Il giovane ucciso dalla zia si vantava di amori inesistenti

Il giovane ucciso dalla zia si vantava di amori inesistenti Il processo della torinese alle Assise di Roma Il giovane ucciso dalla zia si vantava di amori inesistenti I testimoni, fra cui un'impiegata della Riv, lo descrivono ciarliero e spaccone (Nostro servizio particolare) Roma, 22 ottobre. Terminato a porte chiuse l'interrogatorio di Carmen Sesso, imputata di aver ucciso il nipote Giuseppe Lerro, il presidente dott. Tangari ha iniziato stamane, in pubblica udienza, l'escussione dei testi, interrogando in primo luogo 1 genitori dell'assassinato. Menotti, il padre, macellaio ad Omignano (Salerno), paese d'origine dei Lerro, sebbene gli rimangano quattro figlie ed un figlio ancora bambino, è stroncato dal dolore. Ancor giovane d'anni; pare un vecchio. Egli dice che la tragedia è stata originata dalla pazzia furiosa di entrambi 1 protagonisti; prima dal suo Peppino, accecato dalla passione e poi dalla cognata Carmen che, fuori di senno, sotto l'Incubo di un'ossessione, si è deliberata ad uccidere. Polemizza decisamente con l'opinione fatta correre al villaggio. Il figliolo, quando fu ad Omignano, mai gli disse che la Carmen era stata la sua amante. Verso costei e il marito, il maresciallo Ricciotti, dimostrò sempre invece molta riconoscenza per la ospitalità ricevuta a Torino durante "sei mesi e per gli impieghi di apprendista sarto che lo zio gli aveva successivamente procurato. Se un rancore il giovane di mostrava era verso gli altri ine zii, Domenico e Angelo specie verso quest'ultimo che aveva provocato il suo allontanamento da Torino. Da quale motivo era stato spinto ad esortare il generoso Ricciotti a rimandare l'apprendista Sarto al paese d'origine? Secondo lui, dalla gelosia, che la pre senza del giovanotto nella casa, sempre aperta ai parenti, toglieva a lui, Angelo, le preferenze e le attenzioni del maresciallo e della consorte. Era venuta la volta di Peppino che IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII essi avevano preso a trattare come un figlio, ricolmandolo di benevolenza. Il giovane nipote aveva insomma soppiantato lo ziot ancora povero e senza occupazione, nell'affetto dei due munifici parenti. E Angelo mal vedeva l'intruso. Fece di tutto per farlo allontanare. Carmela Venuti, la madre dell'ucciso, è una donna magra, alta, secca. I suoi penetranti occhi scuri brillano sotto il fazzoletto nero che le avvolge il capo. La maggiore accusatrice, nella fase istruttoria, è stata lei. < Quella donna che mi ha ammazzato Peppino deve pagarmelo caro >. E' la frase che ostinatamente ancora ripete, non già riferendosi ai danni materiali — per ì quali il marito della sparatrice e il fratello pare si siano accordati con la liquidazione di una somma — ma al carcere che la cognata deve scontare. Alle autorità inquirenti (1 carabinieri, il pretore di Torchiara) essa rapeontò molte cose che il figlio le avrebbe rivelato quand'era a casa dopo il rinvio da Torino: di essere stato l'amante di Carmen, donna facile, e di averla sorprésa in intima compagnia del cognato Angelo Lerro. Ora, in udienza, la donna non è più sicura, non ricorda, nega. Il P. M. interviene: — Ma diteci: per quale motivo vi hanno ammazzato il figlio? Teste — Nun o saccio... che v'aggio a dicere? Per invidia. Angelo istigò Carmen contro mio figlio. Sotto il fuoco di nuove domande, la donna finisce per ammettere: < Ero instruita >, che vuol dire < preparata a rispondere secondo un piano ». Ordito da chi? Essa lo" rivela senza esitazione: < Da Pietro Vasaturo >. Costui, morto un anno fa, era padre di Rosetta con la quale Peppino si era fidanzato prima di arruolarsi. Il Vasaturo, privato del futuro genero, in odio all'assassina, collezionava le < voci >, istruiva i testi, preparava le deposizioni. Aveva anche frequenti colloqui con la madre della vittima, esacerbata dal dolore contro colei che le aveva ucciso il figlio primogenito, prossimo ad essere promosso sergente e sul quale si basavano molte speranze della famiglia. Carmela Venuti è congedata. Ha inizio la sfilata di numerosi altri testi, primi 1 compagni di lavoro della vittima. E' interrogata Ida Riccio vedova Furiolo e poi la nuora di lei Maria Chisci. Entrambe abitano in via Giacinto Gallina 3 a Torino, la seconda è operaia alla Riv. Al tempo in cui Giuseppe Lerro era apprendista alla sartoria Maltese vi si trovavano come lavoranti. Il giovanotto parlò più volte ed a lungo con loro del suo amore per la zia che faceva credere corrisposto, pur senza dire esplicitamente di essere stato con la Carmen in rapporti intimi. Affermava di darle e ri- ceverne un bacio quando usciva o rincasava, di ricevere da lei affettuose preferenze (piattini prelibati e altre attenzioni) all'insaputa del marito, di portarle ogni mattina il caffè a letto e di vederla in tal mo do vestita sommariamente, am mirandone la bellezza. Pare risulti che i coniugi Lerro non prendevano mai caffè e che la Carmen si al zava per tempo e, svegliato Peppino perchè non facesse tardi sul lavoro, usciva per la spesa. Erano dunque tutte vanterie per farsi bello, specie agli occhi della Chisci, ancora giovane e graziosa? A costei il giovanotto fece la corte e ne fu respinto. Che il sarto diciottenne fosse un millantatore (capace quindi di c montarsi > al punto da far credere e, alla fine, credere egli stesso a relazioni amorose del tutto fantastiche) conferma anche Gaetano Panuzzi, capo lavorante presso la ditta Pugliese, ove il Peppino fu dipendente. Lo stesso sarto Armando Maltese, che fu principale per 40 giorni del giovanotto, ribadisce le dichiarazioni fatte dagli altri. In istruttoria, per vero dire, non è stato sempre chiaro e lineare; in primo tempo ha voluto mettere in buona luce 11 Peppino, credendo di usare un riguardo al fratello sottufficiale; poi, saputi i particolari del dramma di Roma, non ha più nascosto la verità: aveva allontanato l'apprendista dalla sartoria trovandolo svogliato e yoco applicato al mestiere. La Corte appura così che Giuseppe Lerro, in meno di sei mes' di permanenza a Torino e calcolando oltre un mese di disoccupazione, ha tenuto ben tre posti (nelle sartorie Pugliese, Maltese e Maccaroni). Dopo breve tempo veniva licenziato per inettitudine, cattivo carattere e pettegolezzi. E' sulla pedana, ora, Luigi Cardone di Laureana Cilento (Salerno), commilitone della vittima al II Artiglieria. Narra che il Lerro si vantava di molte relazioni amorose avute a Torino. Con lui, però, non disse mai di aver avuto rapporti con la zia. Affermò invece di essere, a Roma, l'amante della fantesca del colonnello, del quale era autista. Fra l'ilarità della' Corte 11 Cardone racconta che fu invitato dall'amico a constatare con 1 propri occhi la veridicità di quel rapporto amoroso. Lo invitò a un appuntamento con la ragazza, la quale però non comparve. In chiusura d'udienza sono sentiti alcuni abitanti di Omignano, i quali riferiscono fatti poco lusinghieri sul conto del cognato Angelo Lerro. Altri testi — e sono parecchi — saranno sentiti domani e lunedì. Dopo una sospensione di un giorno, le udienze riprenderanno forse con le arringhe degli avvocati Dal Fiume e Simonettl. E' da prevedere che il processo si concluda alla fine della prossima set- timana. a. n. Carmela Venuti, madre di Giuseppe Lerro, lazzo di Giustizia per deporre al processo. reca a Pa- (Telefoto). iiiiiHiniiiiiiiiiiiiiiriiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii tiiiiiiniMHit::iiiiMii hiiiiìhiiìi n