Convegni d'arte di Lionello Venturi

Convegni d'arte Convegni d'arte La graziosa città di Belluno ha fiorito nel Settecento con una scuola di pittura che ha contribuito all'arte veneziana. Vi appartengono Sebastiano Ricci e suo nipote Marco, Gaspare Diziani, Giuseppe Zais e altri minori. La recente mostra delle pitture del Settecento nel Bellunese è stata molto utile, non solo perchè ha fatto conoscere opere inedite o difficili a raggiungere, ma anche perchè ha rivelato l'alta qualità di Marco Ricci, che non ha finora la fama che merita. Si sapeva della sua foga drammatica e dell'influsso da lui esercitato sulla pittura di paesaggio, persino su Guardi. Ma la libertà fantastica, la chiarezza e la ricchezza dei suoi toni, specie nei quadri di rovine, si sono apprezzate a Belluno. Egli non può rappresentare le rovine romane come sono, ha bisogno di comporle secondo la sua fantasia. Bisogna dunque fargli un posto accanto a Guardi e a Canaletto. La mostra è ora chiusa; chi vuol farsene una idea consulti l'ottimo catalogo di Francesco Valcanover. Sono arrivato a Belluno pochi giorni dopo la visione di Guido Reni a Bologna. Una mostra internazionalmente famosa, saluta ta come il ritorno d'un eroe d: un deprecato esilio. Infatti, sino al Romanticismo, il Reni fu divinizzato, secondo soltanto Raffaello, e poi dimenticato anzi spregiato dai più. A torto, naturalmente. Non si tiene il campo della pittura per circa due secoli, senza avere alte qualità di pittore. Perciò la mostra è benvenuta, e permette al gu sto attuale di assumere una posizione precisa davanti a un artista che non si può trascurare. Cesare Gnudi con il consueto acume e con grande tatto ha nella prefazione al catalogo ricostruito la personalità dell'artista. Su quella ricostruzione si può impostare il problema critico oggi, non per riportarlo a quello che era prima del Romanticismo, ma per spiegare a noi stessi perchè, dopo avere ammirato la bellezza, la genialità, il valore pittorico dell'opera di Guido, sentiamo per lui una insuperabile antipatia. La ragione si può scoprire se s'inquadra storicamente l'artista. E' noto a tutti che il Seicento è stato il secolo della « grande angoscia ». Un ingegno che si preoccupava di proiettare le grazie efebiche nelle sue tele, e a metterle a servizio della Chiesa con il più esagerato pietismo, non viveva nel suo tempo e quindi non viveva di vera vita. I principii del neoclassicismo non ci bastano più perchè abbiamo una coscienza storica ben più viva che due secoli fa. Arrivato a Belluno davanti al piccolo Marco Ricci che subordinava le rovine romane al suo capriccio pittorico, sentivo che aveva raggiunto la sua perfezione artistica sia pure limitata. A Bologna davanti a Guido Reni, che ammiravo come un grande sentivo la mancanza di armonia fra la personalità dell'artista e il mondo in cui era vissuto. Clas sicismo e Gesuitismo hanno impedito al Reni di esserci vicino come sono tanti altri che non hanno avuto l'ingegno di lui ' * * Una mostra di notevole importanza, che tuttavia non ha avuto molta eco nella stampa, è quella della « pittura viterbese ». Non sono precisamente i mae stri locali che ci attraggono, ma le opere eseguite per la provin eia di Viterbo. Anche per questa mostra un bel catalogo è stato pubblicato a cura di Italo Faldi e Luisa Mortari. La sala delle pitture del XII e XIII secolo è la più impressionante: una serie di Cristi benedicenti, grandiosi, severi, potenti: quello di Sutn è di eccezionale qualità. Sono tutti repliche dell' immagine acheropita del Sancta Sanctorum, e pur tuttavia ciascun pittore ha saputo imprimere nella replica la propria qualità di artista. E' una serie che molti grandi musei invidierebbero. Anche un * San Francesco » proveniente da Orte è di rara qualità. Dopo il gruppo delle opere del secolo XIII, si susseguono quelle di maestri conosciuti: Vitale da Bologna, Giovanni di Paolo, Filippo Lippi, Girolamo da Cremona, Lorenzo da Viterbo, Sebastiano del Piombo (col 8uo capolavoro della Pietà), ecc. Eppure dopo avere girovagato pieno di gioia nelle sale dedicate all'arte dal XIV al XVI secolo, ritornavo con particolare attrazione alle pitture essenzialmente astratte del sec. XIII. Più lontane da noi per la pienezza e certezza di espressione religiosa, esse appaiono non solo vicine ma necessarie proprio per la presenza di un al di là cui l'arte nostra aspira inquieta e tormentata. Tutto ciò che è relativo, contingente, vita quo¬ tigtàqvangtotopnrpddtpcppnncnAzlt1ziSc tidiana, manca in quelle immagini che sono fatte per l'eternità e l'assoluto. Mi sono ricordato di esse quando ho partecipato al Convegno: Arte figurativa - arte astratta, indetto dalla Fondazione Cini nell'Isola di San Giorgio a Venezia nei giorni 4-6 ottobre, al quale hanno partecipato artisti e critici di numerosi paesi (dall'Australia alla Polonia). Chi ha vantato l'arte figurativa, e chi l'arte astratta. Dopo di che ci si trovava al posto di prima, cioè nella zona fluida dei desideri personali. Fortunatamente la discussione si è fatta più concreta quando si è voluto chiarire che cosa s'intendesse per spazio nella pittura; e seppure a questo proposito non sono mancate le opinioni personali che si elevavano come trincee anzi che come vie di comunicazione, a un dato momento Argan ha suggerito che lo spazio in pittura è un valore morale'. Il suggerimento è stato subito accolto e la discussione si è svolta su un livello critico. Vi hanno partecipato fra gl'italiani Severini, Prampolini, Dorfles, Valsecchi, e il pittore Enzo Rossi il cui pensiero ha attratto l'attenzione di tutti. Così che alla fine della terza giornata, malgrado i duri che ricalcitravano, l'accordo della grande maggioranza è stato raggiunto. La figurazione e l'astrazione sono due aspetti contingenti dell'arte, accompagnano sia l'arte autentica sia l'opera mancata. Nè l'una nè l'altra costituiscono per sè un valore estetico, perchè obbediscono a condizioni storiche diverse; e però bisogna cercare la soluzione, del problema figurazione o astrazione caso per caso, nel quadro della storicità dell'opera d'arte. Il Convegno di Venezia è quindi andato al di là del problema che si è posto, perchè ha suggerito che per risolvere tutte le questioni artistiche è necessario che sieno inserite nella storia. Lionello Venturi