I "tests,, di profitto e gli esami di Stato

I "tests,, di profitto e gli esami di Stato I "tests,, di profitto e gli esami di Stato L'introduzione dei "tests,, nella nostra pratica scolastica non potrà essere che graduale Caratteri della prevista riforma degli esami di Stato -1 due progetti Martino - Aumento delle prove scritte e ricorso agli orali solo nei casi dubbi - Necessità di sperimentazioni E' possibile ed auspicabile sostituire le attuali prove orali degli esami di Stato con tests di profitto? Molti si pongono questa domanda dopo che alcuni grandi organi di informazione, fra cui questo stesso giornale (v. « Saranno aboliti gli orali nelle prove di maturità? > ne La Stampa del 7 corrente) hanno prospettato l'eventualità o addirittura la probabilità di una riforma di tal genere. Una risposta motivata all'interrogativo esige però un chiarimento preliminare. Si crede da molti che i tests di profitto siano un particolare tipo di questionario, facilmente apprestabile, almeno dagli specialisti. Si mettono insieme tante scelte multiple, simili ai quizzes dei giornali a rotocalco, ma vertenti su nozioni importanti in una certa materia, ed il test è fatto e pronto all'uso. In realtà tests del genere non danno nessuna garanzia ne di sondare ciò che occorre sondare (l'effettiva assimilazione della materia), nè di discriminare i vari livelli di profitto con un minimo di precisione. Oggi, quando da parte di competenti si parla di tests o prove oggettive di profìtto, non ci si riferisce già a siffatte improvvisazioni, ma a strumenti costruiti con grande accuratezza e secondo criteri complessi che si sono imposti attraverso un'esperienza di oltre quarant'anni (fatta soprattutto nei Paesi anglosassoni); questi strumenti, per essere usati su larga scala, devono subire inoltre numerosi collaudi e controlli e tarature di natura statistica: non c'è insomma specialista capace di apprestarli nè in pochi giorni, nè in pochi mesi. Chi scrive ha direttamente promosso e controllato numerose sperimentazioni d'impiego di tests di profitto in scuole medie del nostro Paese (probabilmente gli unici esperimenti sistematici finora effettuati fuori dalla scuola elementare): i risultati sono stati nettamente positivi per quanto riguarda le qualità valutative e pedagogiche che gran parte dei tests apprestati hanno mostrato di possedere, e ciò soprattutto perchè si è tenuto conto con ogni cura delle esperienze positive e negative fatte in proposito negli altri Paesi e si è evitato così di ricadere negli stessi errori già deplorati altrove. Tuttavia non si è giunti a costruire e collaudare nessun test che sia universalmente applicabile in un qualsiasi ordine di scuole del nostro Paese, che valuti cioè obiettivamente il profitto degli allievi a prescindere dal modo in cui è stato svolto il programma, dai testi letti e dai manuali usati ecc. Solo recentemente all'inizio di quest'anno scolastico, la sezione italiana della New Education Fellowship ha costituito un comitato di esperti, professori universitari e medi di varie materie, il quale dovrà curare, fra l'altro, sperimentazioni da compiersi su scala sufficientemente vasta perchè si addivenga a veri e propri collaudi statistici ed a quelle operazioni di centiìaggio su campioni opportunamente scelti, senza le quali è impossibile attribuire a un test punteggi attendibili ai fini di una qualsiasi prova importante. Infatti, per prestarsi a un Impiego generalizzato, un test non solo deve essere oggettivo, cioè tale da eliminare la < equazione personale > del correttore, ma deve anche esser capace di indicare la posizione precisa di ciascun allievo esaminato rispetto ad una estesa ed equilibrata popolazione statistica di allievi dello stesso tipo di scuola, il che appunto si ottiene col « centiìaggio >. Non è qui il luogo di addentrarci in spiegazioni più minute, per le quali rimando agli studi già apparsi o in corso di pubblicazione su riviste pedagogiche o di cultura. Ma quanto s'è detto è sufficiente a farci concludere che una adozione a breve scadenza dei tests negli esami di Stato non è possibile, a meno che non si rièorra a tests improvvisati e perciò pochissimo attendibili. E che non.vi sia quest'ultima intenzione da parte degli organi responsabili, posso affermarlo anche fondandomi sugli amichevoli scambi di vedute che ho avuto su tale soggetto pochi giorni fa con alcuni di quegli BtesBi ispettori ministeriali cui è devoluto il compito di studiare la riforma degli esami di Stato dal punto di vista tecnico. Dunque, niente ricorso ai tests nella preannunciata riforma. Molti tireranno a questo punto un gran respiro di sollievo: ma se questo sollievo è motivato da preconcetta sfiducia verso il sistema dei tests in generale, sono indotto a fare il guastafeste e ad aggiungere che in un futuro non prossimo, ma neppure tanto lontano, i tests potranno benissimo essere impiegati con vantaggio anche negli esami di Stato. E' probabile che nel frattempo molte prevenzioni saranno cadute: è nostra espe. rienza normale che ciò avvenga ogni qualvolta i docenti abbiano modo di osservare direttamente l'impiego e l'efficacia dei tests o prove oggettive di profitto. Ma quale potrà essere allora la ventilata riforma degli esami da introdursi a breve scadenza, forse già alla fine del presente anno scolastico? In proposito non si possono fare che congetture e formulare voti. La prima idea del ministro Martino, quale venne da lui stesso esposta nel corso di un incontro con esponenti della Federazione Nazionale Insegnanti Scuole Medie, avvenuto lo scorso marzo, era abbastanza semplice: snellimento da ottenersi riducendo le sessioni ad una sola, aumentando il numero delle prove scritte, attribuendo ad esse un doppio valore eliminatorio rispetto agli orali, non solo nel senso di non ammettervi i gravemente insufficienti, ma anche nel senso di approvare senza orale I meritevoli, di modo che per gran parte delle materie l'orale sarebbe stato necessàrio Bolo nei casi dubbi. Questo progetto era già stato studiato in qualche dettaglio dai tecnici del Ministero; ma in seguito lo stesso ministro Martino si orientò verso l'eliminazione completa degli orali, da sostituirsi tutti con prove scritte, la cui correzione dovrebbe presentare anche la garanzia dell'anonimato. Sembrerebbe che questo orientamento sia ora condiviso dal ministro Ermini. Ma gli inconvenienti ai quali si andrebbe incontro attuando d'un tratto una riforma del genere sono tanti e così aggrovigliati che è auspicabile ed anche probabile che si ritorni al primo progetto Martino. Questo progetto offre molteplici vantaggi: abbrevia e snellisce alquanto il lavoro della commissione esaminatrice, dà buone garanzie di obiettività, purché la correzione degli scritti sia fatta con molta cura (sarebbe opportuno esigere che ciascun elaborato venga corretto da almeno due commissari indipendentemente), diminuisce per gran parte degli allievi la psicosi d'esame, ch'è provocata soprattutto dall'attesa delle prove orali. Ma il pregio maggiore del progetto è nella sua stessa duttilità ed elasticità; il problema più grave è infatti quello di trovare tipi di prove scritte che permettano valutazioni esatte ed esaurienti. E' probabile che in molte materie esse assumeranno la forma del questionario, recante una nutrita rosa di questioni da cui l'allievo dovrà trascegliere, in numero stabilito, quelle cui fornire risposta scritta in modo più o meno conciso. La possibilità dì ricorrere ad ulteriori accertamenti orali fornirà l'opportunità migliore di saggiare la validità di tali questionari e ne favorirà il progressivo perfezionamento. Ed in seguito, la stessa introduzione dei tests oggettivi potrebbe così avvenire gradualmente e senza scosse; nessun mutamento sostanziale al regolamento degli esami sarebbe all'inizio necessario. Insomma, il primo progetto Martino sembra avere fra gli altri pregi quello di promuovere quella sperimentazione intelligente, ch'è purtroppo tanto trascurata nelle faccende scolastiche, e di promuoverla in forme certo accettabili da tutti, allievi, genitori ed insegnanti. Sono appunto gli insegnanti che, per bocca degli organi direttivi della Federazione, hanno testé richiesto che si operi fermamente per il rinnovamento dei metodi d'esame, ma ci si guar¬ uiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiti^iitiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiii di dalle improvvisazioni. La strada della sperimentazione ampia e obiettiva, quale è quella che ci verrebbe aperta dal primo progetto Martino, è probabilmente l'unica che concili queste due vitali esigenze. Aldo Visalberghi

Persone citate: Aldo Visalberghi, Ermini