"Nei suoi occhi si specchia il cielo,,

"Nei suoi occhi si specchia il cielo,, COLLOQUIO COX IL ItiSIIH X11 <-I VI IMI I AL MAROCCO "Nei suoi occhi si specchia il cielo,, Francis Lacoste, inviato a Rabat da Mendès-France, si trova oggi a fronteggiare il terrorismo dei nazionalisti indigeni e Vintransigenza dei francesi - Al suo arrivo gli ex-combattenti schierati in armi gli voltarono le spalle - L'autorità del sultano e il feudalesimo dei pascià - Tutto da rifare (Dal nostro inviato speciale) Rabat, ottobre. Ad un certo punto ci accorgemmo d'esserci con l'immaginazione allontanati da Rabat e dal grande studio dove tanti anni fa il maresciallo Lyautey vagheggiò l'ideale d'un. Marocco moderno che prosperasse accanto ad un Marocco irrigidito nelle sue tradizioni mussulmane. E' incredibile la facilità con cui, in Afrioa, due europei che s'incontrano scivolano, dopo i primi approcci, a parlare dei loro paesi e di conoscenze comuni. Mi trovavo innanzi un uomo che non dimostra i suoi cinquantanni, alto piii della media francese, robusto fino a sfiorare la pinguedine, dai capelli biondi e radi, dalla Miiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii fronte vanta, dagli occhi chiari e lievemente statici: occhi azzurri che guardano tranquilli un bruno popolo dominato da oscure inquietudini. Dietro le persiane del grande studio cresceva la luce del mezzogiorno, che penetrando violentemente attraverso le stecche, illuminava il grande tavolo dietro cui un tempo sedette il maresciallo Lyautey e tutte le altre cose che a me non dicevano molto ma che avrebbero riempito di commozione un visitatore francese. Per tre volte, un giovane maggiore s'era affacciato ad annunciare che qualcuno aspettava, per tre volte l'ambasciatore Francis Lacoste, Residente generale al Ma- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii rocco, aveva con la mano fatto un cenno di pazienza. Finché tra noi cadde un imbarazzato silenzio, durante il quale capii che se avevamo parlato di comuni conoscenze parigine e romane, non era accaduto senza una ragione: per il Residente questa piacevole divagazione europea era stata un mezzo per eludere le domande d'un giornalista curioso. Ma, alla fine, Lacoste s'alzò e facendomi segno di seguirlo mi portò ad una finestra, alzò una persiana, m'indicò di là dal quartiere residenzialet pieno di ville bianchissime che risaltavano nel folto verde dei giardini, le guglie gotico-moresche della bruttissima cattedrale di Rabat. €Noi — disse il Residente non senza una sfumatura d'enfasi — abbiamo costruito, accanto al mondo mussulmano, un mondo cristiano, rispettoso delle altrui tradizioni, ed altro non domandiamo se non il rispetto delle nostre >. Non so se giustificatamente, ma dietro l'enfasi che Lacoste in quel momento si permise, mi parve di sentire la melanconia di chi improvvisamente si ritrova solo. Il Marocco non è un paese nuovo per lui; le due sue figlie si sono maritate a Casablanca. Durante la residenza del maresciallo Juin, fece un'esperienza preziosa come ministro delegato; eppure si tratta d'un uomo che sa di non avere l'amicizia dei francesi del protettorato. E' difficile capire perchè Mendès-France, nel luglio scorso, abbia scelto questo cattolico praticante che cerca di bilanciare la sua robustezza con una profonda attività spirituale; una cosa, comunque, è certa: sulle sue spalle pesano almeno dieci anni d'errori. La crisi cominciò quando in seguito allo sbarco alleato a Casablanca la spinta dal protettorato all'annessione venne bruscamente interrotta. Forse la Francia, in nessun altro paese del suo impero coloniale, aveva tentato di sovrapporre con tanta fiducia, ad una realtà politica, religiosa e sociale molto defini-': ta, un astratto schema di governo. 8i trattava di giungere alla coesistenza' tra due società •inconciliabili. Il maresciallo Lyautey, quando nel 1912 con la firma del trattato di Fez, venne al Marocco, dopo aver represso la ribellione delle tribù contro il Sultano filofrancese, vagheggiò, ripigliando un motivo della storia di Francia, l'idea d'un Marocco che, dal feudalesimo delle tribù, passa alla monarchia assoluta. Si trattava d'un salto d'alcuni secoli. Il vecchio soldato, che non nascondeva di essere monarchico, pigliava a modello addirittura Luigi XIV. E la costruzione di città europee, parallele alle vecchie medine, resta l'esempio di quell'amministrazione ottimistica e razionale. Il tentativo di consolidare la monarchia estendendo i suoi poteri, prima limitati ai centri cittadini fino alle val¬ late piti segrete dell'Atlante, è fallito. I successori del maresciallo hanno, a poco a poco, corretto, snaturato l'ambizioso disegno d'un forte governo centrale, il makzen, capace di ridurre .la secolare dissidenza delle tribù, premessa necessaria ad un Marocco moderno capace di capitalizzare le proprie ricchezze. Fu intorno al 1936, quando i nuovi partiti entrarono in azione che i francesi cominciarono a considerare pericoloso il prestigio del Sultano. Ed è da allora che i residenti generali trovarono opportuno ritoccare, fino a distruggerla, l'opera del maresciallo, cercando di opporre nuovamente al Sultano diventato nazionalista, il feudalesimo dei pascià. L'arrivo di Juin confermò in maniera clamorosa questo indirizzo, finché succedendo al comandante dell'Armèe d'Italie il generale Guillaume, la Residenza diventò il centro d'una politica complicata che mirava a ridar vita ad antiche rivalità tra le tribù e il Sultano. La conclusione si ebbe nell'estate del '53, quando Sidi Mohammed ben Yussef fu deposto e costretto a partire. Eppure qualche cosa di astratto è evidente anche in questa operazione che almeno per un momento parve un capolavoro di realismo politico. Infatti se fu artificiosa la monarchia assoluta ed antifeudale vagheggiata da Lyautey, altrettanto arbitrario è questo ritorno ad un regime feudale, che Guillaume provocò per liberarsi, senza assumerne le responsabilità dirette, d'un sovrano troppo legato ai partiti dell'indipendenza e, in particolare, al più intransigente di essi, l'Istiqlal. Le mogli del Sultano E quando il Sultano parti con le sue tre mogli legittime, con le sue ventun concubine, coi suoi tre figli e coi suoi servi negri, i francesi capirono che l'effettiva realtà del paese sfuggiva ancora agli schemi intellettualistici con cui si era cercato di dominarla. Ora il nuovo Residente generale, Francis Lacoste si trova, come il nuovo Sultano, Mohammed ben Arafa, prigioniero d'una situazione che non ha voluto. Ogni domenica mattina, è verof Lacoste esce dalla Residenza, va a sentire la Messa nella cattedrale di Rabat, mentre il Sultano, tutti i venerdì resta tappato in casa, non avendo il coraggio di attraversare il prato che divide i giardini del palazzo di piazza Hedia dalla Moschea. Eppure anche se è un uomo di coraggio, in un paese dove il coraggio è sempre apprezzato sia dai cristiani che dai mussulmani, il Residente ha pochi sostenitori. Quando sbarcò al Marocco, gli ex-combattenti dell'Armèe d'Italie, che rimpiangono Juin e Guillaume, si schieraroìio lungo il Boulevard du h" Zouaves, che congiunge u porto di Casablanca a piazza di Francia; ma appena il nuovo Residente s'avviò col suo passo non militaresco per passarli in rivista, uh vecchio colonnello della campagna d'Italia comandò il dietro front. Tutti si voltarollllllllllllllflllllltlltllllilllll1llllllllllIllllllllllllU no; Lacoste tranquillo drizzò la testa e, pigliando un inconsueto atteggiamento militaresco, ispezionò quell'esercito di spalle. E non è valso a vincere l'ostilità il discorso del 20 settembre, nel quale il Residente ha annunciato la formazione d'un consiglio di studi e di riforme composto da marocchini. E' venuto il momento, ha anche detto Lacoste, di vedere un po' se è possibile concedere alle centinaia di migliaia di persone, che lasciano la campagna ed i monti per venire a lavorare nelle nostre imprese, il diritto di difesa sindacale... La risposta dell'opinione pubblica francese è stata incerta, ma piena di diffidenza; infatti, concedendo diritti sindacali ai marocchini scompare un redditizio mercato di manodopera. Ucciso dai terroristi Nè i francesi che lavorano al Marocco sono concordi di fronte all'avvenire. Da una parte è la moltitudine dei coloni, dei pensionati attratti dal sussidio speciale che lo Stato francese dà ai suoi impiegati che vanno a passare il resto della vita in questa parte dell'Africa; gente che teme non tanto l'indipendenza marocchina ma la fatale arabizzazione amministrativa del paese. Si tratta di centottantamila francesi che hanno, di fronte alla prospettiva di una involuzione islamica del paese, la solidarietà d'altrettanti ebrei e di cinquantamila europei tra cui primeggiano gli spagnoli. Di fronte a costoro, sono i rappresentanti del capitale finanziario, che pensano ad una soluzione di tipo orientale. I coloni, % pensionati dello .tato hanno come organo ■■ n vecchio giornale, La Vigie marocaine, il cui direttore Emile Eyraud venne ucciso dai terroristi mussulmani la mattina del SO giugno scorso, mentre si recava in tipografia. Gli uomini d'affari, coloro che parlano d'una indipendenza di tipo irakeno che permetta al capitale finanziario di restare nel paese e di legare, a cospicui interessi, una classe dirigente indigena verniciata di cultura europea, hanno come organo un altro giornale, il Maroc-Prease. E questi uomini d'affari non si scandalizzerebbero affatto se la Francia si umiliasse fino a richiamare sul trono Mohammed ben Yussef. Il trapasso dall'attuale regime ad un regime d'autonomia o addirittura d'indipendenza, dicono, sarà drammatico; ma il paese è ricco e le ferite che deriveranno da tale sommovimento, guarirebbero presto. Quando sulla porta domandai a Lacoste s'era possibile un compromesso tra la residenza e i sostenitori del vecchio sultano, mi vidi osservato da due occhi freddi. In essi, dicono al Marocco, si specchia il cielo. Ma la risposta non tardò. Certo, un compromesso è possibile in un tempo molto lontano, ed il tempo, mi disse Lacoste con un sorriso che pareva un sospiro, nei paesi arabi è lentissimo, tanto che sembra che non scorra nemmeno. Ma il giovane maggiore bussò dt nuovo ed io corsi via, non senza vedere nell'anticamera verde un marocchino ancor giovane vestito di bianco. Il giorno dòpo i giornali pubblicarono che Lacoste aveva ricevuto il figlio del pascià di Marrakesc, un grande feudatario del sud, l'uomo che tre mesi fa quando i terroristi gli spararono addosso, inseguì uno degli attentatori, e mentre due guardie more lo tenevano fermo, come giudice che si vale d'un diritto consuetudinario, gli scaricò nel ventre la sua grossa pistola. Arrigo Bei. uAti lllllllll1lltlllllllllltlllllllllllllllIllllltllllllllll(1lTi Residente Francis Lacoste

Persone citate: Arrigo Bei, Emile Eyraud, Francis Lacoste, Luigi Xiv, Mohammed Ben Arafa, Mohammed Ben Yussef, Sidi Mohammed Ben Yussef