I ricordi di Mistinguett

I ricordi di Mistinguett RIVIVE IL MONDO DELLA "BELLE EPOQUE,, I ricordi di Mistinguett Da monella dei caffè concerto a vedette delle Folies-Bergère - Un nome fortunatissimo trovalo a caso - Le famose gambe assicurare per Ire milioni di dollari - Il capitolo dei re - Molli spasimanti ma un solo amore: Chevalier Quando qualche anno fa, Mistinguett, carica di anni e di tinture, si rlpresentò al pubblico italiano, discuoprendo un pochino per volta, alle fievoli note di Ca c'est Paris, le storiche gambe, molti spettatori dei più giovani e meno dotati di senso storico, parvero andar cercando un filo che li guidasse. Tardi, ma sempre in tempo, lo possono trovare oggi nell'autobiografia che l'illustre artista, un po' infreddolita nella sua villa di Antibes, ha dettato al suo segretario (ottima penna: vetrina, saltellante, immodesta, come voleva il soggetto): due fitti volumi che col titolo di Toute ma vie sono testé apparsi presso l'editore parigino Julliard. Mistinguett è un tempo nel tempo: nata un po' prima della Tour Eiffel (la data è in bianco) ad Enghien, da padre materassaio e da madre severa, col nome di Jeanne Bourgeois, dall'alto d'una vita che a lasciarla fare le continuerebbe operosa, ella può dire, rifacendo Luigi XIV: < Le music hall, c'est moi ». Da piccina troviamo in lei una puntuale passione per il circo e per i travestimenti; e una cotal tendenza, propria degli spiriti forti, a far tutto sul serio, anche i balocchi. Com'era credente, sarebbe potuta riuscire un'ottima badessa, se la sua volontà non si fosse indirizzata verso tutt'altro. Volontà, studio, puntiglio: ecco 1 tre tasti della biografia mistinguettiana; dove il lettore si sarebbe aspettato di non trovarci che istinto e spasso. Ma « il mici naturale — scrive l'Autrice — il mio famoso naturale sono andata a cercarlo lontano... E le mie gambe medesime (le più belle del mondo!) mj sono uscite dal cervello». Altrove dirà che di non essere stata " dotata ", sempre se ne tenne, come quella ch'era venuta al mondo, non già per essere " dotata ", ma per es sere Mistinguett. Come un po' per caso (quan to al fortunatissimo nome, per esemplo, che le fu coniato distrattamente da un estraneo) e moltissimo per industria, le riuscisse di " diventare Mistinguett ". cioè colei che fu definita da Colette " propriété nationale " l'archetipo, per lunghissimi anni, della parigina, e raccontato nel primo e più divertente dei due volumi, dove è la storia dei suoi esordi come " monella " nei caf con' parigini al tempo delle prime automobili e dei primissimi aeroplani, e della sua gloriosa ascesa a suprema vedette delle Folies Bergère, del Moulin Rouge e del Casino de Paris, senza che vi siano dimenticati i suoi coraggiosi conati sia di comédienne (sotto l'alto patronato della Réjane. che però durante le prove ebbe a morire) sia di attrice del cinema muto. Qui cade anche memoria del primo uomo (ce ne furono parecchi altri, ma il primo morto si scorda meno) che si togliesse la vita per lei: Il gicianinunucdascd'cilach« lereririnomcutinezinadadeschaprgachprdidelemdstsccluesche reptrqe ncdtecocoatustsoptoledvaAeqgcppdsqnIspecvspfcc giovane figlio d'un commerciante, che avendola più volte, anche alla stazione, richiesta inutilmente d'amore (« je suis une femme qui choisit»), si uccise col carbone e col laudano, avendo però prima lasciato che la madre cercasse d'avere dalla fatai donna una ciocca di capelli, da seppellirla con lui. Ma veniamo a quelle gambe che hanno tanta parte nel « mito » di Mistinguett; la quale anche negli anni della fiorente giovinezza, mostra dai ritratti d'essere stata più carina, graziosa e piacente che non veramente bella. Fu primo il poeta Catulle Mendès, la cui moglie, per l'eccesso del tingersi, era detta la gardienne du, fard, che ci mise attenzione celebrandole nel Journal; ma più credito venne loro dalla seguente dichiarazione del grande Rodin: « Se dovessi scolpire la Musa del music hall, non potendo il peplo e il profilo greco, le darei le vostre gambe». La stessa scrivente, che quando si tratta dei propri vanti non suol lasciare indietro nulla, qui sembra arrendersi alle cose più grandi di lei (« Non saprei descrivere le mie gambe... ») o dà nel pirandellismo (cNon le ho mai viste come le vedono... »). Riferisce peraltro il parere di un tecnico (vedi pp. 91 e 92 del volume II), e lascia cadere che esse hanno fatto colare più inchiostro dell'» affare Landru » e che nel 1919 fu voce popolare che fossero state assicurate presso i Lloyds di Londra per tre milioni di dollari. S'intende poi che la vita di questa donna di teatro, lunga e fortunata come poche, è piena di cose di teatro: segreti di coulisses, figure di impresari direttori registi compagni d'arte amici e ammiratori illustri; colorite rievocazioni di spettacoli e di tournées e un così abbondante citare dai versi di tutte o quasi le canzoni mistinguettiane da averne pressoché la silloge filologicamente perfetta. Per esempio, ha fatto molto confondere che sulla lezione per cosi dire ufficiale dei versi di Valencia, se ne sovrapponesse un'altra di tono assai più birichino. Orbene la Autrice ci rivela come, quando e per opera di chi, si facesse questa geminazione. S'aggiunga una copiosa aneddottica da cui fra le altre cose si comprende il mutare dei gusti del pubblico; e non pochi » ricordi » e moralità (C'est la chaussure qui fait le pied, et le pied qui fait la jambe; La personnalité c'est le lot de la vedette; Il faut toujours ètre en représentation; Je ne me rappelle pas avo\7 pris de vacances ecc.), da potersene giovare anche le moderne attrici di ri vista. Alquanto sordo è invece questo libro al tema degli amori; per la semplice ragione che furono troppi (anche di re, consegnati in un capitolo speciale) ; e che all'amor vero, che a non fosse gioco o convenienza professionale, la Nostra non aperse il cuore che una volta: per quel Maurice Chevalier, che da lei sollevato alla celebrità mediante « la valse renversante », le fu docile compagno per dieci anni. « Aveva qualcosa, ne feci qualcuno », annota superbamente la vedette. Ma la donna rincalza: < Quando penso a lui provo la stessa stretta al cuore che quando ascolto un uccello cantare... ». E veramente in queste pagine, tra sdegnose e tenere, le più femminili dei Mémoires mistinguettiani, si avverte l'umore della gatta pronta al balzo. Che è poi la stessa disposizione generosa che questa indomita donna di ottantadue anni, in cui il mondo della rivista saluta il suo carroccio, cerca tuttora verso il pubblico, per poco che esso le mostri il dito. Leo Pestelli

Luoghi citati: Enghien, Londra