Vivo successo di Senso II nuova film di Visconti di Mario Gromo

Vivo successo di Senso II nuova film di Visconti SULLO SCHERMO DEL LIDO Vivo successo di Senso II nuova film di Visconti (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 3 settembre. Per chi segue il cinema da vicino la < prima » di Senso è giunta, un po', come una piccola liberazione da tutto un prolungato affastellarsi di dicerie e di indiscrezioni che in questi ultimi giorni, scirocco aiutando, erano diventate piuttosto pesanti. Quante se ne sono dette, prò e contro il film; quante, si mormorava, ne erano state fatte; e tutto perchè il regista è iscritto al partito comunista. E' così accaduto che, nei crocchi, benpensanti di destra si scagliassero a priori contro Senso senza averne, matematicamente, visto un metro; e che benpensanti di sinistra vi inneggiassero, senza averne, matematicamente, visto un metro. Vogliamo parlarci assai chiaro, che è poi il modo pia spiccio per intenderci? A me, come critico, non interessano le ideologie e la fede politica del signor Visconti; potranno interessarmi il giorno in cui appari' ranno in un suo film; e dipenderà allora unicamente da lui, dalla sua espressione di artista, il fare di quelle ideologie e di quella fede un elemento positivo o negativo, essenziale o accessorio del film. Mi interessa invece ciò che Luchino Visconti ha finora dato al nostro teatro e al nostro cinema; vale a dire moltissimo. Se le sue regìe teatrali sono sovente state magistrali, e se i suoi tre film precedenti (Ossessione, La terra trema, Bellissima) hanno una loro preminente importanza fra quelli da noi prodotti in questi ultimi dodici anni, ancora più importante è la illuminili ■iiiiitiiiiMiiinii tiiiiiiiii fisionomia che da quelle regìe e da quei film è apparsa: quella di un vivido ingegno che ha assimilato una sua cultura, e che è davvero indipendente, davvero non-conformista; quando tutti sanno di quanto non-conformismo il nostro cinema avrebbe bisogno, per mantenersi all'altezza di una fama raggiunta specialmente negli anni dal '$5 al '48. Ma veniamo al film, che si preannunciava anche come uno straordinario sforzo di produzione ; come il primo accostarsi del Visconti al cosiddetto film storico, in costume, e al problema e ai problemi del colore (dapprima con l'aiuto dell'indimenticabile Aldo, l'operatore scomparso durante la lavorazione, e poi di Robert Krasker). E diciamo subito che il film grandemente spicca fra i nostri, e che di rado si rivelò su di uno schermo una così sapiente orchestrazione visiva; aggiungendo che la serata è stata calda di un vivo successo, quattro nutriti applausi durante la proiezione e due, prolungati, insistenti, alla fine. * * Il titolo denuda il nocciolo della viceìida, da una novella di Camillo Boito. A Venezia, nei 1866, mentre i patrioti cospirano contro l'oppressore, e la bella contessa Livia Serpieri è con loro, e. la guerra sembra ormai inevitabile, sono i sensi della contessa a destarsi, a esasperarsi. E' sulla qicurantina; e follemente s'innamora del giovane tenente austriaco Franz Mahler, liberandosi degli scrupoli verso il marito con il solito « non capisce nien- te*. La passionaccia travoliiiiiuiiiiiitiiiiiiii iiMiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiii ge la contessa, le fa dimenticare ogni ritegno; ma l'amante sembra stancarsi di leit la guerra s'avvicina, i Serpieri si rifugiano in una loro villa di Aldeno; e una notte, all'improvviso, il bel Franz riappare. Si comprende ben presto perchè sia tornato. A Livia dichiara di essersi allontanato da lei perchè troppo l'amava; e poi bussa a quattrini. Per comprare un medico, sottrarsi ai pericoli della guerra, mantenersi integro e salvo per il loro grande amore, Livia, agli inizi, ci era apparsa una ardente italiana, impaziente della riscossa, pronta, per la causa, a qualsiasi sacrificio; quella calcolata viltà dovrebbe apparirle, almeno per un attimo, viltà; ma V amore è cieco, e subito snocciola i quattrini al bel farabutto. Si combatte la battaglia di Custoza; e giunge a Livia una lettera di Franz che le dice (strana imprudenza per un gelido calcolatore) di essere riuscito in tutto, di avere trovato un medico compiacente, di esserne stato esonerato da ogni servizio, di starsene tranquillo a Verona, via tale numero tale; e la sconsiglia, per i pericoli della guerra, di volerlo raggiungere. La contessa sale all'alita su di una carrozza, sente di abbandonare per sempre la sua casa, e alì'imbrunire giunge a Verona. Trova l'amico un po' brillo, con una barba di quattro giorni, con una prostitutella; e il bel Franz non trova altro che insulti. Costringe Livia a sedersi accanto a quell'altra, le urla che fra di esse non c'è quasi nessuna differenza, l'una si fa pagare perchè giovane, l'altra ha pagato perchè è quasi vecchia; è in un tale forsennato cre¬ iiiiiiiiiitiiiiiini min ti tinnì mimi scendo di contumelie che la sciagurata Livia fugge inorridita, si trova poco dopo al comando austriaco, al comandante porge la lettera di Franz. Severo, e umano, il comandante le dice: <Se lei insiste nella denuncia, lo fa fucilare; commette un assassinio; e tutto perchè è stata abbandonata, tradita». Livia non riprende la lettera; e il tenente, pochissimo dopo, sarà fucilato. Questa l'ossatura del film; poiché le belle pagine della battaglia di Custoza, e le aspirazioni dei patrioti a redimere il Veneto, e le accennate imprese di un patrizio partigiano, stanno sullo sfondo, o quasi a sè: la battaglia come composta e corrusca parentesi, gli altri episodi come elementi che non hanno esaurienti sviluppi. Quindi è soprattutto il dramma passionale di una quarantenne, un fosco dramma di sempre, che ignora le date e i confini; colpita da un castigo tremendo (il dover scorgere nell'amato un mascalzone), un castigo che poi ancora esige, per chi lo compie, il castigo della vendetta, fino alla morte, fino all'assassinio. Un cerchio chiuso, senza scampo, che per avvincerci doveva avvolgerci e stordirci in un suo inarrestabile crepitare, divampare. Qui, invece, la passione è senza passione. E' enunciata, gridata, urlata, ma non ci commuove. Chi, se commosso, non potrebbe comprendere la peccatrice t Ma questa, non troppo sorretta da Alida Valli, è, stralunata, o veemente, o macerata, o come fissata; ma quasi ignora l'abbandono, il trasporto, l'estasi, la stanchezza, lo squallore, il timore; ci denuncia soltanto, qua e là, come un represso cupo furore. Pedale necessario, ma a patto che la soyiata possa effondersi; e poiché questa non si effonde, si stende allora attorno alla travolta, alla sciagurata, come un gelido alone, un po' composito. La figura di Franz è più viva, era più facile, ed è stata meglio servita da Farley Granger; ma la sua crisi, finale e decisiva, di odio, di ribellione e di contumelie, per giustificarla la si può più immaginare che sentire. Da anni era un vile, uno sfruttatore; ha sempre freddamente recitato la sua parte, la contessa era evidentemente l'ultima di una non breve serie di vittime; e ora, d'un tratto, la rivolta contro tutti e contro se stesso. Forse ha finalmente sentito la sua viltà, ne ha orrore; ma per fare sentire e vivere a noi spettatori la sua crisi, questa avrebbe se non altro dovuto esprimersi con altre parole e non con le battute di Tennessee Williams che, tradotte, un po' ricordano il generico e lo sforzato delle battute, pure tradotte, di Truman Capote per Stazione Termini. E' inoltre evidente, in Senso, la lodevolissima intenzione di voler reagire all'oleografico di troppo cinema in costume; il Visconti vi ha spiegato il suo gusto raffinato instiiMandoui anche vibrazioni realistiche; ma se quel gusto ci ha donato moltissime inquadrature squisite, in t^^ìI'^^J^0^ simo e vigilato impiego del colore, quelle vibrazioni, anziché condurci a intravedere nuove verità, hanno riportato stranamente il Visconti, sulla falsariga dei dialoghi che si sono ricordati, a esasperate concitazioni teatrali, che schermo e altoparlanti non possono non sottoZi?ieare. Quanto poi alla « denuncia» di una certa società del tempo, se questa denuncia esiste è talmente pallida, intenzionale e incerta da non costituire certo uno dei pregi del film. Maigrado queste e altre minori riserve, per ridondanze e insistenze soprattutto sonore, Senso si impone come un quadro assai raffinato, e vasto, e minuzioso, e sapiente, che rivela il suo valore più vero proprio in quelle virtù formali che tanti affettano, ingiustamente, di dir sprezzare. Data la nostra produzione corrente, anche la migliore, si è bei' meritato il suo vivo successo; pur non aggiungendo molto all'opera del Visconti, le cui pagine più vive si devono ancora ricercare in Ossessione e La terra trema. * * Ben poche righe restano per II bacio di Giuda (Spagna) di Rafael GAI, con- Rafael Rivells, Francisco Rabat, Fernando Sancho e José Nieto; una corretta rievocazione della Passione di Cristo, rivissuta con il dramma di Giuda in primo piano. Applausi. Mario Gromo tiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Luoghi citati: Aldeno, Spagna, Veneto, Venezia, Verona