Napoleonismo comunista

Napoleonismo comunista II processo storico e le rivoluzioni Napoleonismo comunista Tutti gli ex-rivoluzionari divenuti nuovi conquistatori s'impennacchiano del simbolo di liberatori; il gioco ha però un breve de8tino m ^" dilemma che agita il mondo di oggi: la Cina rossa Quando i comunisti confrontano la rivoluzione russa e quella cinese alla rivoluzione francese e al Risorgimento italiano, essi ci trovano in gran parte consenzienti. Le due rivoluzioni comuniste affondano in effetti le loro radici in profonde cause storiche ed economiche dei loro paesi, soprattutto .nella incapacità di sviluppo del regime capitalistico da quello feudale fortemente difeso in essi anche da particolari condizioni geofisiche. Con tali rivoluzioni lo Stato burocratico accentratore e pianificatore si è affermato in Russia e in Cina dopo lunghe decennali lotte interne con varie vicende; esso non ha avuto bisogno per questo di interventi stranieri ed ha negli ultimi decenni apportato indiscutibili progressi alla economia sovietica. Così come lo Stato liberale con la rivoluzione francese e con il risorgimento unitario italiano. E' noto però, ad esempio, assai bene per ciò che riguarda la storia d'Italia, come ad un certo punto sul calore dei sentimenti nazionali destati da tale processo storico, la dittatura fascista abbia poi costruito il proprio piedistallo ed abbia cercato di orientare questi sentimenti verso avventure internazionali che nulla avevano di comune con il nostro risorgimento, ma la cui musica ha sempre cercato di rifarsi a quelle note (l'unità e la grandezza della patria, i diritti dei popoli proletari, il posto al sole, la lotta contro le demoplutocrazie, ecc.). La stessa cosa può dirsi in fondo della rivoluzione francese con Napoleone, ed oggi delle rivoluzioni comuniste. Infatti la campagna napoleonica di Russia aveva a che fare così poco storicamente con l'assalto dei sans-culottes alla Bastiglia, quanto la guerra fascista di Abissinia ne aveva con i moti risorgimentali del 1848, ed esattamente quanto la guerra di Corea, di Indocina e gli attacchi agli aerei angloamericani hanno a che fare con la marcia degli operai di Leningrado sul palazzo d'inverno degli zar. Anche un esame comparativo più analitico ci mostra la identità storica di questo rapido processo di involuzione di tutti gli exrivoluzionari in nuovi militaristi e conquistatori. I movimenti comunisti dei paesi satelliti e di altri non hanno oggi più nulla della spontaneità che invece hanno avuto la rivoluzione russa e quella cinese alla loro origine, essi sono autentiche quinte colonne all'unisono con potenze estere ed i loro attacchi ai regimi dei vari paesi prendono sistematicamente lo stesso volto di preordinata aggressione in; terna che avevano i vari Quisling o Seiss Inquart del nazismo. L'avanzata o la fermata non più delle colonne di operai, ma delle divisioni militari comuniste, diviene semplice moneta di scambio sui tavoli verdi delle conferenze internazionali, come per la Corea o per l'Indocina, non vi è più nulla delle lotte politiche fra classi sociali che furono la sostanza delle rivoluzioni. Coscienti di questo, tutti gli ex-rivoluzionari nuovi conquistatori ci tengono ad impennacchiarsi del simbolo di liberatori per sfruttare questo loro capitale passato divenuto ora solo slogan propagandistico presso i popoli che vengono aggrediti. Essi ottengono con questo alcuni innegabili vantaggi dove vi sono situazioni eco; nomiche e sociali pesanti che favoriscono l'istinto di avventura e di mutamento. Fu con questo simbolo che Napoleone conquistò l'Europa, che Mussolini assalì l'Abissinia, che la Russia si è praticamente impossessata dell'Europa orientale, e con esso la Cina si è lanciata sul Tibet, sulla Corea e sull'Indocina. Il gioco ha però un breve destino, i popoli si accorgono presto o tardi del volto che si rivela dietro il pennacchio dei sedicenti rivoluzionari e la loro resistenza storicamente si schiera. Il Patto atlantico e la CED sono due di questi schiera; menti. Alle marce trionfali si cominciano a sostituire le resistenze accanite. A Jena e a Borodino Napoleone vittorioso militarmente ma vinto moralmente ebbe il primo preavviso storico dei disastri futuri. La resistenza della Corea del Sud al di là dell'intervento americano, la insurrezione del 17 luglio nella Germania orientale,, la battaglia attorno a Dien Bien Phu e la sua eco internazionale, sono fatti non dissimili, sono il sintomo di una crescente diffidenza negli stessi popoli asiatici verso il comunismo, mentre aleggia attorno ai mari della Cina l'ombra sempre più consistente del Patto militare del Pacifico e a Bordeaux stazionavano le prime divi; sioni metropolitane francesi pronte all'imbarco. L'accettazione dell'armi¬ stizio in Corea e soprattutto in Indocina, dove le condizioni militari erano loro più favorevoli, l'atteggiamento di fronte alle reazioni degli anglo-americani dopo gli incidenti aerei, le dichiarazioni di Ciu En Lai in India, secondo cui la rivoluzione non è merce d'esportazione, autorizzano a pensare che i cinesi abbiano avuto la sensazione di questo e che, come Stalin nell'Europa orientale, così Mao Tze Tung in Asia voglia fermarsi a « Borodino » senza andare fino in fondo e rischiare quindi « Lipsia e Waterloo ». D'altro canto certe campagne propagandistiche iniziate subito dopo l'armistizio indocinese contro il Siam, destano il sospetto che il nuovo Governo comunista cinese, incapace di fronte al grave squilibrio economico demografico del proprio paese, di cui egli aveva attribuito la responsabilità al passato regime, voglia oggi seguire, non la moderna strada politica dell'India, fatta di pace, di serie riforme e di limitazione del proprio aumento demografico, ma quella mussoliniana delle avventure internazionali a catena contro tutti e contro tutto per scaricare su altri la responsabilità della grave situazione economica. Questa impostazione forse non è condivisa dalla Russia — come è trapelato dalla Conferenza di Ginevra — la quale ha certamente una maggiore situazione di equilibrio. Comunque solo l'immediato avvenire potrà darci risposta a questo dilemma che agita il mondo di oggi. Il compito delle nazioni democratiche occidentali è quello di vigilare e tenere pronte le coalizioni internazionali, anche sul piano militare purtroppo, perchè la dittatura sappia che la sola alternativa alle discussioni attorno ai tavoli verdi della democrazia internazionale non sarebbero più oggi « Austerlitz o Marengo », ma sarebbero in proporzioni ben più apocalittiche di allora proprio « Lipsia e Waterloo ». Carlo Matteotti

Persone citate: Carlo Matteotti, Mao, Mussolini, Quisling, Stalin, Tung