente completo. Tragiche conseguenze oggi: i due feriti, il terzo che lotta contro la morte, Addolorata dal corpo martoriato (erano pallidi dopo l'autopsia anche il medico ed il sostituto procuratore). A Coldirodi, dalla casa segnata con la mano di sangue, ancora si alza interminabile nella notte lo straziante funebre lamento abruzzese di mamma Aiello. Giovanni Giovannìni ttndt Addolorata Aiello, la sposa uccisa dal marito a Coldirodi niuimiiiiinimiminmiiiiiiiiiiiiihiiimiiìiiiiiiM Michele Dì Cenzo, il marito i di li i li Giù