La morte di Vitaliano Brancati di Alberto Rossi

La morte di Vitaliano Brancati La morte di Vitaliano Brancati Assistito dai familiari è deceduto in una clinica a Torino dopo una grave operazione chirurgica - commosso cordoglio del mondo letterario e teatrale A poche ore di distanza da un intervento chirurgico di estrema gravità è deceduto ieri mattina in una clinica torinese lo scrittore Vitaliano Brancati. Era giunto lunedì scorso a Torino da Roma, dove risiedeva. Lo accompagnavano la moglie — l'attrice di prosa Anna Proclemer — e la suocera, signora Emma Cattaui. La sera stessa dell'arrivo, dopo essersi trattenuto con alcuni amici torinesi, era entrato in clinica perfettamente conscio della gravità dell'operazione che doveva affrontare. La morte è avvenuta ieri mattina alle 11. La moglie, la suocera e il fratello Corrado, arrivato venerdì da Catania, erano in qunl momento al capezzale dello scrittore, sorretti dalla speranza che il suo cuore, già duramente provato dal male, riuscisse a superare la crisi. Purtroppo ogni tentativo dei medici è stato inutile, Anna Proclemer non ha retto al dolore ed è svenuta, mentre la signora Cattaui si accasciava in un pianto disperato. La salma di Vitaliano Brancati — che aveva solo 47 anni — sarà trasportata a Catania, dove si svolgeranno i funerali. Alla consorte di Vitaliano Brancati, la signora Anna Proclemer e alla famiglia, <La Stampa» porge le più commosse condoglianze. Poesia e satira della sua Sicilia A uno a uno, in questi giorni di primi sentori autunnali, uomini eminenti nei più diversi campi, uomini ancor giovani e pieni di promesse, ci lasciano d'improvviso e quasi in punta di piedi, come foglie che si stacchino in silenzio. Ed ecco che oggi la cronaca torinese ha il triste compito di registrare la subitanea dipartita di uno dei più validi, dei più ricchi d'ingegno, dei più promettenti e vivi tra gli scrittori nostri della giovane generazione: di Vitaliano Brancati, che qui a Torino da Roma era voluto venire a cercare guarigione da un suo recente male, rivelatosi purtroppo irrimediabile. Vitaliano Brancati era appena quarantasettenne; nato a Pachino, in quel di Siracusa, nel 1907. Ma sin dall'infan zia Catania era diventata la sua città, quella città cui ha saputo dare respiro In evocazioni di una singolare intensità e vivezza di atmosfera nei suoi libri più noti. Ivi aveva studiato, ivi aveva impreso la carriera dell'insegnamento, dandosi al tempo stesso, ancora studente, allo scrivere. Sì che venticinquenne aveva già pubblicato sei volumi, tra i quaii un romanzo di grande mole, « L'amico del vincitore », seguito da un lavoro teatrale, < Piave >, da lui più tardi ripudiati, come non rispondenti ai suoi nuovi convincimenti artistici e" civili. Ne « I fascisti invecchiano » egli ha poi narrato per esteso le fasi di quella sua crisi, esempio della crisi di tutta una gioventù, dalla quale egli usci scrittore di idee libere e avverso a qualsiasi tipo di dittatura. Pertanto la sua produzione letteraria vera e propria si può far incominciare dal 1935, con una raccolta di racconti, «In cerca di un sì». Un romanzo, « Gli anni perduti », un libro di aforismi e moralità letterarie, « I Piaceri », seguirono, e infine il .«Don Giovanni in Sicilia » che di un sùbito gli diede largo e meritato successo, e una vera rinomanza: rimanendo forse a tutt'oggi il suo libro più noto e più letto, anche se altre opere si siano via via venute aggiungendo, che la fisionomia di autore che quel libro configurava, hanno arricchito non poco. Quel che soprattutto colpiva in quel felice romanzo, era la vivacità, la intensità con cui certi caratteri tipici del temperamento siciliano venivano non solo rappresentati, ma goduti, sofferti quasi, con la forza di un tic, con una partecipazione intera di tutta la creatura, che conferiva alla persuasività, alla concretezza della figurazione. In questo libro, si rivelava l'umorismo di Brancati. Secondo una formula ben originale, essendo non tanto il risultato di una sforzatura caricaturale, quanto di un possesso interamente goduto e assaporato, vissuto, dell'ambiente e del personaggio. Nel '44 egli scrisse «Gli anni perduti », ardita satira della megalomania mussoliniana, e nel 1946 il «Vecchio con gli stivali », che ottenne poi il Premio Vendemmia, e rimane a tutt'oggi forse il solo esempio di racconto satirico ispirato alle vicende del ventennio fascista. Da questo libro il Brancati stesso ricavava poi il soggetto del fortunatissimo film « Anni difficili », che suscitò tante discussioni, e che ha il merito di serbare del libro quel tanto di umana pietà per le debolezze di certi poveri diavoli capitati a vivere in un'epoca cialtrona e sopraffattrice. Infine, vincitore del Premio Bagutta per il 1950, venne «Il bell'Antonio », altro romanzo di indole satirica, ma soffuso di toni umani oltremodo complessi, nella sua evocazione di un tipo di bel giovane creduto da tutti un gran dongiovanni e che invere finisce col rivelare un suo doloroso segreto, una fisica incapacità, provocando reazioni di una co¬ micità grandiosa con il proprio ambiente, quello insito al Brancati, di una Sicilia imbevuta del mito della virilità sino alla ossessione, alla manìa. E tanta è la felicità con cui tali reazioni sono da lui studiate e rese, che un critico certo non facilone, il Cecchi, ebbe a evocare per analogia il nome di Aristofane. Piccolo, bruno, vivo come un grano di pepe, Brancati siciliano lo era sino all'osso, e la sicilianità di cui si fece descrittore e implicitamente critico egli la portava profonda dentro di sè, ma dominata e scrutata dall'intelletto. E la sua frequentazione, oltre" che un uomo generoso e aperto, vi rivelava appunto un intelletto vivo e informato, acuto originalmente secondo la. propria natura mediterranea, ma al tempo stesso preparatissimo, consapevole dei problemi del tempo, e in ogni senso maturo: e vi faceva comprendere quanta serietà di pensiero e di studio sottendesse quelle sue narrazioni, sotto alla loro divertente superficie comica e umoristica. Di queste sue qualità di intelletto diedero prova d'altronde certe pagine di c Diario > che egli venne recentemente pubblicando su qualche quotidiano, a commento di fatti contemporanei, o comunque spiritualmente attuali: in chiave seria, e non più umoristica. E segnatamente, uno scritto dedicato alla memoria del suo conterraneo G. A. Borgese rivelava insieme a una singolare larghezza ed equilibrio di giudizio, qualità di critico d'alta razza. Il pensiero di quanto ancora Brancati avrebbe potuto darci, acuisce ancora il senso di sgomento per tanto subitanea e prematura perdita, e la pena di non mai più vedere quel suo arguto sorriso. Alberto Rossi «-♦-•