Terminati i lavori per la riforma dell' IRI

Terminati i lavori per la riforma dell' IRI Terminati i lavori per la riforma dell' IRI Due relazioni diverse sono state consegnate a Scetba, Vanoni, Gava e Villabruna Le intenzioni del governo saranno chiarite in un prossimo Consiglio dei Ministri (Nostro servizio particolare) Roma, 6 dicembre. (e. s.) La Commissione per la riforma dello statuto dell'I.R.I. ha finalmente terminato i suoi lavori, iniziati tredici mesi or sono, rimettendo al Presidente del Consiglio ed ai ministri Vanoni, Gava e Villabruna le relazioni ed i progetti di riforma. Come già era stato anticipato nei giorni scorsi, le relazioni sono due. La prima, di maggioranza, è stata redatta dal presidente della Commissione, prof. Giacchi, con la collabora, zione del prof. Romani, consulente economico della C.I.S.L.; ad essa hanno aderito dieci commissari, tra i quali alcuni funzionari ministeriali ed alcuni docenti universitari. La relazione di minoranza, presentata 'a sette commissari, è stata redatta dal dott. Urciuoli e dal prof. Baffi, capo dell'ufficio studi della Banca d'Italia; ad essa aderiscono, tra gli altri, il dott. De Marchi, direttore generale dell'A.R.A.R., il prof. Sette, presidente della Breda, il prof. Venditti. La profonda disparità di vedute esistente in seno alla Commissione è in gran parte dovuta alla mancanza di precise direttive da parte del governo su questo importante problema. Infatti 11 Ministero Pel la (che decise la nomina della Commissione), malgrado l'esistenza di studi molto esaurienti sulla riorganizzazione dell'I.R.I., dovuti soprattutto all'on. La Malfa, ritenne di incaricare la Commissione Giacchi dì approfondire ulteriormente l'argomento, senza peraltro manifestare l'intenzione del governo su alcuni principi essenziali e condizionanti della riforma stessa: e, cioè, senza chiarire se il governo fosse propenso all'indirizzo delle nazionalizzazioni di certe industrie-chiave, o piuttosto fosse incline a smobilitare l'I.R.I., o infine a mantenerlo nella sua forma attuale. Questa mancanza di impostazione politica ad un problema così complesso fece si che, mentre alcuni membri della Commissione (tra i quali lo stesso ^residente), credettero opportuno caldeggiare un orientamento favorevole alle nazionalizzazioni, senza peraltro potersi spingere troppo ol tre su questa strada, altri commissari ritennero, invece, di mantenersi entro 1 limiti istituzionali assegnati all' I.R.I. dallo statuto del 1948, preoccupandosi soltanto di migliorarne il funzionamento tecnico mediante alcune modifiche di dettaglio. La disparità di vedute in seno alla Commissione riflette una eguale diversità di pareri al livello governativo. Ed infatti, mentre il ministro Villabruna, che dovrà riferire al Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni, appare favorevole alla tesi Giacchi di trasformare l'I.R.I. in uno strumento di politica economica e sociale direttamente influenzato dalle decisioni di uno speciale Comitato di ministri che dovrebbe venir creato appositamente; il ministro del Bilancio, on. Vanoni, ritiene che l'I.R.I. debba limitarsi al compito, previsto appunto dallo statuto del 1948, di < gestire le partecipazioni industriali dello Stato » senza proporsi speciali fini di carattere politico o sociale all'infuori di una sana ed economica gestione. Il parere dell'on. Vanoni sembra condiviso anche dal dott. Menichella, governatore della Banca d'Italia, il quale fu per lunghi anni uno dei massimi dirigenti dell'I.R.I. In sostanza, secondo questa tesi, che è poi quella fatta propria dalla relazione di minoranza, l'I.R.I. nacque da una serie di dissesti bancari ed industriali negli anni della crisi 1932-33. Pertanto nacque irrazionalmente, senza un preciso disegno del governo di In¬ tervenire in questo o in quel settore dell'economia, e si trovò sulle braccia una serie vasta ed eterogenea di industrie, nei più vari settori. A causa di questa sua struttura l'I.R.I. non è, dunque, lo strumento adatto a perseguire una poli tica di nazionalizzazioni (che richiederebbero il controllo dell' intero settore da nazionalizzare) e neppure una politica di continuo intervento dello Stato nella struttura economica del Paese. Il solo compito possibile per l'I.R.I. è, dunque, quello di amministrare nel miglior modo le aziende del gruppo proponendosi, anziché i fini del massimo lucro, propri di ogni privato imprenditore, il fine di espandere la produzione, rammodernare gli impianti, diminuire i costi e, quindi, i prezzi. Secondo il dott. Baffi, della Banca d'Italia, l'I.R.I. dovrebbe, quindi, comportarsi come un imprenditore privato che rispettasse integralmente le regole della libera concorrenza. Queste diverse valutazioni del problema verranno portate in Consiglio dei ministri nelle prossime settimane e dal loro confronto dovrà poi risultare l'atteggiamento definitivo del governo.

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