Curioso omaggio agli antichi maestri di Marziano Bernardi

Curioso omaggio agli antichi maestri C Curioso omaggio agli antichi maestri UnriPrlilSf» "P°SÌZÌOne 8 Milano: le 869rete simpatie dei pittori mimLÈLJÈ^im^Jeì passato - Umiltà od orgoglio? (Dal nostro inviato speciale) Milano, 8 dicembre. E' un atto d'umiltà questo <Omagglo agli antichi maestri> la mostra inaugurata ieri à Milano dalla Associazione Artisti d'Italia nel nuovo padiglione della Galleria d'Arte Moderna? E' un gesto d'orgoglio? Il pittore d'oggi che si accosta a Giotto, a Raffaello, a Tiepolo, non nell'abdicataria veste di diligente copista, ma di personale interprete di Giotto, di Raffaello, di Tiepolo, sia genericamente, sia prendendo e modello una specifica opera, dà prova di modestia o di presunzione? Comunque, poiché l'arte è cosa mentale, soprattutto mentale ai giorni nostri, e perciò assai austera e talora greve quando non noiosa — e ci perdonino i critici severi che ammoniscono chi la trova tale di lasciar le esposizioni e di andare al cinema — ben venga ogni tanto, anche in arte, un po' di innocuo < divertimento >. Non lo sdegnavano gli artisti delle passate generazioni c La mia vita? », diceva Alfredo D'Andrade nei suoi tardi anni: <è stata tutta un divertimento»; e Dio sa se aveva lavorato, da pittore, da architetto, da archeologo, da restauratore d'antichi monumenti, sempre da artista. Gli è che coloro sapevano all'occorrenza uscir dal ristretto giro dei casi personali, della problematicità individuale, e bonari umani estrosi inventare anche < interessi » per 1 propri simili. Il mondo dell'arte non si limitava a raffinati e perfetti accordi di sillabe, ma balzava turgido di sentimenti da esprimere, di situazioni da narrare, alla ribalta delle passioni. Ritornati inconsuetamente a quel mondo, questi espositori si sono dunque divertiti, quasi da ragazzi, a c rifare » gli antichi maestri: sforzandosi di entrare per un istante nelle loro così lontane idee, nel lorO|gusto, nel loro stile; ma non come copisti, e forse nemmeno come puri e semplici imitatori Vogliam dire che dipingendo alla Tintoretto una Salita al Calvario (se non erriamo) De Chirico è rimasto De Chirico al modo stesso che Casorati è subito riconoscibile nella San ta Lucia pensata nella temperie di dolce rassegnazione e di timida spiritualità del Sassoferrato; che Paulucci non ha dovuto di molto forzare certi ondosi toni verdi del suoi quadri dell'ultima Biennale per giungere alla fantasia del Paesaggio di Toledo del Greco, e che l'impianto monumentale di Masaccio agevolmente Carlo Levi l'ha ritrovato nella severità della sua più recente pittura. Non si erano fissati temi precisi, nessuno aveva detto ad Anselmo Bucci di darci trattata a guisa di bozzetto, la JS. Tecla che libera Este dalla pestilenza del Tiepolo, o a Leonardo Borgese di ispirarsi al soggetto leonardesco del la Leda. Quindi, nel clima tempestoso della pittura moderna questa mostra risulta qualcosa di più di un intelligente passatempo: è anche indicativa tanto delle attuali predilezioni dell'arte, quanto delle < affinità elettive» dei singoli artisti, da Balletti a Carpi, da Tosi a Mafai, da Menzio a Sassu. Nessun stupore, allora, che uno dei sacerdoti di quell'estetica che trent'anni fa, sotto la etichetta del « Novecento », predicò 11 «ritorno all'ordine», Achille Funi, abbia guardato con tranquilla audacia al Tommaso Inghirami, nientemeno, di Raffaello, per nulla timoroso di far scoppiare una lite, sui gradini del Tempio del Primitivismo, proprio come quando fra Signorini, Borrani e Banti era considerato un insulto domandare se piaceva la Madonna della Seggiola e dei tre almeno due voltavan le spalle disgustati; e, non contento, sia risalito addirittura alle origini umanistiche, agli esemplari della pittura romana. Ma, d'altra parte, già si sapeva quali sarebbero stati i modelli preferiti: Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, il Greco quale lontano progenitore del deformismo; meno attesa, invece, una curiosa ed abbastanza diffusa simpatia per il Tintoretto e per il Tiepolo: che ne penserà il loro censore Roberto Longhi? Questa la intelaiatura della stuzzicante mostra, che ha persino il pepe dell'indiscrezione in quanto svela segrete simpatie, quasi dei piccoli vizi celati sotto il manto di cui spesso la critica veste gli artisti costringendoli con pirandelliana dialettica ad una tirannica fissità di schemi. Da Campigli ci si sarebbe atteso il solito arcaismo, minoico o etrusco a piacere. Nossignori: forse per via delle donne fatte a clessidra, eccolo alle prese con la Grande Jatte di Seurat, che non è poi nemmeno un < antico » maestro e ch'egli perciò ha potuto sforzare nel motivo fino alla caricatura. E nessuno avrebbe potuto immaginare che uno stesso amore per Giotto e per Rubens covasse in cuore a Mafai, tanto da ridurre ad uno stesso stile le Esequie di 8. Francesco della cappella Bardi in S. Croce e la parte centrale della Kermesse del Louvre: che è addirittura inverecondo. Se non che, per uscir dal generico, converrà tornare alla domanda del principio: umiltà od orgoglio? Propendiamo per il secondo. Anzitutto l'artista moderno non può esser umile perchè su di lui ancor grava il vecchio < complesso » romantico della < incomprensione», e perciò anche se è Piccolo deve rizzarsi in punta ai Piedi e gridare son grande. ^ questa una delle ragioni per cui egli raramente copia i maestri nei musei per imparare, per capire con quali mezzi si può giungere a certe altezze? Rubens copiava Tiziano; di lui abbiamo un celebre disegno del cartone della Battaglia d'Anghiari, dove Leonardo rivive e Rubens, fin dove e-i e possibile, si fa da parte. Uno degli ultimi che studiarono copiando fu probabilmente Matisse. Ma già Cézanne, 1 uomo che fu il ponte fra due epoche figurative, più che copiar Veronese lo conduceva al suo gusto, e davanti all'Olympia di Manet sentiva 11 bisogno di darne una versione < moderna », cioè orgogliosamente sua. Così si è giunti qui al Tura di Cantatore, al Tiziano di Migneco, al Greco di Remo Brindisi e di Sassu, al Tintoretto di Virgilio Guzzi, al Botticelli di Montanarini, al Moretto di Morioni, e via dicendo. Omaggi, ma a chi? Ai maestri presi a modello, o ai tardi interpreti, alla lor propria maniera? Il particolare della Presentazione di Maria al tempio ricalcato da Migneco è una legnosa allucinata traduzione arbitrarla del Vecellio. Dov'è la realtà poetica, l'accento, lo stile del testo? e nel bel quadro di Morioni dove sono andati a finire i toni freddi, cupi del Redentore con la croce e un devoto in questa specie di < pastiche » di Rouault? Se questa mostra ci insegna qualcosa, è proprio che la distanza spirituale fra gli < antichi maestri » e coloro che han voluto riawicinarli al proprio tempo è incolmabile. Tranne casi di autentica affinità morale (Giotto-Sironi, Tosi-Moroni) e tolte poche adesioni di carattere grafico (la Fral a Tiepolo, Usellinl a Carpaccio, Treccani a Foppa) il richiamo al passato resta gratuito. L'omag. gio di Carrà è inesistente. Egli stlgpgtsnsdmstnvsgssi guarda, e s'inchina nello specchio. Marziano Bernardi ~

Luoghi citati: Carpi, Este, Italia, Milano, Sassoferrato, Toledo