L'accusa chiede trent'anni di reclusione per l'omicida di piazza Madama Cristina

L'accusa chiede trent'anni di reclusione per l'omicida di piazza Madama Cristina Il negoziante che ha ucciso a rivoltellate la sua amante e il marito L'accusa chiede trent'anni di reclusione per l'omicida di piazza Madama Cristina Nella requisitoria il Pubblico Ministero sostiene la premeditazione del delitto - Una nuova crisi dell'imputato che grida: «Non volevo ucciderla!» - La sfilata dei testimoni Conclusa l'audizione dei testimoni al processo per il duplice omicidio di piazza Madama Cristina, il Presidente della Corte d'Assise ha dato la parola ai rappresentanti della privata e della pubblica accusa i quali, per oltre due ore e mezzo, hanno argomentato contro le dichiarazioni dell'Imputato Giuseppe Schiavo per dimostrarne l'infondatezza e demolire il castello difensivo da lui costruito. Non sempre l'imputato è riuscito a mantenersi calino e freddo sotto il massiccio fuoco di fila delle accuse; a volte l'emozione lo ha vinto ed egli è scoppiato in pianto. Non ha battuto ciglio, invece, alla richiesta di pena formulata dal P.M. : 30 anni di reclusione. Forse in cuor suo si è sentito un po' sollevato perchè la richiesta, sebbene grave, aveva fatto dileguare, e quasi certamente por sempre, la spaventosa ombra dell'ergastolo, più volte profilatasi durante le arringhe dell'accusa. Lo svolgUnento cronologico del processo è stato il seguente: nello mattinata sono stilati i testimoni; nel pruno pomeriggio sono statilette le perizie psichiatriche dell'imputato e quelle necroscopiche: poi il Presidente ha dato la parola all'avv. Gino Obcrt, patrono del padre della Storelli costituitosi parte civile, ed al P.M. avvocato Biffi Gentili. Con tono pacato ed evitando con cura di sfruttare alcuni dei motivi patetici di cui la causa 6 ricca, ma avvalendosi esclusivamente del fatti e di argomentazioni giuridiche, 11 Pubblico Ministero ha sostenuto che lo Schiavo è colpevole di omicidio continuato aggravato dalla premeditazione; che non sussistono gli estremi della provocazione mentre invece, in considerazione dello stato d'animo In cui si trovava 1 o o i I I a i i l'imputato quando commise 11 crimine, gli si dovevano concedere le attenuanti generiche. L'avv. Biffi Gentili ha esordito delineando brevemente le ligure dei protagonisti della tragedia. Franca Storelli: una giovane donna che aveva al peccato ma che tuttavia non aveva tenuto un atteggiamento tale, con l'imputato, da provocare da parte sua una cosi sanguinosa reazione. Giovanni Galasso: un marito infelice il quale, come accade quasi sempre ai coniugi traditi, fu l'ultimo ad essere informato — e solo per caso — della relazione della moglie. Ed in quell'occasione egli profferì minacce: « Se li sorprendo — disse — li faccio fuori tutti e due ». E' quindi un uomo degno di commiserazione — ha affermato 11 P.M. — e non uno spregevole profittatore di vergognose situazioni come lo vuol far apparire l'imputato. L'imputato Giuseppe Schiavo: llgura non limpida. Ha precedenti penali, è un violento, cacciatore assiduo di gonnelle, traditore Inveterato della fedeltà coniugale, dimentico dell'affetto delle amiche che pur lo avevano aiutato. Secondo il P. M. duplice è la causale del delitto: passione e vendetta. Lo Schiavo uccise la donna perchè ella lo aveva, alane respinto e perchè riteneva di essere stato sfruttato e deriso; ed uccise il Galasso perchè gli attribuiva la « colpa » di aver ricondotto la moglie sulla via dell'onestà. Quanto alla premeditazione il Magistrato ha so stcnuto che era dimostrata da elementi psicologici e cronologici. A questo punto l'imputato scoppiando in singhiozzi ha gridato: «Non volevo ucciderla!». Lo Schiavo — ha proseguito il magistrato dopo la breve interruzione — era in condizioni di spirito ed economiche tali da non pensare ad altra soluzione che non fosse l'omicidio. Lo stimolo criminoso perdurò per tutto il tempo richiesto per l'affermazione della premeditazione e cioè dal giorno dell'acquisto della pistola, fatto il 26 febbraio, a quello della consumazione del delitto avvenuta il 1° marzo. Concludendo il P. M., nel for musare le sue richieste, è partito dalla pena dell'ergastolo ridotta — per la concessione delle atte nuanti generiche — a 22 anni di reclusione aumentati a 30 per l'aggravante della continuazione e per il furto delle valigie compiuto In casa della Storcili. Prima del P. M. aveva preso la parola l'avv. G. Obert II patrono del padre di Franca Stordii ha chiesto la liquidazione dei danni morali e materiali in mezzo milione di lire oltre le spese. Dopo aver tratteggiato efficacemente i protagonisti della sanguinosa vicenda 11 patrono della P. C. ha concluso che la donna uccisa fu meno colpevole di quanto l'imputato volle far credere. Ella soggiacque alla sua violenza, alle sue sataniche insidie e, in seguito, alle sue minacce: temeva che, se l'avesse abbandonato, lo Schiavo avrebbe rivelato la tresca al marito. Quando, infine, ebbe il coraggio di troncare la relazione si preoccupò della propria incolumità a tal punto da organizzare una specie di servizio di vigilanza in modo da aver tempo di fuggire all'apparire dell'imputato. L'aw. Obert ha poi vivacemente criticato la tesi difensiva dello snvopladpPpvscdcdlMlCttcarzrvlUtiJiifiiiiiiiritiJEiiiiiiiiiFJiiiiiiiiiitiiFiiiriiiìJEiiiiiiii sfruttamento: quel poco che 1 coniugi Galasso possedevano l'avevano acquistato con il loro lavorò od a rate che non poterono neppure pagare Integralmente por la loro improvvisa tragica line. Dopo avere abilmente sostenuto la tosi della premeditazione e della non provocazione; il patrono della P. C. ha avuto parole commoventi per altre due vittime dello Schiavo, due vittime innocenti che trascorreranno gli anni della fanciullezza e della giovinezza prive del caldo affetto e delle amorevoli cure della mamma e della guida del padre: i due bambini dei Galasso. Gli ultimi testimoni sono stati Maria Clvarolo che convisse con lo Schiavo per 9 anni, Concetta Calderoni, che ospitava l'imputato, una sarta, alcuni commercianti ambulanti, il presidente di una cooperativa edile. La Civarolo ha asserito che i parenti della Storelll erano al corrente della relazione con lo Schiavo. La Calderoni ha detto che l'imputato aveva un buon carattere ed era ai- legro. Giuseppe Bruno ha dichia-1 rato: «Tutti, al mercato, sapevano della tresca. Questo sciagurato si è. ridotto a zero per lei ». Alcuni altri testi hanno asserito di avere avuto l'impressione che la Stordii si appropriasse di merce dai banco dello. Schiavo. La sarta Marina Zappaterra ha escluso cho la Stordii avesse vestiti di lus so: in tanti anni che la conosceva gliene aveva confezionati soltanto due, modesti. . Il gioielliere Erminio Accornero ha affermato di aver venduto allo Schiavo un bracciale d'oro (scel to dalla Stordii), una, catenella c'ear medaglia pure d'oro, •' un. palo d'orecchini, due sveglie. Il teste Donato Merlino, presidente della cooperativa presso cui lavorava il Galasso, ha detto invéce di aver trattenuto al suo dipendente una quota per 11 pagamento di un bracciale d'oro acquistato a rate Oggi pomeriggio alle 15 pren derà la parola il difensore avv Delgrosso ed in serata la Corte (Prcs. Carron Cova, giudice togato Ansaldi, P. M. Biffi Gentil) cane. Flore) pronuncerà la scn-1 tenza. j