Favole vere

Favole vere Favole vere Lo spunto potrebbe esser fornito dai Marziani, ma ormai tanto se ne parla, e dappertutto, «he il solo accennarne sa di luogo comune anziché di Utopia. Chi si meraviglierebbe se fosse poi vero che a bordo dei dischi volanti ci sono gli abitanti di Marte? Chi, onestamente, può più meravigliarsi di qualunque cosa, oggi, in questo secolo delle meraviglie? Le fantasie dei narratori di fiabe, i sogni degli alchimisti son diventati realtà. Si verificano le predizioni più azzardate, come quella del settecentista Lichtenberg, che i chimici del futuro troveranno modo di decomporre l'atmosfera (un aforisma la cui lettura faceva venire i bordoni al bravo Schmelzle nel romanzo di Jean Paul); la Commissione per il controllo della energia atomica conferma che il mercurio, sottoposto a bombardamento atomico, diventa oro; e se leggendo li Jordin des supplice; di Mirbeau si poteva ascrivere solo a fantasia morbosa la mescolanza di cadaveri di suppliziati e di lussureggiante vegetazione, leggendo Hiroshima di John Hersey quello spettacolo decadente si ritrova esattamente riprodotto: l'esplosione atomica s'è incaricata della messa in scena sventrando gli edifizi, dilaniando i corpi umani, ma stimolando gli organi sotterranei delle piante fino a ricoprire tutto di « fiordalisi e iucche e chenopodi e ipomee e emerocallidi e portulache grandiflore, e lappole e sesamo e panico e matricale » Sarà stato un caso che una donna caduta nel Tamigi da Vauxhall Bridge nel gennaio del 1946 fosse sostenuta sull'acqua per un miglio dalle vesti che si eran gonfiate d'aria, come Ofelia in Amleto galleggiò allo stesso modo « a guisa di sirena », ma non è più per un caso meraviglioso che si ritrova una pantofola come quella di Cenerentola, una pantofola di vetro. Pietro Paolo Trompeo, difendendo la versione « pantofola di vetro » contro l'altra « pantofola di vaio » sostenuta dai filologi che leggevano voir anziché verre nella favola di Perrault, giustamente invocò l'inusitato e lo strano, elementi di fiaba, a sostegno della, versione tradizionale, e pensò a pantofoline « filate in quel vetro di Murano sottile, iridato, che può assumere i colori del cielo e del sole, la trasparenza dell'aria, la mutevolezza delle nuvole ». Ma, filate o no a Murano, codeste pantofoline avevano dell'incredibile, .poiché — come osserva il Cardinale nella Duchessa d'Amalfi del Webster — « è più facile rendere malleabile il vetro che costante una donna ». Oggi, a parlare di pantofole di vetro, c'è qualcuno che sgranerebbe gli occhi dalla meraviglia? E' da anni oramai che si fanno fili elettrici di vetro filato, e il News Chronicle del 10 gennaio 1946 accompagnava la figura d'un paio di deliziose pantofole con questa notizia : « Come quelle di Cenerentola: Pantofole trasparenti come queste sono prodotte da un calzaturificio di Londra Nord e presto saranno in vendita per le donne inglesi. Le suole e i tacchi consistono d'un sol pezzo d'una materia plastica già usata per i parabrezza degli Spitfires nella Battaglia dell'Inghilterra. Sotto ai tacchi e alle suole sono sottili strati di plastisughero che impediscono di scivolare ». Incredibili le pantofole di Cenerentola... ma i moderni posson vederle nelle vetrine di ogni calzolaio! Una delle fiabe di Andersen, La Regina della Neve, parla di uno spirito maligno, il più birbone che ci fosse: « Un giorno era d'umore eccellente, perchè aveva costruito uno specchio che aveva il potere di far yì che tutto quello che era buono e bello quando vi si rifletteva sembrasse povero e meschino, ma ciò che non valeva niente e appariva brutto era mostrato d'una bruttezza spettacolosa. In questo specchio i più bei paesaggi apparivano come spinaci bolliti, e le persone più prestanti diventavano spauracchi e sembravano stare a testa all'ingiù; i loro volti erano così distorti che non si riconoscevano; e se uno aveva un neo, potete star certi che quel neo era ingrandito fino a coprire il naso e la bocca. « Che gusto matto! » diceva lo Spirito. Se per la mente d'un uomo passava un pensiero buono, nello specchio si vedeva una smorfia, e lo Spirito rideva di cuore della sua scoperta. Tutti gli spiritelli che andavano a scuola da lui — poiché egli teneva una scuola per spiriti — si dicevano l'un l'altro che era accaduto un miracolo, e che ora soltanto, pareva loro, sarebbe stato possibile vedere quale era il vero aspetto del mondo. Si misero a correre attorno con lo specchio, e alla fine non ci fu paese o persona che non venisse rappresentata tutta deformata nello specchio ». Anche questa favola ci lascia freddi; non sgraniamo gli occhi a tanta perversità dello spirito maligno, perchè tutti più o meno abbiamo visitato qualche esposizione di pittura e scultura contemporanea (l'esempio dell'ultima Biennale è quello che ci vien fatto di ricordare per primo, ma non è che uno tra mille), e vi abbiamo scoperto corrisponden¬ ze impressionanti con ciò che Andersen scriveva abbandonandosi alla sua sbrigliata fantasia. Anzi, Andersen ci sembra blando, povero d'ardimento, di fronte a quello che può fare quell'anticristo burlone che è Picasso. Ora io non vorrei con questo corteggiare l'applauso dei pittori arretrati e incapaci di liberarsi da trite convenzioni, o degli imbrattatele indigenti invidiosi dei successi di. altri imbrattatele fortunati; se non vorrei per nulla ospitare in casa mia un cosidetto ritratto di donna seduta di Picasso, non vuol dire per questo che sarei felice di contemplare ogni giorno un Géròme o un Alma Tadema. Ma insomma c'è un limite a tutto, e quand'io vedo motivi che tutt'al più potrebbero passare per la decorazione d'una cravatta o d'una gonna « fantasia » fregiarsi del nome di quadri, o quando vedo in Art News del marzo di quest'anno riprodotto l'interno dello studio dello scultore Ibram Lassaw nel Greenwich Village, allora mi pare d'assai sorpassato il limite dell'assurdo, e scorgo una Stupidità ultrasonica insediata in trono come nella conclusione della Dunciade del Pope. Campbell, autore dell'articolo su Lassaw in Art News, dice dello studio dell'artista : « Nulla in esso fa pensare a uno scultore se non la stufa col suo lungo tubo che scompare nel muro. Altrimenti ci sono bombole di ossigeno e di acetilene, un desco con un cannello da saldatore, una tavola coperta d'una plancia di asbesto, bacchette di bronzo e d'acciaio di vario spessore che escono da scatole come fasci di spaghetti, scaffali con bottiglie di acidi coperte di polvere, ciambelle di fili metallici flessibili appese al muro, seghe da contornare, e qua e là pezzi scombinati di attrezzi e macchine che Lassaw ha raccolto per strada e intende di riparare quando ha tempo ». Che cosa sono, in confronto, le fantasie dell'Arcimboldi, quei riconoscibili profili umani in un affastellarsi di frutti, di fiori, di conchiglie e che so io? Arcimboldi «primo fra tutti gli astrattisti italiani » lo definisce Benno Geiger in un recente libro: sì, il cacciatore di Arcimboldi che risulta composto di oggetti pertinenti alla caccia può far pensare a una frase di Joyce con le parole deformate secondo cer te associazioni ossessive, e alcune « sculture » di Picasso ( come la testa di toro formata dal sei lino e dal manubrio d'una bici eletta) potrebbero raccostarsi all'allegoria della Cucina di Arcimboldi, busto umano tutto formato di utensili di cucina. Ma nbstMsinvsstrgqvncpzsdzdbdoenpnTa, nei tardo Cinquecento, tra il ma-1 iiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii nierismo e il barocco, l'Arcimboldi era celebrato proprio sullo stesso piano d'un Tiziano o d'un Michelangelo? Direi che piuttosto egli era tenuto in conto di incomparabile inventore di trovate divertenti, e il Lomazzo, nel suo Trattato, destinava i suoi spiritosi quadri non agli appartamenti, ma a « luoghi mercuriali », come, immagino,, botteghe, officine e via dicendo, coi quali gli elementi che componevano i quadri avessero consonanza. Forse i futuri storici diranno che l'arte astratta era destinata provvidenzialmente a familiarizzarci con gli aspetti più mostruosi e deformi e inumani in vista della grande invasione di Marziani dell'anno x. Così Dante si disponeva alla vista dell'empireo bevendo con gli occhi il fulgore del Fiume di Luce. Ma di quali orrori futuri le sale delle nostre esposizioni d'arte contemporanea vogliono essere «umbriferi prefazii »? Mario Praz

Luoghi citati: Amalfi, Greenwich Village, Inghilterra, Londra